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Attualità

*A chi risponde il potere?* di Vincenzo D’Anna*

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*A chi risponde il potere?* di Vincenzo D’Anna*

I fatti, si sa, sono opinioni testarde e come tali non soggetti a piegarsi alle congetture verbali. Intendiamoci: non sono mancati né mancano nella Storia i tentativi di “rimodulare” la verità falsificandola. Paradossalmente, questi tentativi si sono incrementati nell’era digitale che contraddistingue il terzo millennio. La capillare diffusione delle notizie attraverso i moderni mezzi di comunicazione ha consentito, infatti, ad un numero sempre più enorme di persone di potersi fare parte attiva degli eventi, aggiungendo opinioni o critiche a proprio piacimento. Così divulgati e valutati, tuttavia, i fatti diventano oggetto di manipolazioni, spesso basate sul “sentito dire”, divenendo ostaggio del pregiudizio e delle idiosincrasie di chi vi si accosta senza cognizione di causa. La Storia stessa diventa cronaca e gli episodi che la costituiscono si trasformano in semplici opinioni. Ora, la banalizzazione della Storia e l’opinabilità dei fatti creano confusione una volta immessi nel vasto circuito dei social fino a diventare oggetto di stereotipi o pregiudizi che ne devastano i contorni e l’attendibilità. Insomma se tutto diventata aleatorio tutto potrà essere assoggettato alle finalità di chi li commenta e li giudica senza alcun parametro di veridicità. In questo contesto di perpetua interpretazione delle cose obiettive e tangibili la verità storia potrà diventare nota solo dopo decenni una volta che essa sarà finita al vaglio degli storici di mestiere. Nel frattempo, nell’immediato, di niente avremo certezza e contezza e tutto resterà non acclarato in via definitiva . Se la Storia è maestra di vita, vivremo nel dubbio che gli accadimenti siano sempre e comunque provvisori e come tali inutilizzabili per orientare la nostra esperienza di vita. Un umanità, insomma, disarmata nonostante disponga di migliaia di informazioni che però sono svalutate e sprovviste di un valore storico. Sovviene in proposito la massima di Nicolò’ Macchiavelli che “ il governare è lasciar credere”, che il potere, oltre alla sua forza di persuasione violenta, abbia dalla propria anche la possibilità di incanalare la storia verso approdi che convengono a chi gestisce il governo. A questa logica risponde l’odierna stagione politica, costruita sull’eterna polemica dei contraddittori tra chi comanda e chi si oppone. Basta guardare i telegiornali e le asserzione pre confezionate dei rappresentanti dei partiti (o meglio: dei loro simulacri) per dedurre che alla fine al cittadino non resti altro che accontentarsi di scegliere tra due contrastanti versioni dei fatti. Un eterno dilemma che non approderà mai alla realtà dei fatti stessi. L’elettore, ignaro della verità, finirà per scegliere per mero moto emozionale e non intorno ai fatti certi che lo riguardino veramente sul piano sia etico che pratico. Un esempio viene dagli scandali che in questi giorni stanno investondo di nuovo la politica. Ora, a prescindere dalle varie genesi, ecco formarsi, nell’immediatezza degli eventi , due schieramenti alternativi: uno che tende a puntare il dito contro l’avversario; l’altro che punta a giustificarsi ed a minimizzare l’accaduto, salvo assumere posizioni diverse, scambiandosi i ruoli, nel momento in cui cambia il colore politico del presunto corrotto. A nessuno interessa debellare il fenomeno della commistione tra potere ed imprenditori, tra interesse generale e particolare. A nessuno interesserà stroncare la pratica dei benefici che derivano dalla disponibilità del potere politico verso i blocchi clientelari e le comode pratiche del finanziamento occulto. Interessa, secondo i casi di specie, erigere patiboli e colonne infami o viceversa “insabbiare” gli eventi. Quindi resta inevasa la domanda: a chi risponde oggi come oggi il potere? Al cittadino oppure agli interessi di gruppi economici finanziari? La premier Giorgia Meloni nello spiegare la sua idee di riforma della Costituzione, ossia il premierato (leggi: elezione diretta del presidente del Consiglio dei Ministri), ha giustamente affermato: “se il primo ministro viene eletto dal popolo questi sarà chiamato a dare conto al popolo ed a nessun altro”. Ottima riflessione quella della leader di FdI, ma anche i governatori delle Regioni vengono eletti dal popolo. Eppure questo non li esime certo dall’intessere rapporti ambigui con gli imprenditori!! Il nodo viene al pettine a prescindere dalla modalità di elezione. Ed è quello gordiano che richiede di ripensare la forma giuridica dei partiti politici facendone non più semplici associazioni private ma dei soggetti di diritto pubblico. Assoggettati al controllo amministrativo e contabile di un’Autority, salva ed assolutamente autonoma la parte riguardante l’attività politica. Se gli eletti operano in un contesto politico -organizzativo di stampo democratico oltre che trasparente, forze politiche plurali al loro interno e senza zone d’ombra, la corruttela sarà emarginata insieme ai maneggioni che, personalizzando il potere, rispondono a tutti ed in particolare a chi li ha foraggiati, fatta eccezione proprio di chi li ha votati. Fino a quando si ignorerà la rifondazione dei partiti ed i necessari controlli su di un esclusivo finanziamento pubblico, la venalità e la corruzione dormiranno sonni tranquilli*già parlamentare

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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