Cimelio, la parola di oggi a cura del prof. Innocenzo Orlando
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Cimelio
ci-mè-lio
Significato Oggetto antico e prezioso in quanto testimonianza del passato, specie legato a un’epoca o a un personaggio; oggetto conservato come ricordo di una persona cara; oggetto vecchio; persona sorpassata
Etimologia voce dotta recuperata dal latino tardo cimelius, dal greco keimélion ‘oggetto prezioso’, dal verbo keîmai ‘giacere’.
«Questa cartolina è un cimelio. Me la regalò…»
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)
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È una parola abbastanza ricercata e di eleganza disinvolta: il suo significato è elevato, tocca corde di valore grande e condiviso, e non si nega allo scherzo. Ma per arrivare alle sue ricche diramazioni e sfumature, partiamo dall’etimologia, che ci fa entrare in contatto con una dimensione specifica ed emozionante degli oggetti preziosi — e col carattere stesso del ‘prezioso’.
Fra quelli che contemplano l’informazione, si trova annotato su ogni dizionario che ‘cimelio’, attraverso il latino, deriva dal greco keimélion, proprio col significato di ‘oggetto prezioso’. Non sono molti quelli che si spingono oltre — ma pare che si possa fare con una certa sicurezza. Keimélion deriva dal verbo keîmai, che significa ‘giacere’, in una quantità di accezioni — in riposo, morto, sepolto, conservato, fino a un rimanere. Se ce lo facciamo girare nell’orecchio, se strizziamo gli occhi, possiamo notare una somiglianza non casuale: dalla pianta del keîmai deriva anche koimetérion, la stanza da letto, il dormitorio… e il cimitero.
Il cimelio quindi è un oggetto che resta, conservato, o magari anche scordato per un certo tempo. Questo lo caratterizza in maniera davvero netta: poiché resta è una testimonianza, e matura un carattere prezioso proprio per questo. Non è detto che il cimelio abbia un alto valore intrinseco, il suo valore riposa tutto nella connessione che ci dà con un’epoca passata, con un personaggio o con una persona.
Un pettine egizio in legno, senza decorazioni, vecchio tremilacinquecento anni. Il cappello indossato da Napoleone nella battaglia di Marengo. La penna del nonno.
Non stiamo parlando di maschere d’oro, di corone tempestate di pietre preziose, di quadri inestimabili. Anzi, se fossimo davanti a oggetti del genere probabilmente non parleremmo di cimeli, il cimelio non è troppo a suo agio nel prezzo materiale. Il cimelio ha un modo suo di parlarci, di portarci a un singolo grado di separazione col passato — vedi, tocchi quest’oggetto comprato dal trisnonno al Cairo, che ha districato, proprio questo, lontanissimi capelli che erano come i tuoi, mosso con gli stessi gesti che tu fai davanti allo specchio; osservi questo cappelluccio disadorno che sta dentro la teca, e d’improvviso quello che era un personaggio storico si fa persona con una testa pensante su cui quel cappello stava calcato, testimone di feltro del contrattacco vittorioso contro gli austriaci. Reimmagini il calore delle mani del nonno su quella penna, le lettere che tracciava nella sua grafia elegante e minuta grattando su carte perse, ti investe un senso di continuità.
Il tratto distintivo del cimelio, si dice, è che è prezioso in quanto testimonianza. Forse però la faccenda, messa così, è un po’ troppo sobria; è prezioso in quanto raro, emozionante portale verso il recondito — un recondito che esiste altrimenti solo in narrazioni volatili o distanti, e che qui, custodito, ritrovato, prende corpo contro l’aspettativa di ogni distruzione e decadenza. Un contatto immediato, traccia e persistenza.
Così la storia s’intreccia con la memoria, il ricordo caro si siede accanto al memento del tempo che fu. E si aprono alla presa in giro, e quindi parlando delle mie chincaglierie tu parli dei cimeli che gelosamente custodisco in vetrina, parlo degli enigmatici cimeli trovati in fondo al cassetto durante le pulizie — enigmatici perché non so se vadano conferiti nell’indifferenziato o se siano rifiuti speciali —, del cimelio di una camicia bizzarrona che non mi sta più, e che non metterei più nemmeno se mi stesse, ma come mi stava bene. E ancora, quando il cimelio si fa umano sorpassato, ci lamentiamo di politiche fané impostate da qualche cimelio, notiamo che certe nostre posizioni e uscite iniziano ad essere da cimelio, e condividiamo un gusto passato con dei cimeli come noi.
Una parola che è tutta grazia, tutta finezza, e che ci dà un accesso splendido all’ironia e all’emozione di una prospettiva diversa del passato.