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Alluvione in Emilia Romagna. Mons. Toso (Faenza): “Serve una seria prevenzione e la programmazione per la messa in sicurezza del territorio”

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“È il tempo dell’azione, illuminata da un pensiero pensante, dalla sapienza, frutto di una sintesi culturale dei saperi e delle buone pratiche, oltre che di una vera semplificazione amministrativa che velocizzi prassi e progetti nel rigoroso rispetto della legalità”. A distanza di pochi giorni dall’alluvione che ha nuovamente colpito l’Emilia Romagna mons. Mario Toso, vescovo di Faenza-Modigliana, spiega le ripercussioni per una delle diocesi più colpite dall’evento e guarda al futuro.

Eccellenza, ieri è stato a Traversara di Bagnacavallo tra gli alluvionati. Che cosa ha visto?
Un disastro ambientale spaventoso assieme a enormi danni alle abitazioni, alla caserma dei carabinieri, ai negozi, alla farmacia, alle infrastrutture. Ci vorranno anni per ripristinare una normalità di vita e di attività. Danni sono stati subiti anche dalla parrocchia, dalla canonica, ove il parroco don Giovanni Samorì, coadiuvato da volontari, ha prontamente liberato gli ambienti dall’acqua stagnante e dal fango. Le sale parrocchiali, in particolare, rappresentavano un punto di incontro fondamentale per questa piccola comunità.

Tante persone in strada ad aiutare chi è in difficoltà?
Mi ha favorevolmente colpito vedere molti giovani volontari provenienti non solo da Bagnacavallo, Comune pure gravemente colpito, ma da varie parti d’Italia, accorsi per aiutare le famiglie, gli anziani, chi ha perso tutto e si trovava da solo a fronteggiare una situazione da fine del mondo. Parlando con le persone,

ho potuto constatare la forza d’animo di questa comunità nel voler ricostruire il proprio paese.

Il maltempo sta dando tregua, le piogge torrenziali si sono fermate. Bisogna ripartire subito?
È fondamentale per consentire i primi soccorsi ai Paesi più colpiti dalla terza alluvione. Se nel fiume Senio è stato possibile chiudere la rottura degli argini si sta lavorando alacremente a Traversara per riparare l’argine del Lamone che ha portato una spaventosa devastazione al Paese e alle coltivazioni nonché alle attività imprenditoriali.


Ci sono zone che hanno subito tre alluvioni in 16 mesi…
Il territorio della diocesi ha visto colpiti dall’alluvione 10 su 12 comuni, oltre Traversara, Boncellino, Bagnacavallo, Cotignola, il paese da cui sono usciti, a suo tempo, gli Sforza di Milano. Non si può dimenticare, in particolare, il Borgo della città di Faenza, ove famiglie che da poche settimane erano rientrate nelle loro abitazioni, appena ripristinate con grandi sacrifici, sono state costrette a sfollare per la terza volta.

Le persone sono esasperate.
Qui la gente è veramente prostrata e arrabbiata per il grave ritardo nella messa in sicurezza degli argini del Lamone e del torrente Marzeno – che getta le sue acque nel primo – e che un’altra volta ha inondato le abitazioni a piano terra, scuole, la casa per anziani gestita dalla coop. L’Alveare, per la quale era prevista in ottobre l’inaugurazione della sede dopo i lavori di recupero necessari in seguito alla seconda alluvione.

Non si possono dimenticare Brisighella, Tredozio, Marradi, ma soprattutto la città di Modigliana, che è stata messa in ginocchio per la rottura delle condotte idriche, le frane e l’aggravamento della già precaria condizione delle vie di comunicazione.

La diocesi si è mossa subito anche per comunicare quello che stava accadendo e dare vicinanza alla popolazione.
Un encomio particolare va al giornale diocesano “Il Piccolo” che ha prontamente informato sulla situazione drammatica della gente, sul loro sconforto, sui messaggi inviati dal vescovo alla diocesi e sulla sua visita a Traversara, sulla pronta reazione della Caritas nazionale, sull’arrivo della Caritas ambrosiana già operativa a Traversara, sulla riapertura del Centro operativo della Caritas presso san Domenico a Faenza, sull’azione coordinata delle parrocchie attorno a quella di san Antonino, presso il Borgo, per assistere i volontari

offrendo più di 500 pasti con l’aiuto di varie associazioni.

(foto diocesi Faenza-Modigliana)

C’è stata anche una protesta nei confronti delle istituzioni?
Sì e “Il Piccolo”, secondo la sua vocazione di informare la gente, ha dato voce e risonanza: la protesta delle carriole davanti al Comune di Faenza, ad esempio; la lettera dei vari Comitati degli alluvionati che hanno dialogato con serietà e costanza con le Amministrazioni a ogni livello, alla voce di una buona parte di cittadini. Ma specialmente ha ospitato nelle sue pagine il parere di persone esperte che hanno segnalato che i problemi della fragilità del nostro territorio e le necessarie opere da mettere in atto erano stati ben focalizzati ancora trent’anni fa, ma che poco è stato fatto per prevenire e mettere in sicurezza il territorio.

Oltre alla realizzazione di casse di espansione, è importare immaginare come ridare ai fiumi quegli spazi che sono stati loro sottratti con i processi di urbanizzazione e ripensare davvero la rete di scolo, da zero. Questi fenomeni atmosferici hanno perso il carattere di eccezionalità e diventeranno, anzi lo sono già, sempre più frequenti.

Ha sentito la vicinanza della Chiesa italiana e dei vescovi della Regione?
Sento il dovere di ringraziare i vescovi della Romagna che, anch’essi variamente colpiti, si sono stretti attorno alle nostre comunità promettendo una più stretta collaborazione tra le Caritas. Sento, inoltre, il dovere di ringraziare il cardinale Zuppi, che ha rilanciato sul piano nazionale della Cei l’urgenza di una efficace solidarietà per la Romagna e le Marche colpite dalle alluvioni. Così, mi sento di mostrare riconoscenza alle forze dell’ordine, alle varie protezioni civili presenti sul territorio, alle amministrazioni comunali sottoposte a rinnovate sfide ed impellenze.

Fin dai primi momenti successivi all’alluvione, sono iniziati i rimpalli sulle responsabilità politiche e sull’impiego delle risorse pubbliche.
Non è il tempo delle inutili strumentalizzazioni e delle polemiche infinite.

È il tempo di rimboccarsi le maniche, come hanno già incominciato a fare tanti imprenditori per essere puntuali a riaprire le loro attività.

È il tempo di una seria prevenzione e della programmazione sistematica delle opere della messa in sicurezza del territorio per le quali occorre partire subito. È il tempo dell’ascolto della gente, di una ripartenza seria mediante dialogo e collaborazione mettendo da parte gli interessi particolari, ponendo al centro il bene di tutti. È il tempo dell’azione, illuminata da un pensiero pensante, dalla sapienza, frutto di una sintesi culturale dei saperi e delle buone pratiche, oltre che di una vera semplificazione amministrativa che velocizzi prassi e progetti nel rigoroso rispetto della legalità.

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