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Salute mentale. Parlano i direttori dei Dsm: “770mila assistiti e 2 milioni senza cure. Servono 2 miliardi in più”

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Cenerentola della sanità pubblica, fantasma nei lavori del G7 Salute. Stretta tra risorse economiche scarse, poco personale e aumento del disagio psichico, la salute mentale è sempre più in affanno, mentre due milioni di italiani che dovrebbero essere seguiti dai servizi di cura, non lo sono. A lanciare l’allarme, in occasione della Giornata mondiale che ricorre il 10 ottobre, è il Collegio dei direttori dei Dipartimenti di salute mentale (Dsm), 120 professionisti ogni giorno in prima linea, insieme per la prima volta in un organismo unitario in rappresentanza delle esigenze e delle difficoltà di tutti gli operatori dei Dsm, dei pazienti e dei loro familiari. Con 150 incontri previsti in tutta Italia, i direttori chiedono risorse adeguate e un aumento dell’organico, un rinnovato modello organizzativo e dei rapporti con l’Autorità giudiziaria, mentre in Senato ha preso il via, con un ciclo di audizioni, l’esame del disegno di legge Zaffini che ha l’obiettivo di riformare l’assistenza psichiatrica sul territorio.

Più disturbi mentali che patologie cardiovascolari. A ricordare i malati, ma anche i medici che a fatica, tra doppi e tripli turni, spesso in condizioni di scarsa sicurezza, con il crescente timore di aggressioni e rivalse legali, lavorano nei Dsm per fronteggiare la quotidiana valanga di richieste d’aiuto in continuo aumento, saranno il 10 ottobre i luoghi simbolo di molte città italiane illuminati di verde. Intanto l’Oms avverte che depressione e altre patologie psichiche saranno le più diffuse nel mondo già prima del 2030, anno in cui la stessa Organizzazione aveva stimato il “sorpasso”. Numeri che valgono in Italia il 4% del Pil tra spese dirette e indirette, oltre ad una diminuzione dell’aspettativa di vita di 10 anni, a fronte dei quali non corrisponde un aumento/miglioramento dei servizi di cura. I Dsm, infatti, sono diminuiti (dai 183 del 2015 ai 139 del 2023), e stanno vivendo una profonda crisi di personale. Si stima che

il prossimo anno mancheranno all’appello altri mille psichiatri.

“In un decennio che ha visto quintuplicare i casi di patologie psichiatriche, soprattutto tra i più giovani e le categorie più fragili, l’Italia della salute mentale si è trovata a lottare ad armi impari: sempre meno risorse, sempre meno strutture pubbliche e sempre meno personale, che abbandona i dipartimenti per mancanza di sicurezza e di certezze professionali”, evidenzia Emi Bondi, presidente uscente della Società italiana di psichiatria (Sip) e componente del Tavolo tecnico sulla salute mentale del ministero della Salute. “Nessun ‘bonus’ – avverte – potrà mai supplire alla carenza di risorse tolte al servizio pubblico e alla medicina territoriale, vero punto di riferimento per la popolazione”.

Due milioni di persone non hanno accesso ai servizi. Lo sa bene Giuseppe Ducci, vicepresidente del Collegio nazionale dei direttori dei Dsm e direttore del Dipartimento di salute mentale e delle dipendenze patologiche della Asl Roma 1: “Secondo le stime epidemiologiche,

a soffrire di disturbi psichici sarebbe almeno il 5% della popolazione, pari a circa 3 milioni di persone, percentuale che sale al 10% se si includono anche disturbi più lievi come gli attacchi di panico”.

Nel 2023 le persone con disturbi mentali prese in carico dai servizi sanitari pubblici sono state oltre 770mila, pari all’1,5% della popolazione. “Ciò significa che – spiega lo psichiatra -, considerando solamente i disturbi più gravi, un 3,5% di persone, equivalente a oltre due milioni di cittadini, non ha accesso a questi servizi”. E si tratta delle “fasce sociali più svantaggiate: donne, anziani, ma soprattutto bambini e adolescenti, sempre più vittime delle dipendenze da sostanze, ansia, depressione, e disturbi del neuro-sviluppo che nel 50% dei casi risalgono già alla gravidanza”.

Per Fabrizio Starace, presidente del Collegio nazionale dei direttori dei Dipartimenti di salute mentale e direttore del Dsm di Modena, “i cambiamenti sociali ed epidemiologici degli ultimi decenni e la nascita di nuovi bisogni, come il dilagare dell’abuso di sostanze e dei disturbi dello spettro autistico, impongono di rilanciare e ridisegnare i Dsm per aggiornare e migliorare la qualità dell’assistenza psichiatrica in tutte le fasce di età a partire da quella neonatale”, con un aumento di risorse e di investimenti sul personale.

Oggi i servizi per l’età evolutiva e le dipendenze sono “presenti solo nella metà dei dipartimenti”.

Servono due miliardi in più. “Chiediamo – riprende Ducci – che almeno il 5% del Fondo sanitario nazionale e regionale venga destinato alla salute mentale, più percentuali specifiche per l’infanzia e l’adolescenza (2%) e per le dipendenze (1,5%)”. Indispensabile ridefinire la quota di spesa per l’assistenza psichiatrica, oggi in calo in media al 2,5% del Fondo sanitario nazionale e regionale, pari a poco più di 3 miliardi e mezzo che rendono l’Italia fanalino di coda in Europa. “Per raggiungere il 5% previsto dalla Conferenza unica Stato-Regioni,

solo per la salute mentale degli adulti, servono almeno 2 miliardi in più”.

Nei Dsm sono presenti circa 25mila operatori tra psichiatri, psicologi, infermieri e educatori, cioè 55 per ogni 100mila abitanti, oltre il 30% in meno rispetto a quanto previsto dagli standard Agenas, recepiti in Conferenza unica Stato-Regioni e sottoscritti dal ministero della Salute, che prevedono 83 operatori ogni 100mila abitanti.

Nuovi modelli organizzativi. In questa emergenza, a fronte di nuovi bisogni, soprattutto tra i giovanissimi, come disturbi del comportamento alimentare, della personalità o dello spettro autistico, e dilagare delle dipendenze da sostanze e alcool, occorrono soluzioni nuove e competenze più specifiche. Obiettivo irrinunciabile, spiega Ducci, “è

attuare interventi di prevenzione in tutte le fasce di età, fin dalla gravidanza,

con particolare attenzione a stili di vita e contesto familiare, e poi con successivi programmi di screening per intercettare precocemente problemi del neuro-sviluppo che, nel 50% dei casi, risalgono già all’età prenatale”.

Dall’infanzia all’età adulta. Ma solo la metà delle regioni garantisce continuità delle cure. “Appena il 12% dei giovani affetti da disturbo psichiatrico – spiega Starace -, dopo aver raggiunto il limite di età massimo per le cure pediatriche passa ai servizi di salute mentale per adulti”. Occorre estendere a livello nazionale “l’integrazione tra salute mentale per adulti, dipendenze patologiche e servizi per l’età evolutiva”, modello “attualmente applicato solo in alcune regioni”.

Psichiatria e giustizia: un rapporto “critico”, dicono i responsabili dei Dsm, per i quali occorre “evitare il rischio di un ritorno al passato con la psichiatria usata come strumento di custodia e controllo sociale, anziché di cura”.

No a “usare le Rems” come “svuotacarceri”.

Fra i nodi irrisolti, “invii inappropriati sulla base di perizie disinvolte di pericolosità sociale e infermità di mente”. Di qui, allora, la proposta di creare sezioni sanitarie specialistiche psichiatriche all’interno delle carceri dove poter effettuare “trattamenti sanitari obbligatori in conformità con la legge”. Necessario inoltre abrogare l’art. 89 del Codice penale, “relativo al vizio parziale di mente”, e l’art. 203, sulla “pericolosità sociale di tipo psichiatrico”. “La salute mentale – concludono Ducci e Starace – richiede interventi urgenti e mirati e investimenti adeguati. Il coinvolgimento delle istituzioni in questa battaglia è essenziale”.

 

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