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Piedimonte di Sessa Aurunca. Antonio, i giornali e il ‘buen retiro’ della lettura

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NUOVO DIRETTTORE AL MATTINO SIGNIFICA ANCHE NUOVO GIORL’atollo unico è qui, il rifugio, lo scoglio, il buen retiro della lettura, se la cercate ancora in questa torrida estate al mare, a via Massicani 72, Piedimonte di Sessa Aurunca.

Se volete comprare un giornale, in un ambizioso territorio aurunco che volge dal Massico al mare, e dove fra la pur florida e amata Carano, Sorbello, Avezzano, in fuga verso la Bandiera blu di Baia Domizia, non c’è più una rivendita di giornali che sia una, se ancora volete sorseggiare la stampa e delibare un racconto, il porto franco resta perpetua la bottega di Antonio Codella, lui quasi 90 anni, ancora di domenica di profondo luglio a servirvi e a raccontare.

«I giovani, i ragazzi andassero pure alla spiaggia, io resto qui ad aspettare voi, riconosco ormai più i passi e le voci, vedo poco, ma i conticini con la biro li faccio sempre io, e un lettore qui è sempre il primo benvenuto» dice Antonio.
Camicia di cotone chiara e linda, occhiali della tarda età, una figlia nubile, Carmelina, che vive con lui, un figlio Vincenzo che fa un’attività diversa, una nipote, Federica, che nei giorni non di festa lo aiuta. Ma l’edicola storica, antichissima è incentrata su di lui. «Un’attività – racconta con un pizzico di orgoglio – pensate che ha 102 anni, io non ci arriverò, creata da mio padre Emilio che fu combattente e mutilato della Grande Guerra. Quanto sangue giovane versato al Fronte anche da Piedimonte. Lui grazie all’invalidità potè aprire questa attività, pensate cosa può essere scritto nel futuro della vita, grazie al dolore».

Antonio sfoglia le copie rare dei quotidiani rimaste, a mezzogiorno, invendute sull’espositore, e ricorda quante testate scomparse. «Dottore, vi ricordate la Voce, il Quotidiano, il giornale delle Acli e Il Popolo, ma che fine ha fatto Il Popolo?”. E ci affacciamo con lui, «attento al sole, riparati Antonio», a rimirare questo squarcio di Piedimonte che sa di fotografia anni 50, di quelle da inviare per tanti saluti a una innamorata, come si usava: la piazza Nicola Borrelli, intitolata a una gloria locale, che «era stimato come numismatico da Vittorio Emanuele III, sapete», con il monumento ai Caduti, un cannone cimelio bellico donato dalla nobile famiglia Capizzi, una giostrina. E di fianco il pergolato del Bar Sport da “Zi Minuccio”, lì dove al fresco e all’ombra i giovani e gli anziani leggevano il giornale, e non sfogliavano solo i telefonini. E ci narra di quanta storia ultralocale sia stata testimone la sua edicola, la chiesa restaurata più in là di Sant’Erasmo e la sua festa di fine giugno. «Lo saevate che fino agli anni 60 dopo la festa si correva una gara ciclistica importante, la Medaglia d Oro Sant’Erasmo?», interroga. E noi abbracciati al Tour di oggi pure ci sentivamo in debito di non averne mai scritto.

Ma in un mondo antico che non cambia declinazione come questa oasi di un uomo solo alla sua guida, quante cose vorremmo ancora ascoltare. «Qui compravano i giornali, Il Mattino, il Corriere della Sera, le belle famiglie, i Capizzi i Martino i Vitale, oggi troppe persone pensano solo al gioco, non sanno quanto vale una parola su carta», e ci sentiamo in colpa senza colpa anche noi, ad ascoltare don Antonio. Ma lo ringrazieremo per sempre per quanto ci dirà infine. «Vedete, io non chiudevo mai l’edicola le domeniche di estate perché aspettavo vostro padre, il professore, per cui gli conservavo geloso “Il Mattino”, edizione Napoli. E scusatemi, mi commuovo oggi pensando che voi, suo figlio, avete i suoi passi, siete qui e volete invece “Il Mattino”, edizione Caserta, e come se il mondo  avesse ancora il ritorno del cuore».

 

(di Gian Paolo PorrecaFonti: Il Mattino – Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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