Il lascito di Eduardo De Filippo
“Scavando”, incontrando le persone vicine al grande Eduardo De Filippo, la professoressa Scognamiglio ha steso un saggio avvincente e originale
di Tonia Ferraro
PORTICI | CITTÀ METROPOLITANA DI NAPOLI – A Villa Fernandes l’Associazione Tells Italy nella serata di giovedì 21 novembre ha presentato il saggio Eduardo De Filippo tra legami di sangue e legami d’arte, steso dalla professoressa Giuseppina “Pina” Scognamiglio, docente di Letteratura teatrale italiana all’Università degli Studi di Napoli – Federico II.
L’evento culturale, moderato da Antonella Renzullo di Tells Italy, ha visto gli interventi dell’assessore all’Istruzione del Comune di Portici Luca Manzo e dell’archiscrittore Aldo Vella.
Scrivere un saggio su Eduardo De Filippo a 40 anni dalla scomparsa non è un fatto scontato. Ovvero, basta fare un giro su Internet e si trova di tutto e di più. Invece, la professoressa Scognamiglio, per anni ha “scavato”, incontrato le persone vicine al grande drammaturgo, con le quali ha continuato a intrattenere rapporti, tanto da annunciare con gioia la nascita del pronipotino dell’attore e drammaturgo napoletano, cui è stato imposto il nome di Eduardo.
Pina nel suo saggio è riuscita, come sempre, a dare una emozionante visione assolutamente originale del genio di Eduardo, un uomo che, seppur gravato di pesanti legami familiari e artistici, riuscì a conquistarsi un’identità propria.
Schiacciato da un complesso e complicato rapporto padre-figlio, pur affrancandosi da quel patriarca di una famiglia oltremodo allargata, non è riuscito mai a risanare le ferite infertegli dalla società dell’epoca e dal mancato affetto paterno. Nelle tante interviste che ha rilasciato nella sua lunga carriera non ha mai voluto parlare di Eduardo Scarpetta. Una volta lo fece, forse l’unica, ma lo citò come mentore più che come genitore, come una voce piena di amarezza.
E fu grazie a questa sofferenza, a questo senso di esclusione, che riuscì a rappresentare l’animo umano con realismo. Ogni suo lavoro teatrale, dal sottinteso sentore autobiografico, era come se fosse una rivalsa, un dolore a volte tangibile, come il grido di Filumena: ‘E figlie so figlie!
Eduardo, sia nel modo di recitare che nella stesura delle sue opere, induce a fare riflessioni morali, ma, da buon napoletano non disdegna mai il sorriso. Come in Napoli milionaria: in quell’atmosfera drammatica crea situazioni che strappano una risata, o dice una battuta su un personaggio che aveva incontrato quando stava sfuggendo ai rastrellamenti dei tedeschi: Chillo povero cristiano era ebreo!
Con i fratelli ebbe un rapporto affettuoso, con la madre dolce ed esclusivo, ma con Peppino si creò una rottura per una sorta di antagonismo, o per un diverso modo di interpretare la scena, che non recuperarono mai del tutto, nonostante i buoni uffici di Titina. Del resto, era giusto così, Eduardo non era fatto per lavorare insieme ai fratelli. Solo, e isolandosi, disse una volta: Scrivere una commedia impegnata è facile. Il difficile è impegnare il pubblico a guardarla.
Come regista fu severo, ma giusto, intento sempre a trasmettere “artigianalmente” la materia. Infatti, nelle opere che ha scritto ciascun ruolo, seppur piccolo, ha una sua importanza.
Una bella serata, animata dalla inesauribile carica di Pina Scognamiglio, inframmezzata dalla lettura di pagine del libro delle attrici Monica Todino e Gioia Miale.
La serata, quindi, si è conclusa con la performance degli allievi della Scuola di recitazione Talia e del Teatro Don Peppe Diana.
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