P. Manuel João: “Noi malati abbiamo una vocazione specialissima, preziosa per tutti”
Il 21 giugno si celebra la Giornata mondiale della Sclerosi laterale amiotrofica (Sla), una malattia neurodegenerativa progressiva che colpisce i motoneuroni, le cellule nervose responsabili della contrazione dei muscoli volontari. Questa malattia porta alla paralisi progressiva dei muscoli, inclusi quelli della respirazione, e attualmente non esiste una cura efficace per contrastarla. In Italia si stima che ci siano più di 3.500 persone affette da Sla, con circa 1.000 nuovi casi diagnosticati ogni anno. A livello mondiale, l’incidenza della Sla è di circa 1-3 casi ogni 100.000 abitanti all’anno (dati dell’Osservatorio malattie rare).
La Giornata mondiale della Sla è un evento importante per sensibilizzare il pubblico e raccogliere fondi per la ricerca. La data del 21 giugno è stata scelta per il solstizio d’estate, simbolo di rinascita e di speranza.Quando sentiamo parlare di Sla, come d’altronde di altre malattie rare, è inevitabile pensare a qualcosa di tremendo che tronca l’esistenza di una persona e mette a dura prova la vita di una intera famiglia che, di colpo, si trova a dover gestire una situazione assai complessa. La prima reazione davanti ad un simile prognosi è l’incredulità, poi lo sgomento ed infine il panico, prima di ritrovare un nuovo equilibrio, in un certo qual modo.
Sì, si tratta davvero di un terremoto esistenziale nella vita di una persona, ma non bisogna cedere al panico o allo scoraggiamento. Dopo le scosse iniziali è possibile raggiungere una fase di progressivo assestamento e re-imparare a vivere. Ad una condizione, però! Che il sostegno umano e sociale avvolgano paziente e famiglia in una catena di solidarietà umana. Quando ci capita una situazione del genere possono venire meno tutte le convinzioni e certezze della vita e, addirittura, il senso stesso dell’esistenza. È possibile risollevarsi da una simile batosta Rispondo decisamente: SÌ. Sono anch’io affetto da Sla e completamente paralizzato. Muovo solo gli occhi ed è con questi (e con il cuore!) che vi scrivo, tramite un puntatore oculare, una delle tante meraviglie della tecnica, oggi accessibile a tutti i malati in Italia. Vorrei portare a tutti i miei fratelli e sorelle, compagni di cordata in questo nostro così insolito sentiero della vita, una parola di saluto e di incoraggiamento.
Certo, la fede alimenta in me la fiamma dell’ottimismo e la serenità, che mi hanno sempre accompagnato nella malattia. Sono convinto, però, che tutti portiamo in noi delle potenzialità che nemmeno noi sospettiamo e che emergono proprio in situazioni limite come la nostra. Sono persuaso che il senso innato della bellezza e bontà della vita è capace di superare ostacoli che sembrano insormontabili. Sono certo che la voglia di vivere può sconfiggere questo macigno della Sla che sembra bloccare tutte le prospettive di vita. Penso al seme di un albero (l’albero della speranza!) che, schiacciato da una roccia, è capace, pian piano, di frantumarla. Se c’è una convinzione che è venuta crescendo in me con la malattia è proprio questa: la vita è generosa e non ci chiude mai tutte le porte, non ci blocca in una via senza uscita. Se ci chiude certe porte o spegne dei sogni che avevamo a lungo accarezzatati, ci apre altre porte e ci offre altre possibilità di vita. Basta non intestardirci davanti alle porte chiuse. La vita è bella, amo dire anch’io. Non lasciamo che la malattia ci rubi la voglia di vivere!
Permettetemi di aggiungere una ultima osservazione. Spesso sperimentiamo un senso di colpa perché ci sentiamo un peso per la famiglia, per quanti si prendono cura di noi, per la collettività… Ebbene, oserei dire che non è così. Noi siamo anche una risorsa per la società. Noi abbiamo una “vocazione” specialissima, dura per noi e per quanti ci stanno accanto, ma preziosa per tutti. A noi incombe l’arduo e urgente compito di essere una sfida, un pungolo per una società che si sta disumanizzando, adoperando sempre più una mentalità efficientista ed utilitarista che scarta facilmente quanto non “serve”! Noi, come tanti altri in una situazione simile alla nostra, siamo l’incarnazione di un appello urgente all’umanizzazione della nostra società. Il giorno in cui essa ci tratterà come merce di scarto, la nostra civiltà sarà morta e la rimpiazzerà la barbarie!
(*) missionario comboniano
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