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Papa Francesco, i bambini e quelle loro domande che fanno maturare gli adulti

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In un mondo devastato dalla guerra e dalla sofferenza, il Papa invita i bambini da diversi Paesi a San Pietro. In 6000 hanno risposto alla sua chiamata e arriveranno da 84 nazioni del pianeta. Un incontro importante, il cui significato è ritrovare la limpidezza e la purezza, caratteristiche dell’infanzia, ritrovare il coraggio di sognare e sperare in un mondo migliore, ritrovare l’umanità. “Cari bambini vi aspetto per imparare anche io da voi – ha ricordato Francesco nel presentare l’evento – perché i bambini ci insegnano la limpidezza delle relazioni, l’accoglienza spontanea di chi è forestiero e il rispetto per tutto il creato”.
E non c’è dubbio che quando incontra i bambini, il Santo Padre sembra volere imparare davvero. Instaura con lor un dialogo, pone e riceve domande, scherza e racconta aneddoti della sua vita. Spesso ha affermato che “le domande più difficili che ho ricevuto non sono quelle fatte dai professori agli esami, ma quelle dei bambini”. E questo “perché rispondere alle domande di un bambino ti mette in difficoltà, perché il bambino ha qualcosa che guarda all’essenziale e fa domande dirette. Così i bambini fanno maturare gli adulti con le loro domande”.

Non è la prima volta che Francesco convoca i più piccoli in Vaticano. Era l’11 maggio del 2015 quando, a trovarlo vennero in 7mila, convocati a Roma per partecipare alla manifestazione “Fabbrica della pace”. Durante l’incontro un bambino egiziano della periferia romana, figlio di immigrati, chiese al Papa perché “le persone potenti non aiutano la scuola”. “Si può fare una domanda più grande” replicò Francesco: “Perché tante persone potenti non vogliono la pace? Perché vivono delle guerre, l’industria delle armi è grave! I potenti guadagnano la vita con la fabbrica delle armi e vendono le armi a questo e quel paese: è l’industria della morte, ci guadagnano”.
Non risposte banali quindi ma lucide e profonde come quando sottolineò l’importanza della scuola. L’occasione fu quella legata all’iniziativa “il treno dei bambini”, nata nel 2013 con l’obiettivo di far giungere Vaticano, grazie all’ausilio dei treni, moltissimi minori provenienti da situazioni di disagio. Una giornata che il Papa stabilì avrebbe trascorso con i suoi piccoli ospiti. Nel 2015 furono invitati i figli di alcuni detenuti.

Altro incontro con i ragazzi quello del 2017. Nella casa di Papa Francesco arrivano i “Cavalieri”, adolescenti della scuola media unti dalla promessa di condividere un’amicizia cristiana. Vennero da tutta Europa e posero domande sulla vita, sul crescere e sul diventare grandi.

“La vita è un continuo ‘buongiorno’ e ‘arrivederci’ – disse in quell’occasione il Papa -. Tante volte sono distacchi piccoli o cose piccole, ma tante volte è un ‘arrivederci’ per anni o per sempre. Si cresce incontrandosi e congedandosi. Se tu non impari a congedarti bene, mai imparerai a incontrare nuova gente”.

L’anno seguente, nel 2018, il Papa ricevette i ragazzi romeni dell’ong “FDP protagonisti nell’educazione”. Quella volta le domande furono più dure. I bambini chiesero perché a volte le mamme decidono di non volere i loro figli, perché la sorte avesse deciso di dare a qualcun altro una vita tanto difficile, o perché spesso le persone care muoiono prematuramente. E Francesco, con la dolcezza che da sempre lo caratterizza, provò a spiegare l’egoismo e i suoi effetti deleteri, provò a raccontare che la sofferenza e il dolore sono parte dell’uomo anche se a volte lo sovrastano. E poi, concluse ogni risposta, invitando loro ad affidarsi sempre all’Amore e alla Giustizia di Dio.

Siamo nel 2019 e nell’Aula Paolo VI il Papa accoglie i ragazzi aderenti all’iniziativa “il calcio che amiamo”. Sono circa 6mila provenienti da Lazio e Abruzzo. Al centro dell’incontro lo sport nel quale, secondo il Papa, ritorna il messaggio importante dell’educazione. “Vi auguro di sentire sempre la gratitudine per la vostra storia fatta di sacrifici, di vittorie e di sconfitte – disse rivolgendosi ai dirigenti delle associazioni sportive presenti –, e di sentire anche la responsabilità educativa, da attuare attraverso la coerenza di vita e la solidarietà con i più deboli, per incoraggiare i giovani a diventare grandi dentro, e magari anche campioni nella vita”.
Nello stesso anno, altro grande incontro con gli Scout. Ad ascoltarlo, accorsero in più di centomila. “La Chiesa – disse – deve imparare a fare ponti laddove c’è l’abitudine a creare muri”.

Gli incontri tra Francesco e i più piccoli non si esauriscono nelle grandi manifestazioni. Numerosi e frequenti sono state e sono le visite da lui effettuate presso case comuni o istituti, in particolare durante i viaggi, ma anche quelle presso casa Santa Marta. Nel 2022 ad esempio, arrivò una lettera in Vaticano dalla Puglia. A inviarla, un bambino di 8 anni. La sua famiglia aveva accolto in affidamento due bambini nigeriani, già prigionieri in un campo di torture in Libia. Due bambini provati, due bambini, suoi nuovi amichetti, il cui desiderio è conoscere il Papa. La risposta dal Vaticano arrivò quasi immediata: i bambini e la famiglia furono invitati a conoscere il Santo Padre un mercoledì, al termine dell’Udienza Generale in Vaticano.

E siamo ai giorni nostri. Nel 2023, nel corso della manifestazione “Il Cortile dei Gentili” il Papa ha incontrato in Vaticano 160 bambini, tra i quali molti affetti da disabilità. Con loro ha giocato e come sempre si è fermato e ha risposto alle loro domande. Con loro anche una piccola comunità di bambini provenienti dall’Ucraina. Tra questi, uno di loro ha chiesto al Papa quando avrebbe potuto andare in vista in Ucraina, dove “ci sono molte – disse – tante persone che soffrono. “Io avrei tante voglia di andare in Ucraina – rispose il Santo Padre – ma devo aspettare il momento per farlo”.
In conclusione è importante ricordare che più volte Francesco ha parlato dei bambini indicandoli come un dono, come una “una ricchezza per l’umanità e per la Chiesa, perché richiamano costantemente alla condizione necessaria per entrare nel Regno di Dio: quella di non considerarci autosufficienti, ma bisognosi di aiuto, di amore, di perdono”. Inoltre, guardando a tutti i paesi in cui ci sono dei bambini che soffrono per guerra, fame o distruzione ha detto che “una società si giudica in base a come tratta i bambini”. E la giornata del 6 novembre guarda proprio al futuro, al loro futuro e alle loro speranze; le domande infatti che faranno saranno incentrate su quattro temi: ereditare, condividere, connettere e donare.

in collaborazione con Martina Anile

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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