*Le menzogne sul capitalismo* (trilogia ) di Vincenzo D’Anna*
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*Le menzogne sul capitalismo* (trilogia )
di Vincenzo D’Anna*
Dalle colonne di questo stesso giornale abbiamo più volte “denunciato” il caso Italia: un Paese immerso in un sistema ambiguo e contraddittorio rispetto alle teorie socio economiche che hanno ispirato il mondo. Dichiaratamente liberale, pur immerso in un fronte apparente di stampo capitalistico, il Belpaese è stato infatti quasi sempre governato con politiche stataliste e socialiste, in un meccanismo che assegna ai “poteri centrali” privilegi e capacità d’azione che ne costituiscono poi le principali prerogative attraverso le quali quasi tutti i servizi resi ai cittadini (sanità, trasporti, energia, istruzione, giustizia, ordine pubblico, assistenza e previdenza) vengono gestiti in regime monopolistico alla pari della maggior parte degli asset industriali con circa diecimila aziende di proprietà oppure partecipate. Queste ultime, quasi tutte in perdita (così come i servizi), a loro volta sono amministrate secondo le convenienze politiche ed elettorali del momento. Cioè di chi detiene le redini del governo e del sottogoverno nazionale. Ma non basta. Nelle aziende partecipate lo Stato si arroga il diritto di far valere le proprie quote di partecipazione, ben oltre il proprio valore nominale e percentuale, attraverso un meccanismo chiamato “golden share” ossia riservandosi un diritto di veto e/o di intervento che vanifichi il regolare andamento della vita societaria secondo i canoni della libera iniziativa. Quest’ultima, all’opposto, viene totalmente ignorata finanche dalla Costituzione e subordinata al raggiungimento di una “finalità sociale” dell’impresa quasi a voler parificare gli obiettivi del libero investitore ai canoni ed agli obiettivi “statali”. Alla base di tutta questa ambiguità di sistema c’è certamente l’ambiguità della nostra Magna Carta e dei compromessi con la quale essa fu definita nell’immediato dopoguerra dalle forze socialiste e liberali che formavano l’assemblea costituente. Tuttavia ciò non basta per spiegare l’ossimoro italiano in campo economico, lo statalismo imperante ed impermeabile anche ai cambi di governo laddove siano assurti ai vertici del potere coalizioni di centrodestra, dichiaratamente avverse al socialismo. La vera fonte di tutto questo risiede, infatti, nella narrazione e nella presentazione, in termini negativi, del regime capitalistico, fatto oggetto, per ignoranza o per recondito scopo politico, di una serie di critiche spesso infondate se non dichiaratamente fasulle. Cominciamo dalle menzogne più eclatanti che, avendo uno sfondo sociale, colpiscono l’immaginazione delle masse. La prima è quella che il capitalismo abbia affamato il mondo, che abbia fatto prosperare il lavoro minorile. Basterebbe guardare alla storia di tutte le democrazie liberali per comprendere, cifre alla mano, come il grado di benessere, di accessibilità ai prodotti (necessari o superflui che essi siano), di tutela del lavoro, e la rete di protezione sociale e previdenziale, in generale il “welfare state”, siano stati un dato distintivo, se non esclusivo e primigenio delle medesime. Aumentare il potere di acquisto offrendo, a basso costo, il risultato del continuo progresso tecnologico e merceologico indotto dalla libera iniziativa, dalle leggi della concorrenza e del mercato, è infatti uno degli obiettivi del capitalismo per poter sostenere il benessere e la produzione di ricchezza. Più larga è la base degli acquirenti più si garantiscono le vendite e la varietà della produzione, nonché la prosperità di chi produce e di chi acquista. Le grandi carestie sono, storicamente parlando, il frutto dell’erronea programmazione statale e dell’inibizione della libera iniziativa, che non ha niente a che vedere con le oligarchie dispotiche del socialismo reale e la pretesa che lo Stato possa prevedere e soddisfare i bisogni della gente, se non imponendoli! Un’altra menzogna sul capitalismo che più colpisce l’immaginario collettivo è quella che i danni ambientali, nuovo flagello dei popoli, siano la risultante della scriteriata attività della libera impresa. A ben guardare sono semmai i paesi socialisti ad aver devastato di più l’ambiente. L’esempio più eclatante, in tal senso, ce lo fornisce la Cina o, peggio ancora, la Russia, ove è scomparso il grande Lago di Aral ed è agonizzante finanche il Mar Nero, dove intere foreste pluviali stanno sparendo ben più velocemente che in Brasile! per non dire dei danni da avvelenamento chimico e radioattivo. Insomma: laddove vige un sistema di interessi che agisce senza identificarsi con lo Stato imprenditore e padrone, il mercato stesso viene sottoposto a regole e controlli terzi. In disparte i guasti della programmazione statale, dell’alto grado di corruzione della nomenclatura e la fatale presunzione dei programmatori di ridurre il tutto ad un unicum previsto e programmato. La libertà che vige negli stati capitalistici crea i naturali antagonisti sociali ed imprenditoriali ( bonifiche ambientali ) agli abusi del territorio, e la dialettica democratica vara le leggi per contrastarli. Invece ancora oggi c’è chi separa le tesi massimaliste del “Buon Karl Marx” dalla loro generale e nefasta applicazione nel tempo. A breve (nei prossimi giorni) il seguito per gli incliti ed i profani.
*già parlamentare
*Le menzogne sul capitalismo*
(_seconda parte_)
di Vincenzo D’Anna*
Per coloro che avessero perso la prima parte di questa trilogia sulle menzogne dedicate al capitalismo per delegittimarlo innanzi agli occhi della gente comune, è d’uopo un brevissimo riassunto. In precedenza ci siamo posti la domanda sul perché in Italia vigano, da oltre mezzo secolo, un sistema socio-economico dichiaratamente liberale ma praticamente socialista, ed uno Stato massimo onnipresente ed onnipotente. Pur partendo dalle ambiguità presenti nella carta costituzionale che fu il frutto del compromesso tra forze social comuniste e cattolico liberali e quindi di un’ambiguità di fondo derivante dalla forzosa sintesi di visioni completamente diverse, le perduranti cause di tale anomalia non si esauriscono certo in questa sola spiegazione. Un ossimoro, quello di cui stiamo trattando, che è sempre sopravvissuto anche in governi dichiaratamente liberali ma che alla fine si sono accomodati nelle contraddizioni esistenti. Abbiamo quindi ritenuto che la causa principale di cotanto sospetto sia che la ripulsa verso il regime liberale e liberista nasca dalle menzogne accreditate negli anni dai suoi interessati detrattori. Abbiamo già affrontato le bugie riguardanti le false responsabilità del capitalismo inteso come creatore di povertà e di emarginazione, specie nel lavoro minorile. La seconda balla chiarita è stata quella relativa al danno ambientale creato con la produzione dei beni e lo sfruttamento delle risorse naturali. Adesso tocca all’ipocrisia di come il capitalismo sia all’origine di una società dominata dai ricchi e dall’avidità senza scrupoli e limiti. Insomma: l’esistenza di algidi mostri senza pietà che disprezzano i deboli e governano il popolo sotto forme oligarchiche e plutocratiche. In primis queste asserzioni descrivono un paleo capitalismo che oggi non esiste perché buona parte della finanza, anche quella speculativa (che va distinta dalla libera impresa produttiva), è finita nelle mani dei fondi pensione, ovvero del piccolo risparmio che cerca di godere dei vantaggi offerti attraverso l’acquisto di titoli di Stato, azioni ed obbligazioni delle imprese quotate in borsa. Per capirci: nel capitalismo “diffuso” si realizza la profetica previsione di Luigi Sturzo allorquando questi affermava che il grido “tutti proletari” dei social comunisti doveva divenire, in una società liberale, quello di “tutti proprietari”. Se in Italia circa il novanta per cento delle famiglie è proprietario di un alloggio significa che le grandi concentrazioni di capitali non hanno impedito che la maggioranza dei cittadini divenisse in parte “padrona” di quello che il libero mercato ha saputo offrire loro. Lo stesso discorso vale con le automobili, i generi di alta qualità e le moderne acquisizioni di tecnologia domestica. L’esatto contrario delle teorie che paventano l’esistenza di una minoranza che specula sulla libera gente. E veniamo al surrettizio governo della finanza sugli Stati sovrani, governato per il tramite della democrazia popolare e dei diritti inalienabili degli individui. Se non fosse esistita la speculazione (il giusto interesse a copertura del rischio di investimento) chi avrebbe mai finanziato uno Stato in perenne bancarotta con un debito pubblico che sfiora il 160% del PIL comprando titoli di Stato? Quei titoli sono serviti al “Pantalone” statale per pagare stipendi, pensioni, assistenza e stato sociale!! Ed allora chi sono i colpevoli: gli Stati che si indebitano oltre le loro capacità o chi, poi, ne richiede, giustamente, le garanzie pagate a caro prezzo? A nostro giudizio si tratta di una servitù volontaria che per elargire assistenza e benevolenza clientelare va ben oltre le proprie possibilità. Un altra fandonia, poi, è quella che addebita al capitalismo i monopoli privati. Ebbene basta guardare gli Stati socialisti o quelli con modelli ibridi, come il nostro Belpaese, per rilevare quanto vasti ed arroganti siano i monopoli statali. Come si contrabbandi la pubblicità dei servizi (per definizione: gratuiti per taluni ed accessibili a tutti) con la gestione a Monopolio statale dei medesimi. Chi se non lo Stato ha assunto su di sè aziende decotte, imprese in perdita, azionato ammortizzatori sociali per coprire le perdite di gestione eludendo la normale concorrenza e la competizione tra aziende pubbliche e aziende (pubbliche) a gestione privata In nome poi di una falsità evidente: quella di assegnare alle imprese statali una superiorità etica dei fini solo perché in queste mancherebbe il reddito di impresa!! E cosa altri è se non un reddito negativo la perdita costante accumulata dalle aziende statali, parcellizzata e riversata sulle spalle dei contribuenti sotto forma di tasse? E’ quindi più etico spremere le tasche del cittadino per ripianare i debiti statali o lasciare all’inventiva, alla capacità, al merito dell’imprenditore, alle leggi del mercato di concorrenza la prosperità ed il futuro di un’azienda!?
*già parlamentare
FONTE:
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)
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