Intercettazioni lampo, Di Matteo: “Così salteranno pure le indagini per mafia”
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Intercettazioni lampo, Di Matteo: “Così salteranno pure le indagini per mafia”
Giustizia – Il pm sul ddl che limita a 45 giorni gli ascolti: “Pregiudicata indirettamente l’emersione di fatti rilevanti per le inchieste sui clan” –
Di Valeria Pacelli
8 Ottobre 2024
C’è un rischio – che nessuno aveva finora sottolineato – nel ddl proposto dal senatore Pierantonio Zanettin di Forza Italia che vuole limitare a 45 giorni, prorogabili solo in determinate condizioni, le intercettazioni per tutti i reati che non sono legati alla criminalità organizzata. L’allarme lo lancia Nino Di Matteo, una vita con la toga a Palermo, poi passato al Csm e ora alla Direzione Nazionale Antimafia. “Indirettamente – spiega – questa grave limitazione che riguarda tutti gli altri reati finirà per pregiudicare anche la possibile emersione di fatti e circostanze fondamentali per le indagini di mafia. Questo perché, proprio indagando su fatti di corruzione, possono emergere gravi condotte di interessi economicamente rilevanti della criminalità organizzata”.
Di Matteo, domani in Senato inizia la discussione al ddl Zanettin. Il limite di 45 giorni per intercettare riguarderà anche reati come il sequestro di persona, l’usura, le truffe. Ciò vuol dire che se questa nuova norma verrà approvata, in futuro, tranne per i reati di criminalità organizzata, dopo 45 giorni le intercettazioni verranno staccate anche prima di scovare il responsabile. Che conseguenze ci saranno sulle indagini?
Siamo in presenza di un ulteriore tassello di un quadro complessivo davvero preoccupante. Si va nella direzione della creazione di spazi di impunità sempre più ampi e questo riguarda sia i gravissimi reati da lei citati, ai quali aggiungerei anche gli omicidi e le violenze sessuali, per fare qualche esempio, sia i reati tipici dei colletti bianchi, dei politici e degli amministratori. Dopo l’abrogazione dell’abuso d’ufficio e la sostanziale sterilizzazione del reato di traffico di influenze, la limitazione dell’unico strumento investigativo in grado di bucare il sistema corruttivo, da sempre fondato sulla omertà dei suoi protagonisti, costituisce l’ennesimo favore a corrotti, faccendieri e lobbisti.
Nel ddl sono previste proroghe solo in caso emergano “elementi specifici e concreti”. Che vuol dire?
Vuol dire introdurre nel sistema una ulteriore complessità legata sostanzialmente alla difficoltà di definizione e classificazione di ciò che si può ritenere elemento specifico e concreto. Ogni motivazione di proroga diventerà motivo di scontro tra le parti e di perenne incertezza sulla utilizzabilità degli elementi acquisiti e pertanto avrà importanti conseguenze sugli esiti dei processi.
La sua esperienza giudiziaria le fa ritenere che, in generale, 45 giorni per le intercettazioni siano sufficienti?
Al contrario, l’esperienza giudiziaria dimostra che per le indagini più complesse e per gli indagati più abituati a eludere le intercettazioni, questo termine è una tagliola che pregiudica ogni possibilità di arrivare a una investigazione efficace.
Qual è il rischio maggiore di questa nuova normativa, se approvata
Il rischio è che, anche se indirettamente, verranno pregiudicate le indagini per mafia, nonostante questi delitti siano esclusi dal ddl. La mafia, oggi, per perseguire i suoi obiettivi fa sempre più spesso ricorso al sistema corruttivo. Inoltre nell’esperienza giudiziaria è un dato acquisito che gravi fatti di criminalità organizzata siano venuti fuori da ascolti autorizzati per reati cosiddetti comuni, come per rapine, bancarotte, truffe allo Stato. È esperienza comune di tanti magistrati che, magari, cominciando a indagare su un appalto pubblico truccato abbiano poi scoperto, spesso a distanza di molti mesi dall’inizio delle intercettazioni, che quella gara era stata pilotata grazie o su richiesta di esponenti di criminalità organizzata. Questo per dire che la linea di demarcazione tra reati comuni e reati di mafia non è facilmente delineabile.
Questo governo, forse più di altri, ha messo le mani sul sistema giustizia, basti pensare all’abrogazione dell’abuso d’ufficio o anche alla proposta di vietare la pubblicazione delle ordinanze di misura cautelare. Cosa si sta cercando di fare, secondo lei?
Si sta limitando molto il controllo della legalità sulle modalità con cui viene esercitato il potere. Da una parte si limita la possibilità di pubblicare le intercettazioni, creando così uno scudo per i potenti nei confronti della libera informazione. Dall’altra, attraverso riforme come questa sulle captazioni telefoniche, lo scudo di quegli stessi potenti si estende anche nei confronti della magistratura.
Perché sta avvenendo tutto questo?
Ad avere uno sguardo di insieme sembra che molte di queste riforme siano la prosecuzione della visione della giustizia che risale a molto tempo fa, ai primi governi Berlusconi, ma anche prima. Forse rispetto a 30 anni fa queste riforme si stanno portando avanti con maggiore successo anche perché la magistratura non ha la stessa forza e non gode della stessa credibilità di 30 anni fa.
Con il ddl Sicurezza, da poco approvato, sono state inasprite le pene per quei reati non proprio tipici dei colletti bianchi, come nel caso del blocco stradale per chi protesta o delle occupazioni. In che direzione si sta andando?
Si sta andando verso la creazione di un sistema giudiziario a due velocità: per alcuni reati, tipica espressione delle condotte degli ultimi e degli emarginati o ad esempio reati collegati alla manifestazione del dissenso, si va in una direzione securitaria. Per altri delitti, ugualmente importanti perché costituiscono una costante violazione della Costituzione, si va nella direzione della creazione di uno scudo di protezione per chi li commette. E questo è grave, in un sistema dove il numero di detenuti in espiazione di pena definitiva per reati di corruzione o di altri delitti contro la Pubblica amministrazione sono davvero pochi rispetto ai 60 mila detenuti. Ciò vuol dire che o l’Italia è un Paese in cui il fenomeno corruttivo è stato debellato, ma così non è, oppure che questo tipo di condotte è sostanzialmente impunito. E mi pare che certe riforme, come quella di cui abbiamo parlato, vadano in questa direzione.
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)
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