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di Gianluca Mercuri |
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Buongiorno. Dovremo abituarci alle irruzioni di Elon Musk nella politica italiana. La sortita di ieri del magnate – «quei giudici se ne devono andare», riferita ai magistrati romani che hanno sospeso la convalida del trattenimento di altri 7 migranti in Albania – non è una novità ma segna una svolta. È infatti la sua prima entrata in tackle negli affari nostri da quando Trump ha vinto, e da quando Musk si profila come uno degli uomini chiave della nuova amministrazione americana: proprio nella notte italiana il presidente eletto ha annunciato che il miliardario co-dirigerà un nuovo «Dipartimento all’efficienza governativa» incaricato di «ristrutturare» le agenzie federali.
L’intervento di Musk – il cui idillio politico e ideologico con Giorgia Meloni si sta cementando da tempo – va incrociato con l’intervista di Viviana Mazza a Steve Bannon, pubblicata ieri dal Corriere: un documento di straordinaria importanza perché rivela umori di altro tipo dell’universo trumpiano nei confronti della premier italiana. L’ideologo del proto-trumpismo e dell’internazionale sovranista, anche lui molto vicino a Meloni negli anni scorsi, rivela ora una delusione che sconfina nel risentimento per l’allineamento della presidente del Consiglio alla linea di Joe Biden sul sostegno all’Ucraina. E mette in dubbio, fino a mortificarla, l’aspirazione meloniana a un ruolo di «pontiera» tra America trumpiana e Unione europea.
Perché l’incrocio Musk-Bannon è importante? Perché dai suoi sviluppi si capirà il profilo della destra italiana nei prossimi anni, e dunque la direzione che prenderà il nostro Paese da molti punti di vista. Per piacere a Musk, il nostro governo dovrà assecondare i suoi piani di penetrazione economica e tecnologica nel nostro Paese. Per piacere a Bannon, come ha detto lui stesso, Meloni dovrà tornare alle origini di Fratelli d’Italia, «quando prendeva il 3%» e incarnava una destra arrabbiata, anti-europea, anti -globalizzazione, molto prossima sul piano valoriale e culturale alle destre estreme come quella ungherese, che non a caso fa da modello al trumpismo.
Per ora, mentre quella di Musk è, nelle parole di Massimo Franco, «un’ingerenza che colpisce la difesa della sovranità nazionale», Meloni «piace» comunque a Ursula von der Leyen, al punto che le sinistre europee sospettano un’intesa tra le due leader molto più profonda di quella che riguarda la candidatura di Raffaele Fitto a eurocommissario e vicepresidente della Commissione Ue. Come ha sottolineato Paolo Mieli a Otto e mezzo, nell’accusare la premier di essersi allontanata dalle sue origini estreme, «Bannon le ha fatto un favore». Se Bannon avrà ragione – se cioè Meloni continuerà l’avvicinamento all’establishment europeo incarnato da von der Leyen anziché farsi riattrarre da un fronte sovranista che con Trump metterà il turbo – sarà una buona notizia per l’interesse nazionale e anche i suoi avversari dovranno prenderne atto con sollievo. Ma per qualunque leader europeo si prospettano, nei prossimi anni, esercizi di equilibrio parecchio complicati.
E poi, in questa newsletter: l’Ucraina sempre più stretta nella morsa Putin-Trump, il governo che pare incline a congelare i trasferimenti di migranti in Albania per non incorrere in accuse di danno erariale, la protesta montante contro gli affitti brevi, la marcia perentoria di Jannik Sinner alle Atp Finals di Torino, e altre cose che vale forse la pena leggere e sapere oggi.
Benvenuti alla Prima Ora di mercoledì 13 novembre.
Musk, i giudici e il suo ruolo in Italia
Il tweet dell’imprenditore, le reazioni in Italia, lo sfondo politico: punto per punto.
- L’attacco via social «These judges need to go», questi giudici se ne devono andare. Così il proprietario di X (l’ex Twitter) ha commentato sulla sua piattaforma la decisione del tribunale di Roma di sospendere la convalida dei trattenimenti di altri 7 migranti nel Centro per i rimpatri di Gjader, in Albania.
- I precedenti di Musk Il proprietario (tra l’altro) di Tesla e SpaceX si era già espresso su altre decisioni della magistratura italiana: quelle riguardanti il processo a Matteo Salvini, imputato a Catania di rifiuto di atti d’ufficio e sequestro di persona per non aver fatto sbarcare nel 2019, quando era ministro dell’Interno, 147 migranti che si trovavano a bordo della nave dell’ong spagnola Open Arms. «Quel pazzo pubblico ministero dovrebbe andare lui in prigione per 6 anni, questo è pazzesco», aveva twittato Musk.
- Le reazioni italiane Non a caso, l’unica favorevole è stata quella di Salvini: «Elon Musk ha ragione. Potrei essere condannato a 6 anni di galera per aver bloccato gli sbarchi di clandestini. Dall’estero tutto questo sembra ancora più incredibile». Di segno opposto quelle da sinistra: invitandola a «tenere a bada il suo idolo», Pd e Alleanza Verdi-Sinistra hanno chiesto a Meloni di riferire in Parlamento.
- La risposta della magistratura A Musk ha replicato per tutti il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Giuseppe Santalucia: «Musk si è preso gioco della sovranità dello Stato, mi aspetto da chi ha a cuore la difesa dei confini che intervenga».
- E i meloniani? Per Fratelli d’Italia si è espresso Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera: «Siamo attrezzati per difenderci da soli. Grazie Musk ma non siamo come la sinistra, che sbava per amplificare a livello internazionale le criticità italiane».
- Ma cosa lega Musk all’Italia Monica Guerzoni parla di italian obsession, di «autentica ossessione» del miliardario per il nostro Paese. C’è il colore: «La storia dell’antica Roma lo intriga, gli spaghetti alle vongole lo deliziano, la serie tv “Roma” lo incanta». Voleva sfidare Mark Zuckerberg al Colosseo, e a Giulio Cesare ha lasciato un messaggio in latino sul luogo in cui bruciò il suo cadavere: «Per aspera ad astra. Elon». Fino alle stelle attraverso le asperità. E la sua Gallia, com’è noto, è Marte.
- Ma soprattutto, ci sono gli affari Gli emissari di Starlink, Tesla e Space X, ricorda Monica, «sono saliti ai piani alti dei ministeri interessati e hanno valutato i possibili, nuovi affari da impiantare tra terra e cielo nello Stivale».
- Cosa c’è in ballo, esattamente? Musk sta trattando da una parte per produrre in Italia camion e furgoni elettrici di Tesla; dall’altra, attraverso Starlink (la costellazione di satelliti di SpaceX), propone di fornire servizi Internet a banda larga nelle aree del nostro Paese scarsamente servite da altre reti. Un appalto finito al centro dell’inchiesta per corruzione che ha coinvolto i vertici della Sogei (la società di sicurezza informatica del ministero dell’Economia) in cui è indagato anche il braccio destro di Musk in Italia, Andrea Stroppa.
- Il backup delle reti strategiche In giugno, il governo ha varato la «Legge sullo Spazio» che prevede, tra l’altro, che l’Italia si doti di una «riserva di capacità trasmissiva attraverso comunicazioni satellitari» in modo che, in caso di blackout delle reti Internet terrestri, sia garantito il funzionamento di servizi strategici, militari e civili. Starlink lo ha già fatto per l’Ucraina dopo l’invasione russa e ora punta a battere la concorrenza di aziende europee per un accordo quinquennale con Roma da 1,5 miliardi.
- Internet a prezzi stracciati Secondo le indiscrezioni emerse finora, Starlink ha fatto un’offerta molto vantaggiosa per la copertura Internet delle aree remote, facendosi carico dei costi e offrendo abbonamenti da 10 euro al mese. Un progetto assai concorrenziale rispetto a quello già predisposto da Tim e Open Fiber.
- Il dilemma di Meloni Consiste in questo. I piani di Musk, sia su banda larga sia sul backup dei servizi strategici, presentano indubbi vantaggi economici e tecnologici. E anche il vantaggio politico – preziosissimo per la premier, a maggior ragione dopo lo schiaffo che le ha dato Bannon – di rafforzare il legame con l’uomo che in questo momento sussurra all’orecchio di Trump. Il rischio, però, sarebbe consegnare a una personalità potentissima, controversa e soprattutto straniera l’accesso ai dati di milioni di cittadini italiani e la gestione, di fatto, di funzioni militari strategiche. Non il massimo per un governo campione della sovranità italiana.
La presidente del Consiglio entra insomma in una fase delicatissima. Anche in Europa.
Intanto Fitto
La partita delle nomine, il ruolo del candidato italiano, lo scontro politico: punto per punto.
- Il rinvio Ieri i sei vicepresidenti della Commissione europea designati dalla presidente Ursula von der Leyen sono stati ascoltati dalle commissioni competenti del Parlamento europeo, ma il voto su di loro è stato rimandato sine die. La scadenza chiave per il voto sull’intera nuova squadra è quella del 1° dicembre.
- Perché non c’è accordo? Perché socialisti, liberali e verdi non digeriscono ancora la nomina di Fitto. Vogliono infatti ostacolare l’allargamento di fatto della maggioranza europea al gruppo degli Ecr (Conservatori e riformisti europei) di cui fa parte Fratelli d’Italia, che proprio ieri ha annunciato che voterà il bis di von der Leyen dopo che a luglio Meloni si era detta contraria. Il ruolo di Fitto e il «sì» alla Commissione sanciscono l’uscita definitiva della premier italiana dall’isolamento in cui si era ritrovata dopo la sua scelta estiva.
- L’audizione di Fitto Il candidato italiano, in un inglese ancora non smagliante nonostante la full immersion di questi mesi, è stato comunque efficace: «Voglio essere chiaro: non sono qui per rappresentare un partito politico. Non sono qui per rappresentare uno Stato membro. Sono qui oggi per affermare il mio impegno per l’Europa». Di fronte all’accusa di essere un «fascista» rivoltagli da una deputata verde, ha mantenuto l’aplomb.
- Ma il Pd cosa farà? Dario Nardella, intervistato da Maria Teresa Meli, ha elogiato Fitto ma non ha sciolto il dubbio: «Ha tenuto testa alle domande. Non si può dire che sia stato deludente, soprattutto sul fronte degli impegni che ha assunto. Ciò detto, resta il problema dell’assetto politico della Commissione, che ha un asse molto spostato sulle posizioni conservatrici. Von der Leyen sta giocando con il fuoco: se i nodi non vengono sciolti ne trarremo le conseguenze anche sul voto finale».
- Perché è importante Perché è in corso un braccio di ferro tutto politico: le eurosinistre non vogliono che l’asse europeo si sposti a destra. Nello stesso tempo, sanno che una cooptazione dei meloniani sarebbe nell’interesse di tutti: meglio, per l’Italia e per l’Europa, una Meloni più vicina ai democristiani che agli estremisti di destra. Il problema è che accreditarla come «moderata» non sarebbe conveniente per il Pd sul piano del messaggio politico. Di certo, come sottolinea Francesca Basso, superare lo stallo sul voto alla Commissione è vitale per tutti perché «uno slittamento sarebbe un segnale di debolezza politica che l’Ue non si può permettere, tanto più dopo l’elezione di Trump alla Casa Bianca».
Come previsto, il presidente eletto ha scelto solo fedelissimi nel posti chiave. Eccoli, ruolo per ruolo.
- Cosa Farà Musk Come accennato, nella notte italiana Trump ha annunciato che il suo massimo alleato di questi mesi guiederà insieme a un altro imprenditore, Vivek Ramaswamy, il nuovo Dipartimento dell’efficienza governativa. Il presidente ha usato toni enfatici: «Insieme, questi due meravigliosi americani apriranno la strada alla mia amministrazione per smantellare la burocrazia governativa, tagliare le regolamentazioni eccessive, tagliare le spese inutili e ristrutturare le agenzie federali, essenziali per il movimento “Save America”. Diventerà, potenzialmente, “il progetto Manhattan” dei nostri tempi» (riferimento al progetto che portò alla prima bomba atomica).
Altrettanto deciso Musk: questa scelta, assicura, «provocherà onde d’urto nel sistema e in chiunque sia coinvolto negli sprechi governativi, vale a dire un sacco di persone». Da capire come risolverà il suo conflitto d’interessi, dati i contratti da miliardi di dollari che le sue aziende hanno con le agenzie federali, a cominciare dalla Nasa.
- Pete Hegseth alla Difesa Veterano della Guardia nazionale in Afghanistan e Iraq, 44 anni, è forse la nomina più sorprendente, ma fino a un certo punto: da alleato di Trump della prima ora, e da suo formidabile fiancheggiatore nel ruolo di conduttore di Fox News, risponde perfettamente alla logica della fedeltà. «Pete è un duro, intelligente ed è un vero sostenitore dell’America First. Con lui al timone, i nemici dell’America sono in allerta», ha detto Trump.
- Marco Rubio segretario di Stato Il senatore della Florida, già arci avversario di Trump e poi suo grande alleato, guiderà la diplomazia Usa da posizioni di falco su ogni fronte: Cina, Iran, Venezuela, per non dire di Cuba, di cui è un esule. Trump premia così l’elettorato latino.
- Gli altri nomi importanti Mike Waltz sarà consigliere alla Sicurezza nazionale, Mike Huckabee ambasciatore in Israele (è favorevole all’annessione della Cisgiordania), Elise Stefanik ambasciatrice all’Onu. La governatrice del Sud Dakota Kristi Noem, nota perché uccise il suo cane «inaddestrabile», guiderà la Sicurezza interna. Tom Homan sarà lo «zar del confine», addetto alla stroncatura dell’immigrazione. Sono tutte personalità dure, dei superfalchi chiusi al compromesso e pronti ad assecondare il leader in tutto: niente «adulti nella stanza» come Mike Pompeo. Qui il quadro completo delle nomine, qui il videocommento di Federico Rampini.
Il governo rallenta sull’Albania
Al di là dello scontro frontale con i giudici per i continui rinvii alla Corte di giustizia europea sulla questione dei rimpatri nei «Paesi sicuri», il governo sta riflettendo sull’opportunità di proseguire i trasferimenti in Albania. Lo rivela Rinaldo Frignani: le ultime sentenze, spiega,
«hanno gettato un’ombra sull’iniziativa, sulla quale potrebbe ora pesare anche un’eventuale indagine della Corte dei Conti per danno erariale, dopo gli esposti presentati dai deputati di Avs e M5S. Proprio quest’ultimo scenario, collegato alle accuse di costi eccessivi e sperpero di denaro pubblico per l’operazione Albania, fissati in 134 milioni all’anno per il mantenimento delle strutture e 670 milioni in cinque anni – “a fronte di un miliardo e 700 milioni di euro per l’accoglienza della prima accoglienza straordinaria”, la proiezione del Viminale -, potrebbe spingere adesso verso un congelamento momentaneo dei trasferimenti presso le strutture dove sono in servizio circa 300 uomini delle forze dell’ordine italiane».
Ma è tutta la strategia del governo che sembra a rischio in vista del pronunciamento della Corte europea sollecitato dai giudici italiani e previsto tra dicembre e gennaio,
«che potrebbe avere ripercussioni non soltanto sull’attuale protocollo Italia-Albania ma su una delle basi del Patto sull’Immigrazione e l’Asilo siglato nel maggio scorso che prevede proprio procedure di frontiera accelerate senza soffermarsi sul luogo in cui devono essere eseguite a partire dal 2026 e punta proprio sull’autodeterminazione dei singoli Stati sulla definizione di “Paese sicuro” di provenienza dei migranti. Il “caso Italia” insomma, con i giudici che hanno messo in crisi i trasferimenti nei centri oltre l’Adriatico, potrebbe avere ripercussioni più ampie».
La Russia senza più ostacoli in Ucraina
È uno scenario drammatico quello che descrive Lorenzo Cremonesi:
«Nel lasso di pochi giorni il teatro della guerra russo-ucraina sta subendo profondi mutamenti militari e diplomatici. Vladimir Putin approfitta della transizione politica americana e della tempesta scatenata nel campo occidentale dall’arrivo di Donald Trump per guadagnare con le armi il massimo territorio possibile. Non ci si faccia illusioni — mettono in guardia a Kiev —, nel caso fossero in vantaggio, i comandi di Mosca non si fermeranno certo alle quattro regioni indicate dal Cremlino come gli obbiettivi da raggiungere. Se gli ucraini non avranno uomini e armi sufficienti per fare argine, i soldati russi andranno oltre Zaporizhzhia, Kherson, Donetsk e Lugansk e proseguiranno in profondità per puntare verso Sumy, Odessa, Dnipro, sino alla stessa capitale».
Il nostro inviato a Kiev racconta anche l’autunno difficile di Volodymyr Zelensky, il presidente ucraino vilmente irriso dal figlio di Trump, che scrive sui social che «presto non riceverà più la sua paghetta». Il leader della resistenza resta un eroe, spiega Lorenzo, ma la piega che stanno prendendo gli eventi fa emergere i suoi errori: non avere accolto le sollecitazioni di Biden al compromesso quando i russi erano contenibili, anzitutto. E avere illuso gli ucraini che tutti i territori fossero riconquistabili: «Non può trattarci come bambini e dire che vogliamo tutto, quando anche lui sa che non è possibile», dice lo storico Yaroslav Hrytsak.
Il politologo Ian Bremmer ha previsto le due tragedie automatiche che scaturiranno dalla vittoria di Trump: «Ucraina spartita, palestinesi cancellati». Il rischio ora è che sia cancellata del tutto anche l’Ucraina.
La Germania al voto il 23 febbraio
I maggiori partiti, scrive da Berlino Mara Gergolet, hanno concordato il calendario per superare la crisi del governo di Olaf Scholz: «Il 16 dicembre, prima di Natale, il cancelliere presenterà la domanda di fiducia al Parlamento. Non avendo i voti per superarla, dopo che i liberali hanno lasciato il governo (ora retto da socialdemocratici e Verdi), né essendoci alcuna maggioranza alternativa che possa sostituirlo, il presidente Steinmeier scioglierà le Camere. Ha 21 giorni per farlo, e poi, entro 60 giorni devono essere indette le nuove elezioni politiche: ossia, il 23 febbraio. Finisce così la crisi tedesca che ha pochi precedenti, e che ha visto implodere il governo “semaforo” che non riusciva né a varare la finanziaria, né ormai a elaborare politiche coerenti». (Qui l’analisi della nostra corrispondente).
La protesta contro gli affitti brevi
Cresce da Milano a Napoli, passando per Firenze, la contestazione di piazza contro le locazioni turistiche: sono 640 mila gli immobili messi in affitto per massimo 30 giorni, e i Comuni provano a mettere un freno. Spiega tutto Claudia Voltattorni.
Perché Warren Buffet vende azioni e accumula soldi?
Quando si muove il 93enne finanziere americano, detto «l’oracolo di Omaha», i mercati drizzano subito le antenne. «C’è chi teme un crollo dei mercati o che il mercato azionario abbia raggiunto un picco e chi invece confida n ella crescita dell’economia americana e in possibili acquisizioni da parte dell’Oracolo», scrive la nostra redazione Economia.
Ovazione per Sinner a Torino
Pubblico entusiasta per il campione altoatesino, numero 1 del mondo, che ha battuto in due set l’americano Taylor Fritz e ora è a un passo dalle semifinali delle Atp Finals: Gaia Piccardi.
Da leggere
– Gli editoriali di Angelo Panebianco e Walter Veltroni sul mondo che ci aspetta con Trump.
– Il corsivo di Giovanni Bianconi: «Il paradosso di Pinelli e Pazza Fontana».
– Il ritratto di Yasser Arafat a vent’anni dalla morte, firmato da Francesco Battistini.
– L’intervista di Roberta Scorranese a Nino Frassica e quella di Andrea Laffranchi a Emma (le trovate tra poco sul sito).
Al compleanno di una bimba di Castiglion del Lago non si è presentato nessuno. Alcuni hanno disdetto, altri hanno avuto un contrattempo, altri ancora non hanno proprio risposto all’invito. La madre ha definito l’accaduto «vergognoso e umiliante» in un post che è diventato subito «virale», cioè capace di suscitare le reazioni indignate e superficiali di cui si cibano i social. L’amministrazione comunale non è stata da meno. Si è detta «rammaricata e incredula», e «vicina alla famiglia e alla bambina», garantendo il massimo impegno «affinché simili episodi non si ripetano». Forse bastava non organizzare la festa in un altro paese e alle cinque del pomeriggio di un giorno feriale, quando gli adulti-accompagnatori di solito lavorano. Eppure, le folle di indignati si sono rifiutate di prendere anche solo in considerazione l’ipotesi che gli invitati avessero disertato la festicciola non per manifesta crudeltà dei loro genitori, ma banalmente perché nessuno poteva portarceli e andarli poi a riprendere.
Intendiamoci, resta senz’altro deprecabile la maleducazione/distrazione di quelli che non hanno nemmeno trovato il tempo di declinare l’invito. Ma viviamo tempi smisurati e la loro insensibilità è stata trasformata in un affronto personale e in un’umiliazione indelebile, capace di mettere a repentaglio l’equilibrio psicologico della festeggiata. Ovviamente la piccola ci sarà rimasta male, ma si riprenderà. Sono più gli adulti che mi preoccupano.
Grazie per aver letto Prima Ora, e buon giovedì.
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