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Sanità. A Welfair 2024 la salute guarda al futuro tra intelligenza artificiale, prevenzione, medicina di genere

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L’Ambulance.AI del futuro; nuove soluzioni per l’E-health; la telemedicina, l’intelligenza artificiale e la matematica avanzata applicate per rendere i servizi sanitari più efficienti, resilienti e sostenibili. Di queste e di altre innovazioni in campo sanitario, ma anche di prevenzione, sostenibilità, stili di vita, medicina di genere si è parlato nella tre giorni di Welfair 2024, la quinta edizione della Fiera del fare sanità che si è conclusa oggi, 7 novembre, a Roma, durante la quale è stato presentato anche il primo Piano strategico nazionale per la salute cardiovascolare.

Foto ufficio stampa/SIR

L’ambulanza del futuro. Partendo dal percorso emergenza-urgenza, è stata presentata l’Ambulance.AI di IM Group Emerland: un’ambulanza iperconnessa che, grazie alla sua piattaforma di telemedicina, diventa estensione del Pronto soccorso. Un programma-dati trasmette da remoto parametri e informazioni rilevanti al medico che li impiega per guidare le azioni terapeutiche e avviare il processo diagnostico e di triage prima ancora di arrivare in ospedale. Dalla connessione con la centrale operativa con il supporto di medici specialisti, all’uso di sensori avanzati con AI e alla trasmissione sicura e costante dei dati tramite blockchain,

Ambulance.AI rivoluziona il soccorso d’emergenza.

Sono già 100 le Ambulance.AI commissionate da Ares Lazio.

Heart one è un sistema innovativo che misura in pochi secondi i principali parametri vitali. Tramite un joystick è possibile per il paziente conoscere cinque parametri vitali fondamentali: pressione arteriosa, battito cardiaco, frequenza respiratoria, saturazione del sangue ed elettrocardiogramma.

La crisi dei Pronto soccorso. Serve un cambiamento netto nella loro gestione per risolvere criticità irrisolte da anni: “La prima è trovare personale disposto a fare la vita del medico di Pronto soccorso con un weekend libero al mese – dice Adolfo Pagnanelli, direttore Dea del Policlinico Campus Biomedico Roma -. Su 100 posti messi a concorso non riusciamo a coprirne neppure 50.

E quest’anno l’80% dei posti di specializzazione in medicina d’urgenza andrà deserto”.

Foto ufficio stampa/SIR

Parità e medicina di genere. Oggi in sanità 7 operatori su 10 sono donne, ma meno di 3 su 10 occupano una posizione di leadership. Ad evidenziarlo è Monica Calamai, direttore generale dell’Ausl Ferrara e presidente dell’Associazione donne protagoniste in sanità. “Non si può puntare ad una sanità umano-centrica, inclusiva e declinata sulle diverse esigenze dei singoli – avverte – se non si risolve, attraverso la parità di genere, la più vistosa e diffusa delle disparità”, il gender gap, “obiettivo n. 5 dell’Agenda 2030”. E non basta focalizzare l’attenzione “sulla violenza di genere; occorre puntare l’attenzione anche sulla medicina di genere” per “cure personalizzate”.

Le differenze fra uomo e donna, spiega Calamai, “non sono legate unicamente all’apparato genitale e riproduttivo, ma ad una molteplicità di fattori che influenzano sia la genesi della malattia sia la risposta alle cure e le risposte alle ricerche scientifiche”.

Città sane, persone sane. Da città fattore di rischio a città fattore di salute. Ne parla Fabio Mosca, professore ordinario di Pediatria all’Università degli studi di Milano e delegato del rettore sui temi della salute urbana. “Entro il 2030 – afferma -, il 70% della popolazione vivrà nelle città e questo porterà ad un sovraffollamento dei centri urbani. Bisogna guardare ai contesti nord europei che adottano modelli di vita più sostenibili: incentivare la mobilità dolce, aumentare le aree verdi che riducono il rischio di malattie non trasmissibili e migliorano la salute mentale.

Occorre adottare una pianificazione urbana orientata alla tutela della salute che possa ridurre gli effetti negativi del cambiamento climatico”.

Prevenzione e stili di vita. Oltre il 70% delle principali cause di mortalità, associate a malattie cardiovascolari, diabete mellito, obesità, sindrome metabolica, malattie neurodegenerative e cancro, può essere prevenuto migliorando il proprio stile di vita. Restrizione calorica, esercizio fisico, rinuncia al fumo e riduzione dell’esposizione agli inquinanti possono infatti modulare l’espressione dei geni. “Le ultime ricerche – dice David Brenner, professore di Cancer Metabolism negli Usa – ci dicono che la differenza tra età cronologica ed età biologica non è genetica, ma epigenetica; dovuta, cioè, all’espressione dei geni che provocano l’invecchiamento cellulare, ed è guidata da fattori come l’infiammazione. Fattori legati, a loro volta, soprattutto all’alimentazione”. Su queste basi, il medico e scienziato Eugenio Luigi Iorio ha fondato nel 2014 ad Ascea (Salerno) l’Università popolare di medicina degli stili di vita, che si basa su quattro pilastri:

alimentazione, esercizio fisico, spiritualità e integrazione sociale.

I segreti dei “super sani”. Per il neuroscienziato Giovanni Scapagnini occorre “trasferire elementi di biologia positiva al maggior numero di persone possibile: trasmettere a tutti i ‘segreti di benessere’ dei super sani. Un’operazione di enorme valore in un contesto come quello italiano in cui l’aspettativa di vita media è di 85 anni, ma l’aspettativa di vita in salute si ferma a 60”; l’obiettivo è “ridurre questo gap”.

Foto ufficio stampa/SIR

Salute del cuore. Screening obbligatori nazionali per tutti i cittadini, già a partire dai 18 anni, per la valutazione di colesterolo e pressione arteriosa, elettrocardiogramma una volta l’anno per gli over 65, aree pubbliche nelle città che incoraggino l’attività fisica come piste ciclabili e spazi in parchi pubblici, percorsi di cura chiari e omogenei, digitalizzazione per snellire la burocrazia, campagne educazionali per i cittadini dalle scuole ai luoghi di lavoro, innovazione tecnologica e intelligenza artificiale. Sono alcuni capisaldi del Piano strategico nazionale per la salute del cuore presentato il 7 novembre, il primo realizzato in Italia da Federazione italiana di cardiologia (Fic), in collaborazione con Società italiana di cardiologia (Sic) e Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri (Anmco), e con il sostegno della Società europea di cardiologia.

Abbassare il livello di rischio. “Le malattie cardiovascolari sono la causa primaria di decessi in Italia e nel mondo. Nel 2023 le morti collegate sono state circa 230mila nel nostro Paese, e ancor più sono le complicanze che le patologie cardiovascolari croniche provocano, causando disabilità, disagi nelle famiglie e costi elevati”, esordisce Ciro Indolfi, presidente della Fic. L’obiettivo, spiega è portare l’Italia da un “livello di rischio cardiovascolare moderato, pari a 7mila casi ogni 100mila abitanti, con un impatto economico a carico del Ssn e del sistema previdenziale equivalente a circa 20 miliardi di euro nel 2021”, ad un “livello di rischio basso” come in Francia e Spagna. Per Domenico Gabrielli, presidente dell’Anmco, occorre coinvolgere nella prevenzione anche autorità e cittadini, ma è imperativo

“agire sulle disparità regionali, al fine di ridurre le disuguaglianze e garantire equità nelle cure”.

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