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Attualità

La ex centrale nucleare del Garigliano in comune di Sessa Aurunca non ospiterà opere d’arte terremotate

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L’IDEA DI FRANCESCHINI

Beni culturali nelle centrali nucleari: salta il piano del Pnrr per bonificarle

I TRE SITI SI SFILANO – I fondi dimezzati a 140 mln. Ora si prova con le ex caserme ma soldi a rischio dopo tre anni persi

DI LEONARDO BISON 
2 LUGLIO 2024

Le ex centrali nucleari del Garigliano (Caserta), Caorso (Piacenza) e Bosco Marengo (Alessandria) non ospiteranno depositi temporanei per opere d’arte terremotate. Non dovrebbe stupire: chi può pensare di infilare depositi di beni culturali in siti nucleari in corso di bonifica E invece, fino alla settimana scorsa, il Pnrr italiano prevedeva proprio quello: 300 milioni stanziati nei primi progetti, voluti dall’ex ministro Dario Franceschini, scesi a 140 l’anno scorso, quando già una delle 3 centrali (Caorso) era stata sostituita da una caserma dismessa a Palmanova (Udine). Giovedì scorso il Ministero della Cultura ha ufficializzato anche l’uscita dal progetto delle ultime due centrali rimaste, Bosco Marengo e Garigliano: Sogin, la società partecipata pubblica che gestisce le ex centrali, il 19 febbraio ha comunicato al MiC la non fattibilità degli interventi nei tempi del Pnrr. Il MiC, in fretta e furia, ha trovato altre due caserme da infilare nel progetto per non perdere i soldi: lo stabile della zona ex Paip 1 a Matera, e la Caserma Gamerra a Venaria Reale (Torino).

Alla fine l’Italia avrà i 5 megadepositi per beni culturali immaginati nel 2021 dall’ex ministro, ma, uscite di scena le centrali nucleari, i soldi necessari saranno molto meno dei 300 milioni preventivati (l’ultimo riparto fondi parla di 140 milioni). Con stanziamenti importanti concentrati in pochi luoghi, nonostante quasi tutti i territori italiani abbiano spazi insufficienti per le emergenze: 50 milioni per la caserma Cerimant a Roma, 30 per Palmanova, 20 milioni per le Casermette di Camerino, Matera e Venaria Reale. da spendere entro il 2026.

La vicenda del progetto è emblematica. Nel marzo 2021 Franceschini, presentando l’idea, parlava di “centrali già dismesse e già bonificate”. Non era vero: tutte e tre richiedevano complessi lavori di bonifica e decommissioning, forse il vero obiettivo del progetto. Non si capiva nemmeno come fossero state scelte le centrali, lontante da aree sismiche. Nel primo progetto, peraltro, c’erano 4 dei 5 siti individuati concentrati tra Caserta e l’Emilia, nessuno a Nord-Est o più a Sud, e non era chiaro chi avrebbe curato i depositi nelle centrali, dato che Sogin non si occupa di beni culturali.

Nel settembre 2022 la prima esclusione, la centrale di Caorso non è adatta, non c’è fattibilità, entra Palmanova. A marzo 2023, dopo continui colloqui con Sogin, i fondi per il progetto passano da 300 a 140 milioni: solo spazi limitati delle due centrali rimanenti potranno essere convertiti in tempo. Col passare dei mesi (da agosto 2023 Sogin, dopo un anno di commissariamento, ha un nuovo amministratore delegato) diventa chiaro che anche i progetti a Garigliano e Bosco Marengo sono inattuabili, con buona pace degli annunci stampa. Al Garigliano oggi procedono rapidi i lavori per il nuovo deposito temporaneo per rifiuti radioattivi a bassa e media attività provenienti dallo smantellamento della centrale, comunica Sogin. Mentre i 160 milioni recuperati – finora – dal MiC finanzieranno l’adeguamento sismico di luoghi di culto, torri e campanili. Pare abbia senso, eppure tre anni sono stati persi: ora si farà tutto in emergenza, entro il 2026. Forse.

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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