Cassazione, più tutela per i consumatori vittime di truffa informatica
Più tutela per i consumatori vittime di truffa informatica. Accolto il ricorso del cliente che aveva rottamato il computer: spetta all’istituto provare la riconducibilità del pagamento al legittimo titolare. La banca risponde infatti della clonazione della carta anche se il legittimo titolare non ha dimostrato di aver tenuto le credenziali riservate. È quanto affermato dalla Corte di Cassazione che, ha accolto il ricorso del cliente che si era visto clonare la carta e nonostante avesse rottamato il computer. Insomma, spetta all’istituto provare la riconducibilità del pagamento al legittimo titolare. Per i Giudici di legittimità, infatti, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, il motivo è fondato e, al riguardo, hanno ricordato che “Tema di responsabilità della banca, ovvero dell’erogatore del corrispondente servizio, in caso di operazioni effettuate a mezzo di strumenti elettronici, anche al fine di garantire la fiducia degli utenti nella sicurezza del sistema (il che rappresenta interesse degli stessi operatori), è del tutto ragionevole ricondurre nell’area del rischio professionale del prestatore dei servizi di pagamento, prevedibile ed evitabile con appropriate misure destinate a verificare la riconducibilità delle operazioni alla volontà del cliente – la possibilità di un’utilizzazione dei codici di accesso al sistema da parte dei terzi, non attribuibile al dolo del titolare o a comportamenti talmente incauti da non poter essere fronteggiati in anticipo: ne consegue che, anche prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 11 del 2010, attuativo della Dir. n. 2007/64/CE relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, l’erogatore di servizi, cui è richiesta una diligenza di natura tecnica, da valutarsi con il parametro dell’accorto banchiere, è tenuto a fornire la prova della riconducibilità dell’operazione al cliente. In questo caso, la corte territoriale ha violato la regola di riparto dell’onere della prova perché ha addossato al cliente l’onere della prova della diligenza nel contegno di utilizzatore del sistema informatico, laddove invece spettava al prestatore del servizio di pagamento provare la riconducibilità dell’operazione al cliente. Le conseguenze sfavorevoli del fatto rimasto ignoto (relativo al contegno del cliente) all’esito dell’istruzione della causa sono state così fatte ricadere sul cliente anziché su Poste Italiane. Alla enunciata regola sull’onere della prova dovrà attenersi il giudice del merito in sede di rinvio.
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