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Ruviano. La storia di Giuseppe Esposito, patriota morto per la Libertà, curata dallo storico Michele Russo

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Da tempo m ero ripromesso di dare il mio contributo concreto alla memoria dei partigiani che con i loro sacrifici, a volte estremi, consentono a noi viventi oggi di assaporare la democrazia e la libertà.

E lo faccio raccontando la storia di un giovane ruvianese, Giuseppe Esposito, caduto eroicamente in combattimento da partigiano nella ex Jugoslavia.
E’ l’ultima mia recente scoperta (di cui senza falsa modestia vado fiero) che dopo ottanta anni colma una lacuna, i luoghi di morte e sepoltura di Giuseppe, che lo Stato, come leggerete, non è riuscito mai a colmar,e tanto che egli, negli elenchi dei caduti, risulta ancora come disperso.
Finalmente è possibile dare una risposta concreta ai congiunti che tanto hanno fatto per ritrovare le spoglie del loro caduto senza poter mai piangere sulla sua tomba.
Ma veniamo alla storia. Durante la seconda guerra mondiale l’Italia fascista occupò buona parte del territorio jugoslavo.
Dopo l’8 settembre decine di migliaia di soldati italiani si trovarono smarriti, senza ordini, abbandonati al loro destino in Grecia, in Albania, e, appunto, in vasti territori della ex Jugoslavia. Alcuni si arresero, altri tentarono la fuga, altri furono giustiziati. In molti riuscirono in qualche modo non solo a capire che il vero nemico da combattere era il nazismo, ma incredibilmente, per le condizioni difficilissime in cui operavano, a coordinarsi e ad essere inquadrati all’interno dell’esercito di liberazione jugoslavo, che fino a poche settimane prima avevano combattuto.
Si tratta di eroi semplici, uomini che hanno combattuto in nome della libertà e che hanno dato un notevole contributo per la liberazione dell’Europa dal nazismo, tanto importante quanto dimenticato[1].
Tra questi vi fu Giuseppe Esposito nato a Ruviano il 3 settembre 1923. Secondo degli otto figli di Luigi e Rosaria Cusano (gli altri erano Antonio, Armando, Michele, Leonilde, Maddalena, Filomena e Anna, quest’ultima unica ancora vivente in Australia), Giuseppe era un ragazzone alto e dagli occhi azzurri che a vent’anni fu chiamato a combattere una guerra che non sentiva sua ma alla quale non poteva sottrarsi.
Qui comincia la sua tragica storia militare che lo portò a non rivedere più i genitori, i fratelli, gli amici e il luogo natio.
Fu inquadrato nel 9° Reggimento Fanteria, nella Divisione “Regina” e inviato a Rodi dove operò fino all’armistizio dell’8 settembre. Con lui erano anche altri due conterranei: Luigi Massaro di Ruviano (https://www.facebook.com/groups/4335025126562700/permalink/6314745638590629/) ed Emilio Ferrucci di Amorosi.
Sarò più preciso sulle tappe della vita militare di Giuseppe non appena riceverò copia del foglio matricolare di Luigi, già richiesta all’Archivio di Stato di Caserta.
Secondo il racconto di Luigi Massaro. partirono da Bari e raggiunsero l’isola dopo un giorno e una notte di viaggio. Qui era presente un importante contingente di circa 34.000 unità appartenenti all’esercito, alla marina ed all’aviazione.
Il governatore italiano dell’isola, Campioni, aveva uno Stato maggiore presso il Palazzo del Gran Maestro di Rodi a capo del quale era il generale di brigata Roberto Sequi, e dipendeva dal Comando Gruppo d’armate Est situato a Tirana.
Come racconta, il periodo dal 10 giugno 1940, data di ingresso dell’Italia nella seconda guerra mondiale, all’8 settembre 1943, data dell’armistizio, fu tutto sommato tranquillo per le forze italiane presenti nell’isola.
Ma i giorni 9, 10 e 11 settembre, quelli della cosiddetta battaglia di Rodi, furono terribili.
Da qui parte il periodo più brutto e pericoloso, durato tre anni, che lo hanno segnato fisicamente e psicologicamente per la vita. Non è questa la sede per ripercorrere le fasi della battaglia di Rodi, degli ordini e contrordini ricevuti dai soldati, dei tentativi di resistenza e alla fine della inevitabile resa alle truppe tedesche in parte già presenti nell’isola e in parte giunte per occuparla dopo l’armistizio; qui possiamo solo testimoniare, con le parole di Luigi, la paura, la fame, la frustrazione di essere prigionieri di coloro con i quali fino a un minuto prima si collaborava tranquillamente, la cattiveria, soprattutto dei fascisti italiani presenti sull’isola, che continuarono ad appoggiare e sostenere i tedeschi.
Durante il periodo di prigionia a Rodi furono molti gli italiani che tentarono la fuga via mare per sottrarsi alla prigionia, ma spesso i tentativi finirono male e gli uomini morivano in mare o venivano scoperti dai tedeschi.
A volte comunque le fughe avevano successo e, dopo una faticosa navigazione nell’Egeo, i soldati approdavano alle isole di Coo e Lero. Col passare del tempo la situazione di Rodi divenne disperata sotto il punto di vista alimentare: i tedeschi per risparmiare viveri trasferirono altrove civili e militari in licenza.
Poi man mano i prigionieri vennero imbarcati per la Grecia e da qui nei campi di internamento in Germania. Inizia così la vicenda degli Internati Militari Italiani (IMI) che decisero di non arruolarsi nell’esercito della Repubblica Sociale Italiana e furono inviati a migliaia e migliaia in Germania per lavorare nei campi di concentramento tedeschi (come avvenne per il sergente maggiore Nicola Giano, di cui ho raccontato la storia nell’ultimo volume dell’Archivio Storico del Caiatino).
Trasferiti da Rodi, Giuseppe, Luigi ed Emilio, insieme agli altri commilitoni, furono portati dai tedeschi prigionieri via mare a Belgrado dove riuscirono a fuggire dopo un bombardamento, scampando alla deportazione che portò tantissimi militari italiani nei campi di concentramento in Germania.
Sia Giuseppe che gli altri due commilitoni, Luigi ed Emilio, si unirono all’esercito di liberazione Jugoslava di Tito e all’interno delle formazioni partigiane combattendo i tedeschi per liberare la nazione dall’oppressione fascista e nazista.
Luigi Esposito ed Emilio Ferrucci riuscirono a tornare a casa dopo la fine della guerra. Giuseppe no. Era morto in combattimento, secondo le loro testimonianze, e fu sepolto in una fossa comune insieme agli altri caduti di quella battaglia.
Nulla di più preciso riuscirono a raccontare sul luogo di combattimento né su quello di sepoltura e quindi per tutti, lo Stato in primo luogo, Giuseppe risultava e risulta ad oggi disperso.
E qui comincia la storia delle ricerche delle spoglie del caduto da parte della famiglia che non si è mai data pace nel non sapere dove piangere il loro eroico congiunto.
Nel tempo ha sempre cercato la verità, trovando solo risposte aleatorie, come quella fornita a suo tempo dalla “Commissione Interministeriale per la formazione o la ricostruzione di atti di morte o di nascita non redatti o andati smarriti o distrutti per eventi bellici” che redasse l’atto di morte di Giuseppe, “appartenente all’Esercito Popolare di Liberazione Yugoslavo, dichiarandolo deceduto il 19 agosto millenovecentoquarantaquattro in Dapicinizzo a seguito di ferite riportate in combattimento contro i tedeschi e sepolto nella stessa località nel cimitero civile locale”.
Le puntuali ricerche eseguite non hanno consentito di individuare la località di Dapicinizzo, che risulta oggi essere inesistente. Che nel documento ci sia stata una erronea lettura di Dapćevica?
Ma c’è di più.
Ad una ulteriore richiesta formulata dalla famiglia il 23 agosto 2016 al Ministero della Difesa – Commissariato Generale per le Onoranze ai Caduti – Direzione Storico Statistica – Ufficio esteri e rimpatri, nel confermare il luogo di sepoltura e la data di morte riportati nell’atto citato, allegandolo in copia, scriveva “Purtroppo i Resti mortali del Suo Congiunto e la località di sepoltura non furono identificati. Tuttavia, La informo che tutte le Spoglie non identificate furono rimpatriate ed inumate definitivamente in forma ignota nel Sacrario Militare dei Caduti d’Oltremare di Bari, ove non è da escludere che riposino anche quelle del Partigiano Esposito Giuseppe”.
E così la famiglia, dovette mettersi l’anima in pace e andare a pregare il defunto a Bari. Ma era davvero sepolto lì?
Tempo fa Rosaria Esposito, venuta a conoscenza del mio interesse per i caduti e i reduci delle guerre nativi di Ruviano mi informò di questa storia affinché ricordassi anche Giuseppe Esposito che nel monumento ai caduti locale risulta “disperso”.
Le feci una promessa: provo a verificare se riesco a saperne di più. E l’ho mantenuta.
Quanto siano state superficiali le ricerche operate dalla Delegazione del Ministero della Difesa negli anni ’60 “in quei territori al fine di individuare i luoghi di sepoltura dei nostri Caduti e recuperarne le Spoglie” (citando quanto riportato nella mail di risposta del ’96) lo dimostra il fatto che nella ex Jugoslavia era ben conosciuto il luogo di sepoltura di Giuseppe Esposito.
In un volume del 1976 edito in Jugoslavia, che ricostruiva le vicende della Sedicesima brigata giovanile Jože Vlahović[2] , alla fine del libro viene riportato un elenco nominativo dei caduti della brigata ed in esso tra quelli italiani è menzionato: “Giuseppe Esposito, nato a Doviano (?), Italia, caduto il 20 agosto 1944 a Hergegovac, sepolto a Velika Dapćevica”.
La notizia viene poi riportata nel volume Racconti Garibaldini – Jugoslavia 1943-1945, di Giacomo Scotti, in italiano, del 2013.
Per ricostruire, quindi, le vicende che coinvolsero Giuseppe nel suo periodo di permanenza nelle fila dell’Esercito Popolare di Liberazione Jugoslava basta quindi seguire quelle della XII divisione e in particolare quelle della sedicesima brigata. E in futuro lo faremo.
Qui mi basta poter affermare che finalmente è chiaro dove Giuseppe fu ucciso e dove fu sepolto, senza ombra di dubbio, in quanto il nome, la data di morte (coincidenti tra i dati del Ministero della Difesa e quelli jugoslavi) e il Ruviano male letto in Doviano col punto interrogativo, e quindi non certo neppure a chi lo annotò, palesemente coincidenti, sono i tre famosi indizi che in storia fanno la prova.
Giuseppe Esposito morì a Hergegovac il 20 agosto 1944 in combattimento contro i tedeschi e fu sepolto nel piccolo cimitero di Velika Dapćevica (il certificato di morte rilasciato dalla Commissione riporta la data del 19).
La prossima tappa sarà quella di scoprire se le sue spoglie sono ancora lì. La richiesta che ho formulato esattamente un mese fa al Consolato Italiano in Croazia, dove oggi si trova il paesino, non ha per ora prodotto alcun riscontro.
Ma non finisce qui. La storia di Giuseppe, ma anche quelle di Luigi ed Emilio meritano di essere ricordate nei libri di storia.
Quella di Giuseppe Esposito è infatti una storia esemplare di coraggio, altruismo e ricerca della libertà non personale ma collettiva. Al ritorno in patria preferì combattere per la libertà dei popoli contro l’oppressione nazista, donando la propria giovane vita a questa causa.
Il sacrificio più grande in favore della libertà e per questo è un eroe.
Ringrazio Rosaria Esposito, nipote di Giuseppe, fiamma che ha fatto accendere il mio interesse per questa triste ma eroica storia nonché fornitrice di molte delle notizie riportate.
Ringrazio altresì Pasqualina Massaro per la foto di Giuseppe ed Emilio e Ugo Izzo per le ricerche al Municipio.
[2]) Stevo Pravdić – Nail Redzić, 16. Slavonska omladinska nou brigada Jože Vlahović, Belgrado, 1976.
(Michele Russo  – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web© Diritti riservati all’autore)
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