Laido lài-do SIGNIFICATO Ripugnante, lercio, scellerato, sconcio
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Laido
lài-do
SIGNIFICATO Ripugnante, lercio, scellerato, sconcio
ETIMOLOGIA dall’antico francese laid, lait in provenzale, ‘brutto, ripugnante’, attraverso la voce francone ricostruita come laiþ ‘spregevole’, dall’ antico alto tedesco leid ‘sgradevole’.
- «Ha aperto bocca solo per fare battute laide.»
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)
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Questa parola, dall’estensione di significato non meno che pirotecnica, ci permette di attingere a una vena di disgusto ultramillenaria di matrice germanica — una vena poderosa, grazie a cui il laido è fiorito in un bouquet di significati a dir poco immondo.
Se iniziamo dal principio del laido italiano, notiamo subito che si tratta non di una parola popolare, ma di una squisita parola poetica — mutuata in ambito letterario, in parallelo dall’antico francese laid dei trovieri e dal provenzale lait dei trovatori, con significati di ‘brutto, ripugnante’.
Consideriamo bene questo fatto: per noi non è una parola domestica, cotta per secoli di oralità al focolare del brutto e del sudicio. È una parola che si affaccia alla lingua in un ambiente letterario e perciò non quotidiano, in cui subito le parole sono spinte ai loro limiti. Una parola con una tale verve (il disgusto è pur sempre un’emozione primaria) aveva tutte le carte in regola per risultare vincente. Difatti si fa popolare, è in uso da quasi ottocento anni e ha uno smalto che non li sente.
Seguendo la progressione dei significati del laido dobbiamo subito renderci conto che i pur ampi esiti italiani non sono che una frazione delle vie di significato intraprese dagli antecedenti di questo termine. In epoca remota esiste una radice protoindoeuropea leit-, col significato di ‘detestare’, che viene raccolta nella lingua protogermanica (la capostipite delle lingue germaniche moderne) e dà vita al leid dell’antico alto tedesco (col significato di ‘sgradevole’), che sentiamo ancora nella comune espressione tedesca «Es tut mir leid», ‘mi dispiace’). L’antico inglese leð (per inciso, ð è una la lettera chiamata eth e ha il suono ‘th’ dell’inglese ‘this’) dà vita all’inglese loath, che è ostile e ritroso. Il ramo francone invece, attraverso il termine ricostruito come laiþ (þ è la lettera thorn e ha il suono del ‘think’ inglese), approda in Francia con un tratto di ripugnanza, che è la base dei vocaboli da cui deriva il nostro laido.
Il laido è brutto, repulsivo, e questo carattere si associa immediatamente al sudicio, alla sozzura che ributta. Ci preoccupa trovare laida la casa dell’amica, valutiamo se possiamo rimettere la camicia ma no, è laida, e la gente laida di una certa compagnia non ci ispira grande fiducia.
Com’è naturale, il lercio materiale continua nel lercio morale. Il laido si fa da un lato scellerato (pensiamo ai laidi piani di un’organizzazione criminale) e dall’altro sconcio (pensiamo alle intenzioni laide della persona viscida, alle battute laide dello spettacolaccio).
Ecco: il laido suscita avversione, e lo può fare coprendo un’estensione concettuale smisurata. Se ci ripensiamo, nei soli casi che abbiamo citato possiamo intravedere l’insalubre, il macchiato, il trasandato e il volgare, l’abietto e lo scellerato, il riprovevole, il turpe lascivo, l’osceno, il triviale offensivo.
Ma in passato (che delicatezza) è stato anche il doloroso, il miserabile, l’infausto — e si parlava della laida morte, della laida vita.
Le possibilità che ancora oggi il laido ci offre sono vaste e immediate. Ma in particolare, ci permette di sfruttare la ricchezza di una concatenazione stretta di concetti — ogni segmento, ogni significato sfuma negli altri in maniera inestricabile e senza confusione.