Gazzarra, la parola di oggi a cura del prof. Innocenzo Orlando
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Gazzarra
gaz-zàr-ra
Significato Confusione; trambusto allegro
Etimologia dall’arabo ġazāra ‘chiacchierio, loquacità’.
«Basta con questa gazzarra! Silenzio!»
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)
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Com’è elegante: la gazzarra ci parla di un tipo di confusione impastata di voci, che può essere fastidiosa, ma che sa anche trasmettere vitalità e allegria. È sempre solleticante, quando le parole sanno prendere sentieri diversi.
È una parola di derivazione araba. Il termine ġazāra significa ‘chiacchierio, loquacità’, e arriva a questo significato in maniera tanto compassata da essere sorprendente: viene dal verbo gázura, che è un ‘abbondare’. Così la gazzarra è un’abbondanza di parole, e quindi di ciarle — di niente che paia avere intrinsecamente un gran contenuto concettuale da comunicare. Anche se può essere piuttosto seria.
Un’altra lingua in cui l’arabo ha dato grandi frutti, nemmeno a dirlo, è lo spagnolo, e qui ġazāra ha dato origine all’algazara (che ha conservato l’articolo), che è sì il baccano di molte voci, ma che ha avuto in sorte di significare anche l’urlo di guerra moresco.
È una suggestione che anche l’italiano in una certa misura ha conosciuto, perché la gazzarra, che oggi ci pare relativamente discola e innocua, nel suo modo di fare festa, e vicina alla sua origine araba, ha avuto una gioventù più esagerata: è stata la manifestazione rumorosa d’esultanza collettiva espressa con la salva d’archibugio, d’artiglieria, fuochi d’artificio, campane a stormo e musiche — roba da spedizione militare vittoriosa.
Oggi la gazzarra che c’è in piazza non si avvicina a eventi del genere: è sì rumorosa, ma è quella di cui si lamentano bubando le persone che abitano lì e che mal sopportano le persone gaie che perturbano il silenzio dopo le nove di sera. Non ha nemmeno l’esagerazione bassa della caciara, o la sguaiatezza abbaiata della cagnara — ha un che di garrulo, giulivo e giocondo, nella sua ruvida vivacità, quando non voglia indicare meramente un chiasso poco piacevole.
Posso affacciarmi alla finestra sentendo che giù in strada c’è gazzarra, e mi affretto a unirmi; al seggio c’è un po’ di gazzarra perché i soliti due hanno preso a provocarsi coinvolgendo altre persone e hanno finito per schiaffeggiarsi con le tessere elettorali; e il giorno che segue la fine della sagra estiva, nella quiete profonda della sera, ci manca la gazzarra di mille persone sul prato.
È una di quelle parole fini, di gusto, che capita di sentir dire a chi sa parlare bene — che non fa strepiti, non si fa notare nel discorso con gazzarre di petardi, ma resta in mente per la sua capacità evocativa. Così immediata e semplice.