Gli emendanti respinti
L’aula di Montecitorio ha bocciato anche gli emendamenti con cui le opposizioni chiedevano venisse prevista una disciplina transitoria. La richiesta era stata avanzata nei giorni scorsi dai presidenti delle Corti di appello e in un parere della sesta commissione del Csm, che verrà votato mercoledì 17 gennaio dal plenum. Respinta anche la richiesta dell’esponente dem Federico Gianassi di far tornare in Commissione la proposta di legge. Tra gli emendamenti respinti dalla maggioranza anche una proposta del Movimento 5 stelle che di fatto “recepisce la richiesta del ministro Guardasigilli Carlo Nordio di far decorrere il tempo della prescrizione dal giorno dell’iscrizione della notizia di reato” e non più dal momento della commissione del fatto. Una contraddizione sottolineata in aula sempre da Gianassi, capogruppo del Pd in commissione Giustizia.
Durante il suo intervento il parlamentare ha letto la dichiarazione rilasciata dal ministro della Giustizia che sosteneva proprio la necessità di questa modifica. Ma il sottosegretario Andrea Delmastro ha dato parere contrario alla proposta di modifica targata M5S e, nonostante la sollecitazione di Gianassi, il no del centrodestra è stato confermato.
“La maggioranza e Delmastro – osserva Gianassi – hanno contraddetto in questo modo quanto dichiarato pubblicamente dal ministro della Giustizia. Davvero surreale”.
Respinto anche un odg dei 5 stelle che invitava il governo ad adottare “le iniziative legislative che possano scongiurare il ripetersi di analoghi episodi giudiziari con grave nocumento alle istanze di verità delle vittime”: il riferimento è alla strage di Viareggio.
Delmastro esulta troppo presto. Pd: “Colpo a salve?”
Sempre Delmastro è stato protagonista di un altro attacco del Pd, poco dopo. Prima dell’approvazione, infatti, il sottosegretario ha diffuso una nota gonfia d’entusiasmo: “Approvata alla Camera la riforma della prescrizione! Orgogliosi di aver restituito diritti sostanziali ai cittadini. Abbiamo archiviato in un colpo solo non solo l’infausta stagione pentastellata che aveva disegnato un universo concentrazionario di indagati e imputati a vita, ma anche l’improcedibilità in appello che, con il complice voto di Pd e M5Stelle, avrebbe rottamato i processi di più grave allarme sociale”.
Un comunicato inviato troppo presto, che infatti è diventato assist perfetto per Debora Serracchiani del Pd: “Forse al sottosegretario è partito un colpo a salve“. Un chiaro riferimento ai fatti relativi allo sparo di capodanno. Il presidente di turno della Camera, Giorgio Mulè di Forza Italia, ha preso le distanze da Delmastro, sostenendo che quella del sottosegretario sia una dichiarazione a “titolo personale”.
Come funziona la riforma (quarta in 7 anni)
La riforma discussa in aula è il risultato dell’unificazione di quattro proposte. Prevede di riformare la prescrizione, tornando a un meccanismo simile a quello della riforma di Andrea Orlando, in vigore dall’agosto 2017 alla fine del 2019: il tempo di estinzione del reato rimane sospeso per un tempo non superiore a due anni in primo grado e per un tempo non superiore a un anno in Appello. La norma varata dall’allora guardasigilli del governo di Matteo Renzi prevedeva invece uno stop di 18 mesi. Il periodo di stop è comunque computato ai fini della prescrizione nel caso di superamento dei termini di sospensione previsti per la pronuncia della sentenza di impugnazione, proscioglimento dell’imputato o di annullamento della sentenza di condanna.
Insomma: se la sentenza dell’Appello non arriva entro due anni e quella della Cassazione entro 12 mesi, il “bonus” si azzera e tutto il periodo di sospensione viene di nuovo calcolato ai fini della prescrizione. Lo stesso accade se la sentenza d’Appello assolve l’imputato condannato in primo grado. Si tratta del quarto intervento legislativo in sette anni in tema di precrizione. Dopo la Orlando nel 2017, infatti, era stata varata la riforma di Alfonso Bonafede nel 2019: bloccava la corsa del termine di estinzione del reato alla sentenza di primo grado. Poi era arrivata Marta Cartabia che aveva introdotto il meccanismo dell’improcedibilità: in pratica il processo si blocca se non si conclude entro due anni in Appello e dodici mesi in Cassazione.
Volevano escludere reati gravi come gli infortuni sul lavoro, il caporalato, il disastro colposo, il revenge porn, il reato di tortura dai tempi più stretti della nuova riforma sulla prescrizione.
La maggioranza, però, ha respinto gli emendamenti presentati dal Pd alla proposta di legge esaminata dell’Aula della Camera. L’opposizione ha invece votato tutta compatta a favore.
Il relatore Enrico Costa, esponente di Azione, si era opposto anche alla richiesta di accantonamento delle proposte di modifica arrivata dai parlamentari dem. Alla fine l’Aula della Camera ha approvato la proposta di legge che riforma la prescrizione con 173 sì e 79 no.
Il provvedimento, che ha come primo firmatario il deputato di FI, Pietro Pittalis, era stato in realtà riscritto in Commissione Giustizia dai relatori Enrico Costa e Andrea Pellicini (di Fdi) che avevano presentato di fatto un emendamento sostitutivo del testo. La riforma adesso passa al Senato.
Gli emendanti respinti
L’aula di Montecitorio ha bocciato anche gli emendamenti con cui le opposizioni chiedevano venisse prevista una disciplina transitoria. La richiesta era stata avanzata nei giorni scorsi dai presidenti delle Corti di appello e in un parere della sesta commissione del Csm, che verrà votato mercoledì 17 gennaio dal plenum. Respinta anche la richiesta dell’esponente dem Federico Gianassi di far tornare in Commissione la proposta di legge. Tra gli emendamenti respinti dalla maggioranza anche una proposta del Movimento 5 stelle che di fatto “recepisce la richiesta del ministro Guardasigilli Carlo Nordio di far decorrere il tempo della prescrizione dal giorno dell’iscrizione della notizia di reato” e non più dal momento della commissione del fatto. Una contraddizione sottolineata in aula sempre da Gianassi, capogruppo del Pd in commissione Giustizia.
Durante il suo intervento il parlamentare ha letto la dichiarazione rilasciata dal ministro della Giustizia che sosteneva proprio la necessità di questa modifica. Ma il sottosegretario Andrea Delmastro ha dato parere contrario alla proposta di modifica targata M5S e, nonostante la sollecitazione di Gianassi, il no del centrodestra è stato confermato.
“La maggioranza e Delmastro – osserva Gianassi – hanno contraddetto in questo modo quanto dichiarato pubblicamente dal ministro della Giustizia. Davvero surreale”.
Respinto anche un odg dei 5 stelle che invitava il governo ad adottare “le iniziative legislative che possano scongiurare il ripetersi di analoghi episodi giudiziari con grave nocumento alle istanze di verità delle vittime”: il riferimento è alla strage di Viareggio.
Delmastro esulta troppo presto. Pd: “Colpo a salve?”
Sempre Delmastro è stato protagonista di un altro attacco del Pd, poco dopo. Prima dell’approvazione, infatti, il sottosegretario ha diffuso una nota gonfia d’entusiasmo: “Approvata alla Camera la riforma della prescrizione! Orgogliosi di aver restituito diritti sostanziali ai cittadini. Abbiamo archiviato in un colpo solo non solo l’infausta stagione pentastellata che aveva disegnato un universo concentrazionario di indagati e imputati a vita, ma anche l’improcedibilità in appello che, con il complice voto di Pd e M5Stelle, avrebbe rottamato i processi di più grave allarme sociale”.
Un comunicato inviato troppo presto, che infatti è diventato assist perfetto per Debora Serracchiani del Pd: “Forse al sottosegretario è partito un colpo a salve“. Un chiaro riferimento ai fatti relativi allo sparo di capodanno. Il presidente di turno della Camera, Giorgio Mulè di Forza Italia, ha preso le distanze da Delmastro, sostenendo che quella del sottosegretario sia una dichiarazione a “titolo personale”.
Come funziona la riforma (quarta in 7 anni)
La riforma discussa in aula è il risultato dell’unificazione di quattro proposte. Prevede di riformare la prescrizione, tornando a un meccanismo simile a quello della riforma di Andrea Orlando, in vigore dall’agosto 2017 alla fine del 2019: il tempo di estinzione del reato rimane sospeso per un tempo non superiore a due anni in primo grado e per un tempo non superiore a un anno in Appello. La norma varata dall’allora guardasigilli del governo di Matteo Renzi prevedeva invece uno stop di 18 mesi. Il periodo di stop è comunque computato ai fini della prescrizione nel caso di superamento dei termini di sospensione previsti per la pronuncia della sentenza di impugnazione, proscioglimento dell’imputato o di annullamento della sentenza di condanna.
Insomma: se la sentenza dell’Appello non arriva entro due anni e quella della Cassazione entro 12 mesi, il “bonus” si azzera e tutto il periodo di sospensione viene di nuovo calcolato ai fini della prescrizione. Lo stesso accade se la sentenza d’Appello assolve l’imputato condannato in primo grado. Si tratta del quarto intervento legislativo in sette anni in tema di precrizione. Dopo la Orlando nel 2017, infatti, era stata varata la riforma di Alfonso Bonafede nel 2019: bloccava la corsa del termine di estinzione del reato alla sentenza di primo grado. Poi era arrivata Marta Cartabia che aveva introdotto il meccanismo dell’improcedibilità: in pratica il processo si blocca se non si conclude entro due anni in Appello e dodici mesi in Cassazione.