Pnrr: la partita decisiva del Governo Meloni
Il governo Meloni fino ad ora non ha fatto deragliare il sistema politico – istituzionale, come qualcuno preconizzava o si augurava all’indomani della vittoria alle elezioni politiche dello scorso 25 settembre. Certo, fa cose di destra e non potrebbe essere altrimenti: dall’impostazione che sta dando a ciò che riguarda l’ambito educativo (scuola in primis), a certe discutibili riletture della storia, fino alla politica migratoria, una delle “assicurazioni politiche” di uno schieramento che ancora parla molto alla pancia degli italiani (anche se tutto farebbe propendere per un approccio più pragmatico per un Paese qual è il nostro che ha maledettamente bisogno di manodopera e di trovare risposte credibili ed efficaci al persistente drammatico calo demografico). Per il resto la preoccupazione prima è non spaventare i mercati.
Da qui una certa continuità con il governo precedente con riferimento a politica estera e politica economica, con fedeltà all’Alleanza Atlantica e all’Europa da un lato e l’equilibrio dei conti pubblici dall’altro.
In tale quadro il vero banco di prova dell’esecutivo di destra-destra-centro è l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Gli unici (molti) soldi su cui il Governo Meloni può contare per dare dei segnali concreti innanzitutto ai propri elettori sono quelli che dovrebbero arrivare da Bruxelles se Roma saprà mantenere gli impegni che il Pnrr prevede e se saprà gestire questa montagna di soldi. Comunque sia, è una opportunità unica per il nostro Paese per fare quel salto in avanti in termini di modernizzazione di cui tanto abbiamo bisogno.
Molti dei problemi che si trova di fronte Meloni per l’attuazione del Pnrr li avrebbe, probabilmente, avuti anche il governo Draghi con alcune differenze. L’ex presidente della Bce godeva di una autorevolezza che gli avrebbe permesso di trattare con gli alleati europei da una base ben diversa da quella in cui si trova la leader di Fratelli d’Italia. La gestione del Pnrr con Draghi era stata, poi, affidata al Ministero dell’economia, con una struttura in grado di gestire questa operazione di grande complessità. Il governo Meloni ha invece affidato la responsabilità al dicastero guidato da Fitto, operazione che inevitabilmente ha comportato ritardi e appesantimenti.
Oltre a questo va riconosciuto che abbiamo puntato ad avere tantissimi soldi senza aver chiaro come destinarli e in base a quali priorità. Se questo non bastasse c’è poi la difficoltà storica e incredibile del nostro Paese a spendere tutti i soldi che arrivano dall’Europa a causa dell’inefficienza della macchina amministrativa. Per riuscire a raggiungere tutti gli ambiziosi obiettivi che il Pnrr porta con sé è necessario riformare i tanti passaggi burocratici e riuscire a coniugare efficienza delle procedure con la loro rigorosità in modo da evitare raggiri, truffe, distorsioni, corruzioni e dare certezza di tempi e risultati.
Il Pnrr rappresenta l’occasione storica per riformare quello che per decenni è sembrato irriformabile: l’amministrazione pubblica.
Se poi per far tutto questo va rimodulato il Pnrr, questa non sarà una tragedia. Se Meloni riuscirà in questo ne guadagneranno enormemente tutto il Paese e le generazioni future, se così non dovesse essere non sarà solo la sconfitta del primo governo di destra della storia repubblicana ma di tutti gli italiani. E il prezzo da pagare, c’è da scommetterci, sarà molto, molto salato.
(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)