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Mediterraneo. Giovani del Campo Opera La Pira: “Costruire ponti per collegare le comunità e promuovere un senso di fratellanza globale”

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Si è concluso domenica 20 agosto il “Campo internazionale 2023” organizzato come ogni anno dall’Opera per la gioventù Giorgio La Pira presso il Villaggio La Vela di Castiglione della Pescaia. Vi hanno partecipato un gruppo di quasi 200 giovani provenienti da otto Paesi tra Europa, Medio Oriente e Africa, in rappresentanza delle tre religioni abramitiche. Presente anche una delegazione dei Giovani musulmani italiani. Uniti dalla volontà comune di un cambiamento positivo i giovani hanno intrapreso un percorso di dialogo con l’obiettivo di affrontare le sfide che affliggono la regione mediterranea: “Un mare, molte culture: costruire ponti di pace attraverso il Mediterraneo” il tema del campo. Ispirati dalla perdurante eredità d di Giorgio La Pira e della sua immagine del Mediterraneo come “grande lago di Tiberiade” i giovani hanno intrapreso un’esperienza di vita unica, incentrata su una forte proposta di vita comunitaria alla ricerca di una possibile “identità mediterranea”. Alcuni ospiti hanno potuto incontrare il Santo Padre a margine dell’udienza generale di mercoledì 9 agosto; hanno visitato il campo l’arcivescovo di Firenze, card. Giuseppe Betori, e il vescovo di Grosseto,  mons. Giovanni Roncari. Nel percorso di riflessione i giovani sono stati aiutati da docenti e testimoni di rilievo, tra cui Romano Prodi, già presidente del Consiglio dei ministri e della Commissione europea, e Laura Zanfrini, professore ordinario di Sociologia delle migrazioni e della convivenza interetnica presso l’Università Cattolica di Milano, tra i maggiori esperti italiani di migrazioni internazionali.

(Foto: pagina Facebook Opera per la gioventù Giorgio La Pira)

“Da culla di antiche civiltà e culture a punto focale di numerose sfide contemporanee, la regione del Mediterraneo ha sempre avuto un ruolo significativo nel plasmare il nostro mondo e il suo equilibrio geopolitico. Negli ultimi anni, tale regione si è trovata ad affrontare una serie di questioni urgenti: conflitti, crisi umanitarie e instabilità socio-economica. In questo contesto è sempre più evidente la necessità, non più rimandabile, di individuare prospettive nuove per risolvere tali questioni con un approccio collaborativo”, scrivono i giovani partecipanti al Campo internazionale, in un documento finale a conclusione dell’esperienza durata dal 10 al 20 agosto. I giovani hanno riflettuto sulle caratteristiche dell’identità mediterranea per “capire se la nostra generazione si sente ancora inclusa in una ‘comunità mediterranea’, non solo per la vicinanza geografica, ma anche per storia, cultura, obiettivi e interessi condivisi”. “Crediamo – spiegano nel documento finale – che questa comunità non si costruisca solo con scambi accademici, trattati politici e dibattiti teorici, ma anche attraverso la condivisione di momenti di quotidianità, come divertimento, cibo, preghiere e discussioni”. “Il nostro viaggio verso la costruzione di una vera comunità mediterranea ha comportato anche discussioni e confronti: in proposito, riconoscere le nostre identità, le nostre origini e i nostri punti di vista è stato altrettanto cruciale. Infatti, ci siamo resi conto che non possiamo essere una comunità senza prima essere consapevoli delle nostre individualità ed essere capaci di apprezzarle”, sottolineano i giovani.

Durante i confronti “è emerso chiaramente che la costruzione di una comunità richiede un delicato equilibrio di compromessi e impegno. Abbiamo riconosciuto che per crearne una che rifletta veramente tutti noi, dobbiamo essere disposti a fare concessioni e a dare priorità agli obiettivi comuni rispetto alle preferenze personali”. “Viviamo in un mondo multiculturale, ma pensiamo che non sia sufficiente per considerarlo una vera comunità – sostengono i giovani -. Le persone che coesistono nella stessa area geografica senza interagire non formano una comunità solida, come invece fanno le persone che scelgono di vivere insieme rispettando e celebrando le proprie ricchezze e diversità. Mentre immaginavamo la comunità ideale, sono emerse domande sui diritti individuali che dovrebbero essere garantiti all’interno di una comunità e sui valori fondamentali che ne dovrebbero costituire la base.

Sappiamo che dobbiamo costruire ponti per collegare le diverse comunità e promuovere un senso di fratellanza globale”.

(Foto: sito Opera per la gioventù Giorgio La Pira)

Considerando l’importanza storica dell’area del Mediterraneo, la diversità culturale e le sfide geopolitiche, “abbiamo scoperto una realtà impegnativa: molti di noi non si sentivano veramente parte di questa comunità. Abbiamo cercato di elencare i punti in comune tra noi membri, ma abbiamo faticato a trovare un filo conduttore. Questo ci ha portato a chiederci perché mancasse un senso di appartenenza a tale comunità e cosa potevamo fare in merito. Abbiamo cercato di superare la distanza percepita concentrandoci sulla ricerca di princìpi e valori comuni come il rispetto, la giustizia, l’uguaglianza, il compromesso e la solidarietà attiva”, chiariscono i partecipanti al Campo, che evidenziano anche “l’importanza di comprendere la storia, le storie e la cultura delle altre comunità”. “Se storicamente il Mediterraneo è stato un centro di scambi commerciali e culturali, oggi sembra essere diventato una frontiera. Come nuove generazioni, riconosciamo l’esigenza di farci avanti con una mentalità diversa, radicata nella costruzione della speranza e della cooperazione”, dicono. Al riguardo, “è emersa come fattore unificante la condivisione di momenti spirituali tra religioni diverse, facendo luce su aspetti storici della comunità mediterranea che sono rimasti sopiti o sono addirittura divisivi nella nostra vita quotidiana”. Al Campo internazionale,”ci siamo immersi in arricchenti dialoghi interreligiosi, all’interno delle rispettive tradizioni abramitiche. Purtroppo, oggi, alcuni abusano della religione come strumento di divisione, mettendo in pericolo l’unità umana. È fondamentale assumere una posizione risoluta contro questo uso improprio, perché tutti gli uomini di buona volontà non diffondano mai l’odio, in particolare sotto la copertura della religione. Al contrario, questa può essere una forza unificante a livello istituzionale e sociale”.

Il Campo è stato vissuto come “punto di partenza per la creazione di questa comunità mediterranea: abbracciare l’essenza dell’essere umano, nonostante le nostre differenze, è diventata una pietra d’angolo su cui costruire”. Non solo: “Vivere insieme come una comunità durante il campo ci ha permesso di imparare lezioni preziose: siamo usciti dalla nostra routine, acquisendo nuove prospettive e intuizioni. Tornando alla nostra vita quotidiana, dobbiamo portare avanti le responsabilità che abbiamo scoperto: coltivando infatti i legami che abbiamo creato, possiamo fare in modo che l’impatto di questo campo continui anche dopo la sua conclusione”. I giovani concludono: “Non possiamo permettere che il nostro viaggio finisca qui. Abbiamo il dovere di portare il processo iniziato nel campo nelle nostre comunità locali. Come semi piantati nei nostri cuori, gli ideali e i valori che abbiamo abbracciato devono attecchire e fiorire nei nostri Paesi. Mentre riflettiamo sul tempo trascorso insieme, ricordiamoci che il cambiamento inizia anche da noi.

Applicando le lezioni di unità, comprensione e cooperazione, possiamo contribuire a un futuro più luminoso per noi stessi e per le generazioni a venire”.

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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