Povertà educativa: le proposte delle realtà ecclesiali
Non esistono solo le povertà materiali o relazionali. Dalla sintesi diocesana per il sinodo è emerso il diffondersi di un’altra piaga, quella della povertà educativa, subita da bambini, adolescenti, giovani ai quali è negata la possibilità di acquisire conoscenze e competenze che permettano loro di mettere a frutto i propri talenti e di avere opportunità culturali, educative, sportive. Si è svolto il 6 maggio, nella Sala Tiberiade del Pontificio Seminario romano maggiore il primo incontro tra quarantadue realtà ecclesiali,tra parrocchie e associazioni, che a Roma sono impegnate in attività di sostegno allo studio e doposcuola. Tra queste: nove operano nei quartieri del settore Nord di Roma, una nel settore Centro, dieci nei quartieri a Sud della Capitale, dodici nel settore Est e dieci a Ovest. Promosso dal Cantiere della Strada e del Villaggio, l’incontro ha visto anche la partecipazione di alcuni referenti delle 24 Scuole della Pace della Comunità di Sant’Egidio, di numerosi parroci, docenti, rappresentanti delle Acli, di Croce Rossa Italiana e degli istituti religiosi.
Da un’inchiesta condotta nel Lazio dalla Comunità di Sant’Egidio, dal 2021 ad oggi, su 1.270 segnalazioni, 130 riguardano minori a rischio di abbandono scolastico. I dati Istat rivelano che nel 2020 nel Lazio la percentuale di giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiavano e non lavoravano era pari al 22,4%. Nel 2022, sempre stando ai dati Istat, il 12,7% dei minori italiani ha abbandonato la scuola senza aver conseguito un diploma superiore. Una criticità che a Roma si è talmente acuita da rendere urgente, più che necessario, un intervento condiviso.
La povertà educativa è un fenomeno “strutturale” – ha affermato monsignor Benoni Ambarus, vescovo ausiliare della diocesi di Roma, ambito della Diaconia della Carità – dove c’è la povertà materiale c’è anche quella culturale, relazionale, linguistica. La povertà ha un volto poliedrico. Un bambino, infatti, vive di riflesso la povertà materiale della sua famiglia ma è in prima persona povero dal punto di vista scolastico e relazionale. Il servizio offerto non ha lo scopo di volersi sostituire a qualcuno, ma intende rispondere a quella che è diventata un’emergenza”.
Quello del 6 maggio è stato un incontro conoscitivo tra le realtà ecclesiali che si occupano di sostegno allo studio, “innanzitutto per veicolare le buone prassi” portate avanti e per ispirarsi reciprocamente. Ogni realtà è nata in maniera diversa e ha impostazioni differenti. C’è chi segue i bambini segnalati dalla scuola o dai servizi sociali o dalla Caritas parrocchiale; chi opera da anni sul territorio e chi è nato durante la pandemia che ha esacerbato le difficoltà scolastiche degli adolescenti più svantaggiati. L’aiuto allo studio diventa quindi “uno strumento potente per promuovere, integrare e includere”, le parole di monsignor Ambarus.
La tavola rotonda ha inoltre avuto lo scopo di “far comprendere che non siamo soli – ha aggiunto il vescovo -. Bisogna fare rete, creare alleanze territoriali”. La proposta è quindi quella di coinvolgere, in ogni Prefettura, i dirigenti scolastici, i servizi sociali, i Municipi, le altre eventuali realtà, anche laiche, che offrono attività di doposcuola. Nei prossimi mesi, probabilmente ad ottobre, sarà organizzata una giornata dedicata al tema della povertà educativa e scolastica riservata ai docenti perché “il sogno – ha affermato il prelato – è quello di rafforzare l’alleanza con le scuole”.
L’incontro è stato aperto da Evelina Martelli, da oltre trent’anni impegnata con la Comunità di Sant’Egidio nelle Scuole della pace. Soffermandosi sul fenomeno della dispersione scolastica ha evidenziato che questa “è presente in tutti gli stadi e i cicli della scuola dell’obbligo” e penalizza maggiormente chi vive in quartieri periferici con poche opportunità e scollegate dal contesto urbano. Da molti anni, ha spiegato, la “fase più critica rispetto all’insuccesso scolastico e al successivo abbandono degli studi” è stata individuata nel passaggio dalla scuola media a quella superiore. Negli ultimi anni, però, è cresciuto il fenomeno dell’abbandono scolastico già nelle scuole elementari. “L’assenteismo e le assenze a singhiozzo già nella scuola primaria precedono spesso l’abbandono vero e proprio”. Tra le cause che portano all’abbandono della scuola ci sono “l’origine migratoria del minore, specie se inserito in classi di studenti più piccoli di età” e la scarsa conoscenza della lingua italiana. Tra i suggerimenti quello di affiancare le famiglie all’atto dell’iscrizione scolastica che per Martelli “rappresenta sicuramente uno dei punti deboli del sistema educativo, per l’incapacità di molti genitori ad utilizzare lo Spid, per la difficoltà di tante famiglie a trovare un posto nelle scuole per i loro bambini quando cercano di iscriverli con procedura tardiva o se devono trasferirli in un altro istituto scolastico”.
Dopo il lavoro dei piccoli gruppi formatisi sono emerse altre proposte: la formazione dei volontari, il coinvolgimento dei giovani, per i quali è più semplice rapportarsi con i bambini, la valorizzazione dell’alternanza scuola lavoro e il servizio civile, coinvolgendo anche le istituzioni.
(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)