Il Meridione d’Italia è terra di eremi fin dai tempi più remoti della comparsa del Cristianesimo e la loro diffusione ebbe una potente spinta con l’arrivo, dall’Oriente, dei monaci basiliani.
Spesso presenti in luoghi davvero inaccessibili, picchi collinari, anfratti rocciosi o vere e proprie caverne, l’eremo di Santa Lucia di Sarno (SA) è sicuramente uno dei più affascinanti sia per la posizione letteralmente incassata sul fondo di una grotta che si apre nell’alto di una parete di roccia verticale, sia per l’aspetto dei ruderi che ricordano vagamente quello dei pueblos che in luoghi analoghi venivano costruiti al di là dell’oceano dai nativi dell’Arizona e del Nuovo Messico.
Altrettanto suggestivo è il sentiero da percorrere per arrivare a questo tesoro nascosto tra i monti, dimenticato per lungo tempo dopo il suo abbandono definitivo nel Settecento.
Il modo più pratico per raggiungere l’eremo è quello di seguire una breve strada di montagna che porta in direzione della località Piano della Colla, un ampio pianoro posto a 410m di altezza tra i monti Saro e Saretto, utilizzato da tempo immemore per il pascolo dei bovini.
La strada si presenta asfaltata per un buon tratto, poi bisogna lasciare l’auto e proseguire in salita a piedi lungo una sterrata per gli ultimi 300 metri fino a giungere alla cartellonistica che indica con una certa chiarezza il percorso da fare.
Va tenuto presente che non si tratta di una escursione per principianti. Per quanto si tratti di un sentiero CAI, il n. 431, segnato con le classiche marcature rosso-bianche, non sempre il tracciato è pulito perché in alcuni tratti si attraversa una vegetazione molto fitta che, soprattutto in estate, tende a chiudere completamente il percorso. Inoltre diversi tratti si presentano abbastanza impegnativi, sia come impegno fisico, sia per il fatto di essere abbastanza esposti verso la profondità dell’omonimo Vallone Santa Lucia, tristemente noto per la frana che nel 1998 da qui prese inizio causando numerose vittime a valle.
Anche le indicazioni lungo il percorso sono purtroppo assenti perché, pur poste in epoca recente, sono state oggetto di vandalismo e rimosse da ignoti.
Il consiglio, pertanto, è quello di affidarsi a una guida ambientale esperta del luogo.
Fatte queste prime considerazioni, va detto che si tratta di una autentica immersione nella natura selvaggia che offre il meglio durante i mesi primaverili, sia per la temperatura mite, sia per le bellissime fioriture del periodo, su cui prevalgono particolarmente le ginestre che si incontrano per gran parte del percorso. Ma si incontrano in maniera dominante anche il lentisco, il mirto, il leccio, la roverella, la carpinella e fiori di ogni genere.
Imponente il panorama di cui si gode da alcuni punti, sia verso l’agro sarnese con la vista che spazia verso la Penisola Sorrentina e l’isola di Capri, sia verso tutti i profili collinari in direzione di Salerno, fino al Monte San Liberatore. E, a terminare ogni scena, l’orizzonte del mare.
Quella che si percorre è un’antica via che nei secoli passati congiungeva Sarno a Siano e Bracigliano, un tempo utilizzata soprattutto dai pastori, oggi rivitalizzata grazie all’amministrazione locale, al CAI e ad associazioni ambientaliste locali.
La parte terminale è tutta in discesa e conduce ai piedi della grotta di Santa Lucia, sul cui fondo l’eremo sembra dominare dall’alto tutta la scena.
Notizie storiche sull’eremo di Santa Lucia
Le notizie storiche di questo luogo sono poche e scarne. Sicuramente la piccola chiesa intitolata a Santa Lucia vergine e martire fu eretta in epoca bizantino-normanna, verosimilmente intorno all’anno Mille.
Un antico documento conferma la sua attività negli anni 1308-1310 in riferimento alle decime pagate dal suo rettore, l’abate Giovanni Bonamanto. Da altra documentazione risulta che nel Cinquecento questa chiesa «supra montem, intus vallonem et in caverna» era retta dal parroco Guglielmo de Amato, aveva una campana, due altari con l’immagine di Santa Lucia tra i Santi Pietro e Paolo e di Santa Lucia con la Madonna.
Adiacenti vi erano alcuni locali, ancora visibili, e una cisterna che raccoglieva l’acqua proveniente dalla montagna. Dopo tale periodo venne abbandonata fino al Settecento, quando fu oggetto di un nuovo restauro e affidata al Seminario.
Anche stavolta ebbe però vita breve, probabilmente per la posizione di non facile accesso, e fu abbandonata in maniera definitiva.
Si può dire che scomparve anche dalla memoria collettiva fino a qualche decennio fa, quando venne riscoperta e nuovamente resa raggiungibile da appassionati volontari.
Come visitare l’eremo di Santa Lucia
Per raggiungere questo straordinario luogo in tutta sicurezza consiglio di contattare la guida ambientale che probabilmente conosce meglio queste montagne: Peppe Fiore al 389.1975751.
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