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LA SUPREMA CORTE RESPINGE IL RICORSO DI ALDO LA TORRE

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La Corte di Cassazione ha definitivamente respinto il ricorso presentato da Aldo La Torre, zio del noto boss Augusto La Torre, confermando la confisca degli immobili di via Padule a Mondragone. La decisione, presa dalla prima sezione della Corte di Cassazione presieduta da Giuseppe Santalucia, segna un ulteriore colpo al clan La Torre, attivo nel territorio di Mondragone.

 

Aldo La Torre, 78 anni, aveva impugnato la sentenza della Corte di Appello di Napoli, che a sua volta aveva confermato la confisca degli appartamenti disposta dalla sezione delle misure di prevenzione del tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Gli immobili, costruiti su un terreno intestato a una prestanome poi indennizzata con 22.500 euro, sono stati giudicati frutto di attività illecite legate al clan.

 

La Corte di Appello ha basato la sua decisione sull’accertata pericolosità sociale di Aldo La Torre, riscontrata a causa della sua pregressa appartenenza al clan La Torre. Tale appartenenza è stata documentata da sentenze di condanna per il reato associativo emesse nel corso degli anni, tra il 1998 e il 2011. La sua vicinanza al clan risale almeno al 1995, anno in cui avrebbe iniziato a operare attivamente nell’organizzazione criminale, come confermato anche dalle dichiarazioni del nipote Augusto La Torre.

 

In particolare, la testimonianza di Augusto La Torre ha evidenziato come lo zio Aldo fosse coinvolto in un investimento immobiliare nel 1995-1996, a dimostrazione del suo ruolo operativo all’interno del clan.

 

Attraverso i suoi legali, Aldo La Torre aveva cercato di contestare la decisione della Corte di Appello, lamentando vizi di legge e carenza di motivazione. Tuttavia, la Suprema Corte ha ritenuto infondate le obiezioni sollevate, confermando la correttezza della sentenza di secondo grado. Secondo la Corte di Cassazione, Aldo La Torre era pienamente integrato nel clan omonimo già dal 1995, e gli immobili oggetto della confisca erano stati acquistati nel 1996 utilizzando proventi illeciti derivanti dalle attività criminali dell’associazione.

 

Alla luce di queste motivazioni, il ricorso di Aldo La Torre è stato dichiarato inammissibile, confermando la confisca degli immobili di via Padule. La decisione rappresenta un’ulteriore conferma dell’efficacia delle misure di prevenzione patrimoniale nei confronti delle organizzazioni criminali e dei loro affiliati, ribadendo il principio che i beni accumulati attraverso attività illecite devono restare nelle mani dello Stato.

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