In sala “Race for Glory” e “La terra promessa”. Su Sky torna “Call My Agent – Italia”
Adrenalina, resilienza e caparbietà. Tre aggettivi che legano tre titoli in uscita tra cinema e piattaforme. Anzitutto “Race for Glory. Audi vs Lancia” diretto da Stefano Mordini e con Riccardo Scamarcio, in veste di interprete, produttore e cosceneggiatore. Il racconto dell’epica impresa del 1983 nel mondo del rally che ha portato la Lancia sul podio. Nel cast Volker Bruch, Daniel Brühl e Katie Clarkson-Hill. Dal 14 marzo in sala con Medusa. Negli stessi giorni arriva finalmente nei cinema “La terra promessa” (Circuito Cinema, Movies Inspired), apprezzato film di Nikolaj Arcel in Concorso a Venezia80; protagonista un imponente Mads Mikkelsen, nel ruolo di un comandante dell’esercito che scommette sulla coltivazione delle aspre terre del Nord sul finire del XVIII secolo. Un western glaciale, spietato, che apre però al riscatto e a uno sguardo rinnovato sul senso della vita. Infine, su Sky dal 22 marzo la seconda stagione di “Call my agent – Italia”, serie cult targata Palomar che vede alla regia Luca Ribuoli e alla scrittura Lisa Nur Sultan. Torna il caotico ed esilarante mondo della CMA, agenzia che gestisce talenti di cinema e tv a Roma. Dal fortunato format francese “Dix Pour Cent”, la serie conferma ritmo, brillantezza e una chiara identità. La stagione è dedicata all’attrice Marzia Ubaldi, scomparsa a fine riprese. Il punto Cnvf-Sir.
“Race for Glory. Audi vs Lancia” (Cinema, 14.03)
A firmare la regia è la mano esperta di Stefano Mordini – suoi “Acciaio” (2012) e “Pericle il nero” (2016) -, ma a ben vedere a imprimere una chiara impronta identitaria sul progetto è Riccardo Scamarcio. “Race for Glory. Audi vs Lancia” nasce infatti dal suo desiderio di raccontare la figura di Cesare Fiorio, ex pilota GT e direttore sportivo dei team Lancia e Fiat, che ha segnato la storia del rally italiano nel decennio ’80. Scamarcio si intesta il ruolo di Fiorio, ma si mette in campo anche come produttore (insieme a Jeremy Thomas) e sceneggiatore, un copione scritto con lo stesso Mordini e Filippo Bologna.
La storia. Italia 1983, il team Lancia guidato da Cesare Fiorio è a caccia della vittoria nel campionato di rally. I numeri sono tutti dalla parte della scuderia Audi, dove figura il team manager Roland Gumpert (Daniel Brühl). Fiorio punta su una vettura leggera, che affida – con non poca astuzia – alla guida esperta del campione Walter Röhrl (Volker Bruch), refrattario alle corse e ritiratosi in campagna. Il campionato decolla tra avversità climatiche, testardaggine dei piloti, incidenti e gare mozzafiato…
Volevamo “rendere omaggio a uno sport epico come il rally (…). E per far ciò anche il linguaggio narrativo doveva assumersi dei rischi, allontanarsi dalla pulizia formale e patinata di molti film concepiti per le piattaforme e diventare un po’ ‘sporco’, ritrovare quell’adesione alla realtà, quell’azzardo e quella vitalità di un certo cinema militante degli anni ’70”. Sono le parole di Stefano Mordini, che aiutano da subito a mettere a fuoco perimetro del racconto e stile visivo. Mordini e Scamarcio costruiscono una narrazione che coniuga tensione sportiva, competizione e pathos con uno sguardo livido, anzi polveroso, con l’obiettivo di portare lo spettatore a bordo campo.
“Race for Glory” esce in sala nella stessa stagione del kolossal “Ferrari” diretto da Michael Mann con Adam Driver, in gara a Venezia80. I due film hanno punti di tangenza ma anche chiare differenze. In entrambi funziona bene, e molto, la resa della gara, lo spazio dedicato all’adrenalina su strada. E se in “Ferrari” Mann concede poi ampio spazio alla biografia e psicologia di Enzo Ferrari, ai suoi tormenti esistenziali (lasciati però inspiegabilmente appesi sul finale), in “Race for Glory” Mordini punta tutto sull’impresa sportiva e produttiva di Fiorio. Il racconto si fa dunque epico e trascinante. Una buona proposta, senza eccessivi sussulti. Per gli amanti del genere, ma non solo. Consigliabile, semplice, per dibattiti.
“La terra promessa” (Cinema, 14.03)
È uno dei regali inaspettati di Venezia80. Parliamo del film “La terra promessa” (“Bastarden”) diretto dal danese Nikolaj Arcel (suo è “Royal Affair” del 2012), affiancato da un eccellente Mads Mikkelsen. Il film, tratto dal romanzo di Ida Jessen, ci conduce nelle asperità delle terre del Nord Europa, uno scenario algido e lunare dai richiami western; uno spazio fisico che simboleggia al contempo la dimensione dell’animo del protagonista, il capitano Ludvig Kahlen, un uomo solo, chiuso in se stesso, il cui unico scopo è riuscire nell’impresa della coltivazione di terreni inospitali per chiedere poi al re un titolo nobiliare. La sua ossessione è l’ascesa, il riscatto sociale.
La storia. Danimarca 1755. Il capitano Ludvig Kahlen raduna tutti i suoi averi per un progetto ambizioso: la bonifica della brughiera nel Nord del Paese e la creazione di una colonia agricola. Spera così di poter ottenere un titolo nobiliare. I suoi desideri si scontrano subito con molte asperità, dalla terra che non si lascia coltivare all’invidia dei nobili locali che vorrebbero reprimere l’audacia del militare. Uniche alleate, insieme a una tempra caratteriale granitica, sono la domestica Ann Barbara (Amanda Collin) e una bambina nomade…
Il regista Arcel compone un grande affresco storico-epico che ricorda non poco l’orizzonte del western a stelle e strisce, per offrire una intesa e poetica riflessione sul nostro presente. Spesso siamo così “distratti” da ambizioni professionali e conquiste sociali, al punto da mettere in secondo piano – se non negare – valori primari e centrali nell’esistenza: amore, tenerezza e bisogno di condivisione. Arcel governa con padronanza e disinvoltura un racconto denso, imponente dal punto di vista realizzativo, rendendo il ritmo della storia fluido ed avvincente. Sembra una corsa all’oro nel Vecchio West, ma siamo nelle gelide terre del Nord; ancor più, siamo nelle praterie dell’animo di un’umanità errante e insicura, desiderosa di un’occasione di riscatto. Tanto del film poggia sull’interpretazione maiuscola di Mads Mikkelsen, abile nell’approfondire traiettoria interiore del personaggio e sua evoluzione. Rende con efficacia la sua durezza data dalla formazione militare e l’estrazione povera, che lo spingono a giocarsi l’occasione della vita. Nel tragitto, però, l’amore sconquassa tutto e aiuta a rivedere le priorità. Il film a Venezia80 ha ricevuto anche la menzione speciale del Premio Signis. Un film di impianto classico, di grande spessore. Consigliabile, problematico, per dibattiti.
“Call My Agent – Italia”, Stagione 2 (Sky-Now, 22.03)
Torna “Call my agent – Italia”. Su Sky e la piattaforma Now sono in arrivo i 6 nuovi episodi della seconda stagione. L’adattamento della serie francese “Dix pour cent” (Netflix), curato dalla Palomar, funziona e conferma tutte le sue potenzialità. La serie c’è, con stile, ritmo e brillantezza. Ottima la combinazione tra la regia di Luca Ribuoli e la scrittura di Lisa Nur Sultan. Tornano tutti i protagonisti – in testa Michele Di Mauro, Sara Drago, Maurizio Lastrico, Marzia Ubaldi ed Emanuela Fanelli – insieme a nuovi guest: Valeria Golino, Valeria Bruni Tedeschi, Gabriele Muccino, Claudio Santamaria, Serena Rossi e Sabrina Impacciatore.
Dalla visione dei primi due episodi, con protagonisti le due Valerie del cinema italiano, ovvero Golino e Bruni Tedeschi, ma anche la sorprendente coppia Muccino-Tognazzi (favolosi!), la serie dimostra di essere ancorata al binario della prima stagione, a quella indovinata formula che sa attingere al plot francese e al contempo muoversi spigliatamente nello scenario nazionale, romano, con una dovizia di citazioni, omaggi, riferimenti cinematografici e culturali.
Tra gli interpreti regolari in campo, lasciano il segno Sara Drago (una delle belle sorprese della serie) e la compianta Marzia Ubaldi, per quella sua ironia acuta e pungente. Una menzione speciale per il duetto Luana Pericoli, ovvero la magnifica Emanuela Fanelli, e Corrado Guzzanti: sono la parte più spassosa e irresistibile della serie, quel misto di comicità che si gioca tra copione e improvvisazione. Le loro gag, in primis quelle della Pericoli/Fanelli, meriterebbero un capitolo a parte. Uno spin-off! Che dire di più? Ottima la partenza, aspettiamo di vedere tutti e sei gli episodi – compreso quello di Sabrina Impacciatore madrina di Venezia, girato durante la Mostra del Cinema 2023 – per tracciare un bilancio. Sky intanto fa sapere che c’è già l’accordo per una terza stagione. Serie consigliabile, brillante, per dibattiti.
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