L’affascinante simbiosi di formiche e farfalle
Tra le migliaia di famiglie che compongono la grande classe degli insetti, quella delle formiche si è distinta per capacità adattative. Attualmente, non esiste luogo sulla faccia della Terra che non conosca il frenetico andirivieni di queste irriducibili guerriere. Il grande successo biologico delle formiche è dovuto alla loro straordinaria capacità di collaborare sia tra loro sia con altri organismi. La loro famiglia è contraddistinta da caste ben precise, ognuna delle quali ha un compito specifico: esistono i riproduttori (maschi e femmine) che dedicano la loro vita all’accoppiamento e alla deposizione delle uova, ci sono le guerriere che difendono il nido, le esploratrici che perlustrano il territorio, le nutrici che si occupano della covata ecc. ecc. Insieme formano una rete collaborativa capace di vincere la terribile lotta per la vita. La loro capacità di stringere relazioni non è limitata a quella intraspecifica, ma si estende e si dirama verso altre specie. Nell’Africa tropicale, in particolare, esiste una specie di acacia che ospita intere famiglie di formiche all’interno di grandi spine cave. Le piante forniscono, oltre all’alloggio, anche il vitto sotto forma di nettare extrafiorale, che sgorga da speciali ghiandole. Ovviamente, le fiere formiche non vivono a sbafo e ricambiano l’ospitalità difendendo le piante dai grandi erbivori. Quando, per esempio, una giraffa o un elefante si avvicina con la chiara intenzione di mangiare le tenere foglioline dell’acacia, dalle spine esce un plotone di formiche che si inoltra all’interno delle narici dell’invasore. Il nemico, colto da un prurito spaventoso con conseguente scarica di starnuti, si allontana sconfitto, lasciando integra la pianta. La simbiosi più affascinante, però, è quella che le formiche instaurano con delle farfalle appartenenti alla famiglia dei licenidi. Questi lepidotteri sono piuttosto comuni, di piccola taglia, con ali colorate di un blu brillante nei maschi e di un marrone sbiadito nelle femmine. I bruchi di queste farfalle si comportano come tutti i bruchi del mondo: vivono su varie piante e si nutrono continuamente di foglie. Le differenze con il resto dei lepidotteri emergono quando la larva si sta per trasformare in crisalide: in questo momento si lascia cadere al suolo ed emette una sostanza liquida dal sapore dolciastro. Le sempre affamate formiche vengono attirate verso il bruco come le mosche al miele, lo afferrano con le loro potenti mandibole e lo trasportano nella loro città sotterranea. È qui, immersa nell’oscurità, che si esplicita la simbiosi tra i bruchi dei licenidi e le formiche: la farfalla elargisce cibo zuccherino alle formiche e riceve in cambio riparo dalle intemperie e da pericolosi predatori. Mentre la vita armonica tra farfalle e formiche continua, il tempo passa e l’inverno, giorno dopo giorno, si impossessa del mondo esterno: le giornate si accorciano, le temperature calano e il sole si affaccia sempre più di rado. È il periodo dell’anno in cui il bruco del licenide, protetto da uno spesso strato di terreno, si trasforma in crisalide. La ruota della vita continua a girare e, dopo qualche mese, il sole si riprende il mondo spezzando via i colori cupi dell’inverno con nuovi colori e profumi. Il licenide percepisce in qualche modo che la luce brillante è tornata a splendere e sente la brama di questo mondo scintillante. Abbandona quindi la dura corazza della crisalide e si trasforma in una bella farfalla dal colore del cielo. La via verso l’assunzione incontra però un ostacolo: le formiche non riconoscono in questo essere alato il loro vecchio amico bruco e lo scambiano per un intruso con intenzioni bellicose. Centinaia di guerriere si avventano quindi sulla farfalla neonata con la chiara intenzione di ucciderla. La farfalla non si ricongiungerà mai al prato primaverile? Nulla di tutto ciò; la selezione naturale ha rivestito il corpo del licenide con una folta pelliccia bianca che funge da barriera e non permette alle mandibole delle formiche di raggiungere il corpo della farfalla. Di fatto, mentre quest’ultima si inoltra di corsa nei cunicoli del formicaio alla ricerca dell’uscita, le formiche addentano ciuffi di peli che si staccano senza danni dal corpo della fuggitiva. Quando il licenide, finalmente, esce alla luce del sole, ha perso la folta pelliccia che gli avrebbe intralciato il volto. E quindi alla nostra farfalla non resta che fare qualche passo, sbattere delicatamente le ali, ricongiungersi al cielo e perpetuare la meravigliosa storia della vita.
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