Pagina pà-gi-na SIGNIFICATO Facciata di un foglio, foglio; ciò che contiene, brano; vicenda rilevante
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Pagina
pà-gi-na
SIGNIFICATO Facciata di un foglio, foglio; ciò che contiene, brano; vicenda rilevante
ETIMOLOGIA voce dotta recuperata dal latino pàgina ‘foglio’, ma in origine ‘pergolato di viti’, da pàngere ‘conficcare’.
- «Leggo ancora una pagina.»
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)
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Non c’è persona che non sappia che cos’è una pagina — ossia un pergolato su cui vengono fatti crescere i tralci di vite. No? L’abbiamo già capito: questo è uno di quei giorni in cui facciamo un po’ di spazio perché accogliamo un’etimologia meravigliosa.
La lingua è un labirinto di metafore. Praticamente nessun significato scaturisce dal nulla, tutto si appoggia a qualcosa di precedente che viene rivisto, ripensato, riadattato.
Ora, la pagina è un oggetto raffinato, mica un sasso scheggiato. Non salta fuori da una buca, è il frutto di un’evoluzione tecnologica e culturale estremamente lunga. Ma notiamo questo: la pagina non è semplicemente il foglio. Anche in latino, arriva ad essere il foglio di papiro, ma prima è altro, qualcosa di più astratto.
Come resta chiaro nell’atto e nel risultato dell’impaginazione, la pagina è l’unità organizzativa del testo, che pensiamo in forma quadrangolare, per colonne. È un’organizzazione che in una certa misura precede il supporto, che può avere una varietà di applicazioni — anche se il più pronto e diffuso è sul foglio, fin dall’antichità. Ecco: ma da dove salta fuori questa idea astratta?
Col consueto respiro delle parole, che si agganciano al concreto dopo aver veleggiato nell’astratto, è partita da un concreto concretissimo e impressionante — quello che evocavamo all’inizio.
La colonna, il quadrangolo della pagina solcata da righe scritte scaturisce dal quadrangolo di una pergola su cui i sarmenti si avvinghiano e distendono: la suggestione originale consiste in righe sul foglio azzurro del cielo. Così la pagina, da pergola, si fa colonna di scrittura, precedente il libro stesso. E a ritroso, con passaggio molto più semplice, trae questo nome dal verbo pàngere, che significa ‘conficcare’ e rimanda direttamente al gesto del lavoro di costruzione della pagina-pergola.
Poi, come sappiamo, la pagina si fa foglio, o perfino singola facciata di foglio, poi ciò che la pagina contiene (come quando facciamo una pagina di conti), e quindi il brano; ma diventa anche — per la sua dimensione di unità narrativa — l’episodio rilevante (abbiamo pagine brillanti e pagine infami nella nostra storia). Anche questa qui, digitale, è una pagina; e d’altro canto sono pagine pure le facce delle foglie.
È una meraviglia semplice, ma estremamente eloquente. Ci testimonia come la radice prima della crescita della lingua sia un’osservazione studiosa, un ascolto poetico di ciò che c’è. Quando l’osservazione, quando l’ascolto è fine, le metafore sono pronte a solcare la lingua per millenni, dalla rivoluzione agricola a quella digitale e chissà quanto oltre.
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