Gli italiani bevono sempre meno vino. Per le Doc tricolori una cattiva annata
Gli italiani bevono sempre meno vino. Per le Doc tricolori una cattiva annata
di Alessandro Cicognani
Consumi dimezzati e prezzi in aumento. E i cugini francesi si allontanano
GLI italiani bevono sempre meno vino. La discesa nei volumi è costante da sessant’anni e i numeri cominciano a risentirne.
Perché comunque la si guardi, la 2023 per il panorama viticolo nazionale non è stata certo un’ottima annata.
Non lo è stata per i raccolti: 38,3 milioni di euro di ettolitri sono i più “magri” degli ultimi 76 anni. Non lo è stata per le principali metriche economiche: il fatturato complessivo ha chiuso al ribasso di uno 0,2% secondo l’ultima relazione di Mediobanca, e le cifre dell’export hanno visto una flessione dello 0,8% sia in volumi che in valore (fonte Nomisma).
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23 Giugno 2024
L’imbottigliato
Ma non lo è stata nemmeno per ciò che riguarda i numeri dell’imbottigliato. Ad attestarlo è il nuovo annual report firmato da Valoritalia, la società leader in Italia autorizzata per il controllo e la certificazione dei vini.
«È stato un anno di forti contrasti», premette il presidente Francesco Liantonio, prima di cominciare a mettere in fila le percentuali: «da un lato — specifica — i vini Igt hanno realizzato una performance sorprendente, con una crescita annua del 16,5%, equivalente a oltre 97,6 milioni di bottiglie; dall’altro, le Doc hanno registrato un calo degli imbottigliamenti del 2,8% e le Docg addirittura dell’8%».
Queste performance divergenti hanno condizionato il risultato economico finale dell’anno, che ha comunque dovuto mettere in archivio un — 1,3%. I fatturati delle maggiori imprese vinicole italiane lo confermano con cali fino al 3%. «Le do un altro dato — interviene Liantonio — delle prime trenta denominazioni italiane, che da sole valgono il 91% del giro d’affari dei vini a marchio Doc e Docg, solo sette hanno chiuso il 2023 in positivo».
A 20 milioni
La verità, quella vera, è che tutto ciò è figlio principalmente del drastico calo dei consumi. Se negli anni Sessanta in Italia si consumavano oltre 50 milioni di ettolitri di vino all’anno, dal 2020 la media è ferma intorno ai 20 milioni.
Ma mentre il mercato interno si riduceva, la giostra del vino nazionale aveva trovato nell’export la sua grande ancora di salvezza per mantenere i conti in ordine, tanto che l’Italia è diventata il maggior esportatore al mondo.
Purtroppo però, e qui il quadro si fa preoccupante, anche il consumo mondiale ha messo il freno a mano. E nel 2023 è sceso del 2,6%, fermandosi a 221 milioni di ettolitri (Mediobanca).
Ad allarmare è soprattutto l’aria di tempesta che si respira negli Stati Uniti, principale canale di sbocco estero per il vino italiano, che nel 2023 ha diminuito le proprie importazioni dell’8,1%.
“Innalzare il prezzo”
Non tutti i mali però vengono per nuocere. Già esponenti autorevoli come il presidente dell’Unione italiana vini, il produttore Lamberto Frescobaldi, avevano dichiarato che per la viticoltura italiana era arrivata l’ora di un rebranding, orientato a innalzare il prezzo medio delle bottiglie.
E adesso al coro si unisce anche la voce del presidente di Valoritalia. «La strada da perseguire deve essere quella della qualità — commenta convinto — e questo vuol dire ragionare su nuove politiche di prezzo, che puntino a posizionare i nostri prodotti su una fascia più alta».
La Francia insegna e il gap coi cugini d’oltralpe è ancora alto, specie quando si parla di bollicine, dove il prezzo medio al litro è tre volte superiore. I numeri dell’export lo testimoniano, perché se l’Italia è il maggior esportatore di vino al mondo per volumi, in termini di valore i nostri 7,7 miliardi di euro intimidiscono difronte ai 12 delle maison francesi.
Guardando al bacino delle etichette certificate da Valoritalia nel 2023, il percorso sembra essere stato in parte già avviato, dato che rispetto al 2022 il prezzo medio per ettolitro è cresciuto del 19%.
I maggiori costi
«Qualche passo è stato fatto — conferma Liantonio — ma bisogna tenere conto che questi numeri sono anche il frutto dei maggiori costi sostenuti dalle aziende, che in quota parte sono stati traslati sui consumatori, generando una risalita dei prezzi».
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)