Nonostante i servizi degli ospedali migliorino, l’assistenza sul territorio e, soprattutto, i servizi di prevenzione come le vaccinazioni e gli screening peggiorano. Aumentano anche le differenze tra le aree del Paese: il divario tra Sud e Nord è sempre maggiore. Soltanto due Regioni meridionali garantiscono pienamente ai propri cittadini i Livelli essenziali di assistenza (Lea). “Il monitoraggio del ministero della Salute sulle cure essenziali conferma che la frattura strutturale tra Nord e Sud del Paese non solo non accenna a ridursi, ma addirittura si amplia”, afferma in una nota Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, che ha studiato le tendenze della sanità pubblica dopo i nuovi dati diffusi in queste ore. Il peggioramento, secondo Cartabellotta, avviene “proprio nel momento in cui entra in vigore la legge sull’autonomia differenziata”.
Gimbe spiega che, rispetto al 2021, nel 2022 le Regioni capaci di garantire i servizi sanitari in tutte e tre aree di valutazione – quella dell’assistenza ospedaliera, quella dell’assistenza territoriale e quella della prevenzione – scendono da 14 a 13. A retrocedere è l’Abruzzo, a causa del punteggio insufficiente nell’area della prevenzione. Le 13 che riescono a garantire tutti i servizi sono: Basilicata, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Provincia Autonoma di Trento, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria e Veneto. Tra le Regioni e Province Autonome che non garantiscono i Lea, sono al Nord soltanto la PA di Bolzano (insufficiente in una sola area) e Valle d’Aosta (insufficiente in tutte e tre le aree).
Quando le tre aree vengono valutate insieme, la differenza Nord-Sud si può notare ancora di più: “Infatti, ai primi 10 posti si trovano 6 Regioni del Nord, 4 del Centro e nessuna del Sud, mentre nelle ultime 7 posizioni – fatta eccezione per la Valle D’Aosta – si collocano solo regioni del Mezzogiorno“, aggiunge il presidente Gimbe. Nemmeno i dati sull’andamento delle singole Regioni sono rassicuranti: nel 2022 circa la metà ha performance inferiori al 2021, trainate al ribasso soprattutto dall’area della prevenzione che, su scalanazionale, registra una perdita complessiva di 146 punti. Gimbe però spiega che potrebbe aver inciso il passaggio alla nuova Anagrafe Vaccinale Nazionale.
Pierino Di Silverio, segretario nazionale dell’Anaao Assomed (sindacato più rappresentativo dei medici del servizio sanitario nazionale), sottolinea che questi dati “non sono una sorpresa”. “Il ritardo storicamente accumulato tra Meridione e Settentrione in termini di accessibilità e di rispetto dei Lea è sotto gli occhi di tutti da molto tempo. Per questo da tempo chiediamo interventi, come una modifica alla redistribuzione del fondo sanitario nazionale. Invece la risposta è stata l’autonomia differenziata”, aggiunge. “Se già oggi c’è questo ritardo, ora cosa succederà?”, si chiede. A preoccupare è anche la delega alle Regioni delle competenze sulle professioni. “Ciò rischia di creare, oltre alla mobilità sanitaria dei cittadini, una mobilità dei professionisti, che impoverirà ancora di più le Regioni del Sud”, conclude Di Silverio.
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POLITICA
I livelli di assistenza sanitaria diminuiscono in tutto il Paese. E si allarga il divario tra Nord e Sud
Nonostante i servizi degli ospedali migliorino, l’assistenza sul territorio e, soprattutto, i servizi di prevenzione come le vaccinazioni e gli screening peggiorano. Aumentano anche le differenze tra le aree del Paese: il divario tra Sud e Nord è sempre maggiore. Soltanto due Regioni meridionali garantiscono pienamente ai propri cittadini i Livelli essenziali di assistenza (Lea). “Il monitoraggio del ministero della Salute sulle cure essenziali conferma che la frattura strutturale tra Nord e Sud del Paese non solo non accenna a ridursi, ma addirittura si amplia”, afferma in una nota Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, che ha studiato le tendenze della sanità pubblica dopo i nuovi dati diffusi in queste ore. Il peggioramento, secondo Cartabellotta, avviene “proprio nel momento in cui entra in vigore la legge sull’autonomia differenziata”.
Gimbe spiega che, rispetto al 2021, nel 2022 le Regioni capaci di garantire i servizi sanitari in tutte e tre aree di valutazione – quella dell’assistenza ospedaliera, quella dell’assistenza territoriale e quella della prevenzione – scendono da 14 a 13. A retrocedere è l’Abruzzo, a causa del punteggio insufficiente nell’area della prevenzione. Le 13 che riescono a garantire tutti i servizi sono: Basilicata, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Provincia Autonoma di Trento, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria e Veneto. Tra le Regioni e Province Autonome che non garantiscono i Lea, sono al Nord soltanto la PA di Bolzano (insufficiente in una sola area) e Valle d’Aosta (insufficiente in tutte e tre le aree).
Quando le tre aree vengono valutate insieme, la differenza Nord-Sud si può notare ancora di più: “Infatti, ai primi 10 posti si trovano 6 Regioni del Nord, 4 del Centro e nessuna del Sud, mentre nelle ultime 7 posizioni – fatta eccezione per la Valle D’Aosta – si collocano solo regioni del Mezzogiorno“, aggiunge il presidente Gimbe. Nemmeno i dati sull’andamento delle singole Regioni sono rassicuranti: nel 2022 circa la metà ha performance inferiori al 2021, trainate al ribasso soprattutto dall’area della prevenzione che, su scala nazionale, registra una perdita complessiva di 146 punti. Gimbe però spiega che potrebbe aver inciso il passaggio alla nuova Anagrafe Vaccinale Nazionale.
Pierino Di Silverio, segretario nazionale dell’Anaao Assomed (sindacato più rappresentativo dei medici del servizio sanitario nazionale), sottolinea che questi dati “non sono una sorpresa”. “Il ritardo storicamente accumulato tra Meridione e Settentrione in termini di accessibilità e di rispetto dei Lea è sotto gli occhi di tutti da molto tempo. Per questo da tempo chiediamo interventi, come una modifica alla redistribuzione del fondo sanitario nazionale. Invece la risposta è stata l’autonomia differenziata”, aggiunge. “Se già oggi c’è questo ritardo, ora cosa succederà?”, si chiede. A preoccupare è anche la delega alle Regioni delle competenze sulle professioni. “Ciò rischia di creare, oltre alla mobilità sanitaria dei cittadini, una mobilità dei professionisti, che impoverirà ancora di più le Regioni del Sud”, conclude Di Silverio.