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IL DOSSIER

Da Genova a San Marco: il modello che svende il pubblico al privato

GIOIELLI IN SALDO DA 16 ANNI – La vendita di palazzi e beni pubblici a Venezia non è nata con Brugnaro. Il caso più clamoroso, nel 2008, è stata la trasformazione del Fondaco dei Tedeschi in un centro commerciale di lusso

DI LEONARDO BISON E MARCO GRASSO

21 LUGLIO 2024

LEGGI – Tutti gli uomini di Brugnaro: “Così piazzò i suoi in Comune”

“Non abbandonerò mai l’idea che il privato sia di beneficio per il pubblico, sempre”. Sono le prime dichiarazioni del sindaco di Venezia Luigi Brugnaro dopo la maxi-indagine per corruzione nella Laguna. Parole sovrapponibili a quelle dell’alleato Toti che, dai domiciliari, ha rivendicato i fatti che i pm gli contestano come corruzione: “Il pensiero Liberale, che rappresenta il faro della nostra azione politica, vede nell’attività privata non già un fattore egoistico da contrastare, ma una risorsa che, lasciata crescere nel rispetto delle regole, rappresenta un valore aggiunto per la collettività”. Privato è bello. È la visione che negli ultimi anni ha plasmato le politiche pubbliche a Venezia, così come in Liguria. Finché la magistratura è intervenuta su alcune delle operazioni più discusse, come quella di Palazzo Poerio Papadopoli.

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La vendita di palazzi e beni pubblici a Venezia, a ben vedere, non è nata con Brugnaro. Il caso più clamoroso, nel 2008, è stata la trasformazione del Fondaco dei Tedeschi, a Rialto, sede delle Poste, in un centro commerciale di lusso. Negli anni le alienazioni sono proseguite, con l’ex Ospedale al Mare dell’isola del Lido destinato a diventare un Health technopark per una struttura sanitaria privata d’élite. Altri palazzi comunali sono passati a Cdp per poi diventare spazi espositivi per l’arte contemporanea: durante la Biennale, i prezzi degli affitti volano. Brugnaro debuttò da sindaco ipotizzando di vendere un Klimt e un Chagall di proprietà dei musei civici di Venezia, pur di fare cassa. Non si poteva proprio fare, per legge. Ma è stato venduto Palazzo Donà, che era sede dei servizi sociali, spostati altrove con dispendio di altri soldi, poi appunto Palazzo Poerio Papadopoli, sede della Municipale – anch’essa trasferita – con uno sconto su cui indagano i pm. Le proteste non hanno arrestato l’entusiasmo per le vendite. Oggi la partita è in terraferma, con un nuovo terminal intermodale logistico e turistico che dovrebbe sorgere nella zona del Parco di San Giuliano, e una maxi-area gestita dalla catena di supermercati Alì nel centro di Mestre, dove sorgeva l’ex Ospedale, abbattuto nel 2009. Un orgoglio, per la giunta.LEGGI – Toti, Fragomeni, Brugnaro & Co.: la “maledizione” di Coraggio Italia

Fiera di Genova, 8 luglio scorso. Nell’estate più calda della politica ligure, si inaugura il nuovo palazzetto dello sport, gioiello del Waterfront di Levante, disegnato da Renzo Piano. Prende la parola il costruttore, Massimo Moretti, general manager di Cds holding: “Genova può diventare una nuova San Francisco”. Moretti ringrazia Toti, ai domiciliari, sostituito per l’occasione dal vice Alessandro Piana. La metafora sarebbe piaciuta al governatore, che in passato parò di trasformare l’isola Palmaria in una nuova Capri, e la Liguria in una Miami. La lottizzazione della Palmaria è al centro dell’inchiesta di Genova. A condire il modello “Florida” totiano ci sono poi le trasformazioni di varie ex colonie in alberghi extra-lusso. Una di queste, a Celle Ligure, è al centro di un altro filone dell’indagine ligure, che riguarda presunti favori all’imprenditore Aldo Spinelli. L’operazione Waterfront è monitorata dalla Corte dei Conti. La ristrutturazione dell’arena sportiva era l’unico onere imposto ai privati. Ma è finita che, a ristrutturazione avvenuta, il Comune si è ricomprato a 23 milioni una struttura che aveva venduto a 13. Solo che mentre il vecchio Palasport aveva 15mila posti, il nuovo non arriva a 5mila, persi a favore di 28mila metri quadrati di aree commerciali. Risultato: una struttura sportiva minuscola, inadatta a grandi eventi. Più in generale, il Waterfront si sta trasformando in una gigantesca privatizzazione, a carico dei contribuenti: il progetto doveva essere sostenuto quasi per intero da investimenti privati, ma sono stati aggiunti in corso d’opera 180 milioni di euro di fondi pubblici. Dal progetto originario lo studentato è stato sostituito da appartamenti di lusso, 11 dei quali acquistati da Spinelli, ai domiciliari perché sospettato di aver corrotto Toti (per altre vicende). La vendita delle case è affidata a Gabetti Immobiliare, per cui lavora come brand ambassador Gigliola Piciocchi, sorella del vicesindaco Pietro Piciocchi, deus ex machina del progetto. “Sembrerebbe quasi beneficenza – attacca il segretario del Pd genovese Simone D’Angelo – se non fosse che si parla di soldi pubblici dati a privati”.

FONTE:

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(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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