Elezioni presidenziali in Usa: le carte rimescolate
L’anno delle elezioni – questo 2024 – prosegue mantenendo la sua carica potenziale ed effettiva di movimentazione della situazione politica internazionale. I mutamenti nel Regno Unito e in Francia ne sono un esempio eloquente; mentre le conferme, a volte scontate e a volte no, in altre nazioni (dalla Confederazione Russa all’India, all’Iran…) rivelano le modalità e le concezioni diverse del metodo elettorale e del suo influsso sulle politiche degli Stati. Si va concludendo l’iter della nuova governance europea innescato dalla grande operazione elettorale continentale del giugno scorso, con un rinnovamento inferiore a quanto ci si poteva attendere dai risultati, con il bis alle presidenze del Parlamento e della Commissione: e attendiamo con ansia quanto ciò potrà influire sulle pressanti problematiche dei 27 (e di quanti saranno ammessi all’UE). In quest’ampio panorama che prevede, ad esempio, ad ottobre ancora un appuntamento alle urne per un grande Paese, il Brasile, indubbiamente la scadenza del 5 novembre, quella cioè che chiamerà ai seggi la popolazione degli Stati Uniti d’America, è la più rilevante, non fosse solo per l’enorme battage suscitato, oltre che ovviamente per il peso preponderante che ha quella nazione sull’intera geopolitica mondiale; ma anche perché queste sono davvero “elezioni”, non certo una messinscena come ad esempio quelle russe. In questa tornata c’è poi un elemento in più che ha sconvolto i piani di quanti già avevano calcolato sondaggi e previsioni: il ritiro, per quanto possa apparire tardivo o in qualche modo obbligato, del principale contendente, cioè l’inquilino della Casa Bianca che puntava decisamente a un suo bis. Il gesto di Biden si può giudicare diversamente, ma sta di fatto che, alla fine, ha saputo anteporre quello che anche lui ha ritenuto l’interesse del Paese al proprio. E non tanto per l’età – poiché di ultraottuagenari ai vertici non mancano esempi: lo stesso nostro presidente Mattarella ha compiuto 83 anni qualche giorno fa, e il papa, la cui responsabilità non è di poco peso, viaggia verso gli 88; senza riandare alla gerontocrazia che ha guidato l’URSS nella sua ultima fase – ma per la consapevolezza della propria fragilità e dei propri limiti. Anzi – ha affermato -, per dedicarsi più completamente, con le residue efficaci energie, agli ultimi sei mesi impegnativi di governo. Le carte, dunque, vengono così rimescolate. Il malcelato disappunto del contendente Trump, che sembra irridere la nuova antagonista designata, la vicepresidente Kamala Harrys, si è rivelato nell’assurda richiesta di risarcimento per le spese di gran parte della campagna orchestrata fin qui contro Biden… Il tycoon, ormai così sicuro di stravincere, persino come “unto del Signore”, ora avrà qualche dubbio di fronte ad una figura, questa sì, molto più giovane che fa risaltare la di lui vicinanza agli 80. I sondaggi sono ancora tutti a favore di Donald, ma per Kamala si sono già mobilitati in molti, con tanto di sostegno economico (oltre 100 milioni di dollari raccolti praticamente in due giorni!), a quanto pare fondamentale nel gioco elettorale statunitense. In realtà sarà ufficialmente nominata candidata alla convention di Chicago il 19 agosto (dai conteggi non si prevedono sorprese). I demeriti della sua vicepresidenza, che sembrano essere più dei meriti, potrebbero frenare la sua ascesa allo studio ovale. Ma se molti, anche da noi (soprattutto i filoputiniani, in buona compagnia con i vari autocrati mondiali), potrebbero gioire della vittoria di Trump, l’affermazione del tycoon renderebbe certamente più fragile lo schieramento delle democrazie occidentali, compresa la UE che si troverebbe a fare i conti concretamente con le avvisaglie già più volte emerse (il protezionismo dell’America First, le questioni di sicurezza e difesa connesse all’indebolimento della Nato, guerre rapidamente concluse ma senza una “pace giusta”, ecc.). Intanto sogniamo una pace ispirata alla “tregua olimpica”, come chiede il papa (a quanto pare inascoltato). La kermesse sportiva mondiale che si apre a Parigi questo venerdì 26 luglio fa intuire l’armonia in cui potrebbe vivere l’umanità, ma non è certo in grado di realizzarla.
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