ChatGpt bloccato dal Garante: scelta clamorosa. Strumenti vecchi per affrontare un mondo nuovo

ChatGpt bloccato dal Garante: scelta clamorosa. Strumenti vecchi per affrontare un mondo nuovo

Gli studenti italiani non potranno farsi scrivere i temi da ChatGpt come stanno facendo i loro coetanei americani. La decisione del Garante della privacy di vietare il «robot scrivente e dialogante» ha fatto scalpore nel mondo. L’Italia è l’unica nazione democratica ad aver preso una misura così drastica. Cina, Russia, Iran e Corea del Nord non hanno accesso a questa forma di intelligenza artificiale, perché l’azienda californiana che la crea (OpenAI) ha deciso di non fornirla a quei Paesi. Fa effetto vedere che l’Italia, di sua spontanea volontà, va a raggiungere quel quartetto. Poiché colpisce gli utenti che navigano da indirizzi italiani, basta collegarsi con un Virtual Private Network (Vpn) per dissimulare la propria ubicazione, spacciarsi per americano, e continuare a usare (è un trucco usato anche nei regimi autoritari per aggirare la censura). Questa è una constatazione, non un’incitazione a delinquere.

Perché l’allarme scatta proprio ora Nove anni fa il libro di Nick Bostrom «Superintelligence» aveva già avuto un successo mondiale denunciando le minacce di un’intelligenza artificiale che non riusciamo a dominare. da un decennio. Le macchine pensanti sono già in mezzo a noi, sostituendoci in diverse funzioni, da più tempo e in più settori di quanto siamo consapevoli. ChatGpt ha creato uno shock speciale perché ha invaso delle attività di massa come l’insegnamento e numerosi lavori di scrittura. Ha già superato esami di giurisprudenza e altre facoltà. Ha anche rivelato una inquietante tendenza a imbrogliare: ad esempio spacciandosi per un essere umano in modo da aggirare barriere e controlli anti-robot. Di sicuro è super-intelligente, ogni tanto sembra anche furbo.

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Le preoccupazioni che gli esperti elencano sul futuro dell’intelligenza artificiale sono di varia natura. La più classica è legata ad ogni rivoluzione tecnologica: quanti posti di lavoro sono a rischio, quanti di noi rischiano la disoccupazione. È un timore antico quanto l’introduzione dei primi telai meccanici nell’industria tessile con la Rivoluzione industriale inglese del Settecento. Su questo fronte la storia ci lascia poche illusioni, non si ricordano rivoluzioni tecnologiche bloccate solo per salvare dei posti di lavoro. Ma i robot dialoganti e scriventi non vengono considerati pericolosi soltanto perché ci possono sostituire. Un problema emerso con ChatGpt e altre intelligenze di questo tipo, è la scomparsa dei confini tra realtà e finzione, verità e menzogna. Fa un salto di qualità la fabbricazione di fake-news, magari corredate da immagini falsificate. Nei giorni scorsi abbiamo visto circolare immagini di un movimentato arresto di Donald Trump, che sembravano esagerate ad arte per scatenare proteste di piazza. Stavolta il gioco non ha funzionato, ma le potenzialità di manipolare la nostra credulità diventeranno infinite. Un’intelligenza artificiale che sa mentire e ingannarci è uno dei tanti problemi che andrebbero regolati.

Siamo sicuri che sia un problema nuovo? Molto prima che si affacciasse ChatGpt, da anni erano studiati i devastanti effetti dei social media, in particolare (ma non solo) sui giovani. Una imponente letteratura scientifica documenta i danni dei social media sulla socializzazione, o sulla capacità di concentrazione e apprendimento. In America, dove questi studi sono cominciati prima e hanno acquisito spessore, sono dimostrati i nessi tra la dipendenza dai social e il bullismo, la depressione, i suicidi di adolescenti. Tutto ciò non è bastato a provocare interventi normativi all’altezza del problema. Alcune restrizioni sull’esposizione dei minori ai social sono state adottate, curiosamente, in due poli opposti: la Cina comunista di Xi Jinping e lo Stato Usa dello Utah dove ha una forte influenza la chiesa mormone.

Per il resto il legislatore è in ritardo e in affanno un po’ ovunque. Chi dovrebbe intervenire, spesso è afflitto anche da un problema generazionale. Lo si è visto di recente quando il Congresso di Washington ha affrontato il caso della app TikTok, di proprietà cinese. Molti legislatori, dai capelli bianchi, hanno una cognizione limitata sulla vita digitale dei giovani, «nativi» di questo nuovo mondo. Nel caso dell’intelligenza artificiale però gli stessi esperti confessano di giocare agli apprendisti stregoni: hanno scatenato una forza di cui non padroneggiano tutte le potenzialità, creative o distruttive. Gli inventori di ChatGpt con candore confessano di non capire esattamente tutti i meccanismi con cui la creatura «impara da sola».

Il deficit di conoscenze può spingere ad agire con strumenti vecchi. Il blocco italiano di ChatGpt lascia perplessi perché ricorda il vecchio proverbio: per l’uomo che possiede solo un martello, tutti i problemi sono chiodi. L’Italia ha un martello che è la burocrazia, buono per tutte le evenienze. L’intera Europa, del resto, ha affrontato l’era digitale con una proliferazione di formulari da approvare: clicchiamo «sì acconsento a tutto» senza neppure sapere cosa stiamo approvando. Il guaio è che i colossi del settore stanno tutti altrove, in California o in Cina. Il garante della privacy blocca ChatGpt, ma per ora altri giganti dell’intelligenza artificiale come Google o la cinese Baidu vanno avanti per la loro strada.

FONTE: © Fornito da Corriere della Sera