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Attualità

Intervista al Magistrato Paolo Albano

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Un’originalissima miscellanea di racconti surreali, in qualche caso con qualche spunto tratto dalla realtà vera, sui temi senza tempo della vita, del suo significato, della morte, della natura dell’Universo, dell’intuizione dell’Aldilà… Questi ed altri contenuti sono presenti nel nuovo libro del Magistrato Paolo Albano, “In Paradiso si mangiano sfogliatelle-imparare a vivere aiuta a non morire”, pubblicato con la casa editrice “Armando Curcio Editore”. Scritto con garbata leggerezza, e nello stesso tempo elaborando profonde riflessioni esistenziali, il libro valorizza la vita nelle piccole e grandi situazioni, conservando sempre un sentimento di meraviglia nei confronti del mondo, la cui magia si rivela a chi sappia non dare per scontato ogni momento. Un’antologia, quindi, di racconti che suscitano riflessioni su temi non facili, tra cui il ruolo del libero arbitrio e quello di un destino non sempre controllabile, che a volte diventa destinazione di un percorso non sempre scelto, attraverso uno stile che richiama il fantastico e ricorda l’onirico; il tutto, filtrato da uno sguardo benevolo sul prossimo. Vincitore del primo premio per narrativa e poesia “I fiori sull’acqua”, nona edizione, di Imola, il libro valorizza così il valore di ogni momento, da assaporare come le tradizionali sfogliatelle napoletane: dolci dal fragrante profumo e che soprattutto rappresentano un nutrimento anche affettivo, espresso nell’amore presente nel prendersi cura degli altri, anche attraverso l’alimentazione. Appassionato di cultura umanistico-filosofico-letteraria, il versatile Magistrato esprime così, attraverso novelle in cui fantasia e realismo si fondono, una fede in un senso della vita, per quanto a volte possa sfuggire ed essere intriso di mistero… ma comunque da ricercare. Nello stesso modo, nella prospettiva reale di Paolo Albano, anche e soprattutto della morte viene colto il mistero; c’è la seria, intensa speranza che sia un mistero che possa fare approdare al mondo della verità, rischiarato da una luce di fede, in modo che, ai nostri defunti, che ci hanno preceduti, possiamo rivolgere un “arrivederci”, e che la convinzione di alcuni che tutto in assoluto finisca con la morte sia una, pur involontaria, bugia. Un’opera, quindi, di grande apertura mentale, ispirata anche ai modelli letterari, quasi leggendari, di Dino Buzzati ed ai poemi dell’”Antologia di Spoon River”, con gli epitaffi di Edgar Lee Masters: motivi ispiratori ricordati anche nel dialogo con l’autore, che segue a breve. Intervista nella quale il magistrato, già procuratore capo di Isernia, (ed in passato presente nelle Procure di Venezia, Napoli e Santa Maria Capua Vetere), noto per essersi impegnato per la legalità riguardo la tutela ambientale e drammatiche situazioni riguardanti terrorismo e camorra, spiega anche quanto, almeno in parte, siano state connesse le sue attività giuridiche e letterarie. Paolo Albano era già autore di un saggio, con il giornalista Antimo Della Valle, sulla strage contro civili a Caiazzo, nel 1943, ad opera dei nazisti (“La strage di Caiazzo 13 ottobre 1943”, edito con Mursia), riguardo la quale era stato pubblico ministero. Stavolta Paolo Albano si è cimentato con temi apparentemente, in parte, leggeri, ma in realtà non meno profondi delle sue inchieste giudiziarie, in quanto indagano il mistero più grande, quello della vita, con la fiducia che possa esistere un senso ultimo che conferisca un senso superiore e migliore ad ogni cosa.

Premetto che nel suo nuovo libro si fondono motivi ispiratori tra il surreale e la ricerca di un senso profondo della vita, tra leggerezza gentile e impegno riguardo la ricerca di valori imperituri, oltre il fluire del tempo. Al riguardo, volevo chiedere quali sentimenti e situazioni di vita possano avere maggiormente ispirato questi racconti?

A tale domanda posso rispondere che questo mio nuovo libro, edito da Armando Curcio, raccoglie un gran numero di racconti brevi, scritti in un lunghissimo arco di vita, per cui necessariamente i motivi ispiratori trovano spesso radice in situazioni autobiografiche o in eventi strettamente legati alla storia della mia famiglia o alla mia personale esperienza professionale di magistrato. In alcuni racconti tale riferimento è espresso e palese, come nel “Tuffo nel passato”, nel quale ricordo, con struggente malinconia, un giorno felice trascorso con i miei cari più stretti, o come “Zio Giovanni”, nel quale ricostruisco una commovente storia, che mi vide protagonista con la mia cara nonna Elvira, cui riuscii a nascondere per anni la morte del figlio Giovanni. In molti altri i riferimenti autobiografici sono celati nell’atmosfera surreale, che caratterizza l’intera opera e che rappresenta spunto di riflessione sui temi eterni dell’esistenza, affrontati con una sottile e piacevole vena ironica. Del resto, quando ci si abbandona alla narrazione è innegabile che nel racconto delle storie più variegate, quali quelle raccolte nel libro, si trasfonde, anche a livello inconscio, una parte di se stessi, di vita vissuta e di esperienze passate.

Quali sono i riferimenti letterari che maggiormente possano essere stati modelli di riferimento per questa sua tanto originale opera?

La ringrazio per aver definito originale la mia opera, in quanto ha colto proprio il mio intendimento di disancorarmi dai consueti schemi che caratterizzano i volumi che affollano in gran numero le nostre librerie. Già di per sé, infatti, il genere letterario del racconto breve è assai poco frequentato dagli scrittori moderni, ma, come avrà potuto notare, non pochi di quelli che compongono il libro sono addirittura racconti brevissimi. Ed invero ho trovato originale racchiudere in poche espressioni sia la storia che viene narrata sia il significato che vi sottende, così lasciando anche ampio spazio alla fantasia e all’immaginazione del lettore, che potrà riempire a suo piacere di contenuto personale la vicenda narrata.
Ciò premesso, non posso comunque negare di avere avuto dei modelli di riferimento, ai quali mi sono ispirato nello sviluppo dell’opera. Ritengo, infatti, che in tal senso abbiano rivestito un importante rilievo da un lato, quel grandissimo scrittore che è stato Dino Buzzati, e, dall’altro, l’autore dell’insolita “Antologia di Spoon River”, che fu Lee Masters. Il primo era certamente dotato di una eccezionale immaginazione e nella sua produzione letteraria l’attenzione per l’arcano e i suoi segnali, per il Mistero e il suo alfabeto, lo portarono a studiare con accanimento ed a cercare di svelare le incognite dell’esistenza umana. Tutta l’opera di Buzzati è un’identificazione del mondo in cui viviamo con un’altra realtà, al di sopra e al di fuori di noi, che non cancella la prima, ma piuttosto ne esalta i significati più determinanti. Egli porta così il lettore all’agghiacciante scoperta di qualche cosa che travalica ogni immaginazione umana, proiettandolo alla scoperta del mistero della realtà. Il tema del suo capolavoro, “Il deserto dei tartari”, da me apprezzato fin da ragazzo, è il passare della vita nell’inutile attesa di un significato non trovato dell’esistenza, per cui il romanzo si traduce in una metafora della vita umana. In molti dei miei racconti riaffiorano i temi che tanto affascinavano Dino Buzzati.
L’altro mio riferimento letterario è costituito dall’Antologia del poeta americano Edgard Lee Masters. Ed invero ho trovato originale nella sua collezione di poesie in versi liberi l’idea di dare voce a persone che hanno lasciato la vita terrena e ci parlano dall’Aldilà. Ogni poesia racconta, infatti, in forma di epitaffio, la vita dei residenti dell’immaginario paesino di Spoon River, sepolti nel cimitero locale, ed anche nel mio libro a parlare in prima persona sono spesso personaggi, famosi e non, che vivono l’esperienza ultraterrena. A volte rievocano episodi della vita passata, altre volte ci rivelano ciò che ci attende alla fine della stessa. Confesso, infatti, che mi affascina non poco l’idea di un confine assai sottile fra le due realtà, tanto da nutrire la speranza che le persone per noi più care che ci hanno lasciato tornino spesso a starci accanto.

Il suo lavoro di Magistrato ha avuto ruolo rilevante nel suggerirle molte tematiche di valore esistenziale per il suo libro?

Certamente sì, ma solo in parte, tenuto conto che alcuni racconti sono stati scritti anche prima del mio ingresso in magistratura. Non posso negare, comunque, che l’esperienza lavorativa, specie per un lavoro così particolare quale quello di Magistrato, non poteva non incidere non solo nella stessa forma di scrittura, ma anche e soprattutto per i temi spesso affrontati. Anche sotto questo profilo, poi, in alcuni racconti i riferimenti sono chiari ed espressi, come ne “Il delitto perfetto”, “Il processo”, “Il Killer pietoso”, “L’investigatore”, “Il difensore”. In altri, invece, l’ispirazione legata al mio lavoro, prestato in una vita intera, si rivela espressa per allegoria, come, ad esempio, nell’errore giudiziario di Ponzio Pilato, nella severità del giudizio divino nei confronti di un bambino o nella prescrizione che addirittura Dio riconosce per un delitto commesso troppo tempo prima.

Ricordo che è già autore di un altro libro, un saggio storico sulla strage nazista di Caiazzo del 1943; pur essendo opere molto diverse, ci sono alcuni denominatori comuni tra questi due volumi, dei fili conduttori che li colleghino?

Come correttamente già sottolinea lei nella sua domanda si tratta di due opere profondamente diverse l’una dall’altra. La prima è strettamente legata alla realtà storica dei fatti, ricostruita, anche cronologicamente, in piena aderenza a ciò che è avvenuto durante e dopo la terribile strage consumata dai nazisti nei confronti di poveri contadini, vittime innocenti della loro crudeltà. Nell’attuale “In Paradiso si mangiano sfogliatelle” sono invece raccolti numerosi racconti e dialoghi, definiti espressamente già nell’indice “surreali”, proprio perché offrono suggestioni fantastiche, che oltrepassano la dimensione della realtà e che evocano aspetti profondi dell’animo umano.
Mi riesce difficile, pertanto, trovare un denominatore comune tra i due libri, essendo il primo un saggio storico necessariamente legato alla realtà, mentre il secondo la oltrepassa e la trascende. Un filo conduttore che li colleghi può comunque rinvenirsi nei valori nei quali ho sempre creduto: la giustizia, intesa come vittoria del bene sul male, un profondo senso della religiosità, non intesa come formale ritualismo ma come affascinante ricerca di Dio, e la profondità dei sentimenti di solidarietà per il comune benessere.

Tornando più specificamente al libro “In Paradiso si mangiano sfogliatelle”, quali sono i messaggi principali che ritiene vengano trasmessi con questo testo?

In tutta sincerità devo precisare che al contenuto dei miei racconti è estraneo un intento pedagogico, in quanto non ho alcuna presunzione di essere di insegnamento al lettore. A quest’ultimo, invece, mi limito ad offrire spunti di riflessione sui temi eterni dell’esistenza, che vanno affrontati, a mio parere, non con cupa seriosità ma con sereno ottimismo e una positiva vena di ironia.
Ecco, più che trasmettere messaggi mi piace con la mia opera invitare il lettore ad una costruttiva riflessione sugli eterni interrogativi che costellano la nostra vita. È vero, infatti, che tutti noi viviamo immersi nel Mistero, un Mistero da sempre impenetrabile ma proprio per questo affascinante per l’inesauribile desiderio di rivelarlo. I racconti e i dialoghi surreali ci invitano, dunque, ad affrontare gli enigmi destinati da sempre ad interrogare l’umanità: da dove veniamo, quale ruolo gioca il destino nella vita di ciascuno, che cosa ci attende dopo la morte, l’esistenza e la natura di Dio. Mi auguro che sia un libro da gustare adagio, come si legge in copertina, assaporando una pagina alla volta, come le sfogliatelle, i famosi dolci che una leggenda vuole che si assaggino anche in…Paradiso!

Ci sono altri progetti letterari particolari ai quali sta lavorando?

A dire il vero, mi sto attualmente dedicando alle presentazioni del libro oggetto della presente intervista. Altri progetti sono ancora in fase embrionale. Chissà se in futuro riuscirò a concretizzarli.

Introduzione e quesiti di Antonella Ricciardi, intervista ultimata nell’aprile 2023

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