Su Graviano in tv Baiardo non dice tutta la verità DI GIAN CARLO CASELLI
Teleradio News ♥ Sempre un passo avanti, anche per te!
Su Graviano in tv Baiardo non dice tutta la verità
25 GENNAIO 2023
Non è l’Arena di Massimo Giletti nella puntata di domenica scorsa ha fatto un buon risultato: uno share dell’8,3% per 1.252.000 di ascoltatori. C’era dunque attesa per la nuova intervista di Salvatore Baiardo, che qualche mese fa – sempre nella trasmissione di Giletti – aveva parlato di un Matteo Messina Denaro gravemente ammalato e ne aveva “previsto” l’arresto.
Non ho elementi per dire se Baiardo abbia doti profetiche o sia il ventriloquo di qualcuno, anche se – ovviamente – mi sento di escludere la prima ipotesi. Mi interessa di più rilevare alcune incongruenze nel suo racconto.
Sostiene lo spensierato Baiardo – se ho inteso bene – che i fratelli Graviano (all’ergastolo per gravi delitti di mafia) sono bravi ragazzi che da giovani magari han fatto delle fesserie, ma poi volevano cambiare vita trasferendosi al Nord, tant’è vero che nel 1994 sono stati arrestati a Milano.
La “tesi” contrasta con quanto rivelato da un fedelissimo di Giuseppe Graviano, Gaspare Spatuzza, già killer di Brancaccio poi pentito. Spatuzza afferma di avere incontrato Graviano (ancora latitante) il 19 o il 20 gennaio 1994 nel bar Doney di Roma, pochi giorni prima di un attentato che si sarebbe dovuto verificare il 23 gennaio allo stadio Olimpico della città. Un attentato molto più sensazionale e sanguinario di tutti i precedenti, con un’auto imbottita di tritolo e tondini di ferro, capace di causare centinaia di vittime fra i carabinieri in servizio e di colpire assieme a loro famiglie, uomini, donne e bambini, che erano allo stadio. Graviano disse a Spatuzza che era necessario compiere l’attentato contro i carabinieri allo stadio perché si doveva dare “il colpo di grazia”. E “aveva un’aria gioiosa”, perché – ricorda Spatuzza – disse “che avevamo ottenuto tutto quel che cercavamo grazie a delle persone serie che avevano portato avanti la cosa”, per cui “c’eravamo messi il Paese nelle mani”.
Come noto, l’attentato allo stadio Olimpico per fortuna fallisce; il congegno d’innesco non funziona, per motivi non del tutto chiariti. Poi la storia d’Italia cambia, sia per la mafia sia per la politica. Perché il 27 gennaio, Giuseppe Graviano viene appunto arrestato a Milano insieme al fratello Filippo.
Ora, che i Graviano non avessero tutta questa voglia di cambiare vita come racconta Baiardo, emerge già nel libro Lo stato illegale che ho scritto per Laterza (2020) insieme a Guido Lo Forte. Ecco i fatti.
Dopo la cattura di Giuseppe Graviano, a capo del mandamento di Brancaccio, viene collocato Antonino Mangano. Arrestato, Mangano viene trovato in possesso di vari documenti. Di eccezionale interesse tre lettere scambiate con Giuseppe Graviano (che si firma sobriamente “madre natura”) detenuto sottoposto a 41-bis, all’evidenza – nel caso di specie – assai “allentato”. Di tali lettere, riporto testualmente qualche brano che non ha bisogno di alcun commento.
Scrive Graviano: “Ci sono venti carcerati che sono rovinati processualmente e non hanno mezzi economici per affrontare la situazione; l’impegno è di darci dai tre a quattro appartamenti ciascuno per avere un futuro economico sicuro sia loro che le loro famiglie; sempre i carcerati mi chiedono perché gli è stato diminuito il mensile dopo il mio arresto; solo per me spendo venti milioni al mese di avvocato, vestirmi, libretta e colloqui; quando ero fuori si incassavano 800 milioni annuo (sic) effettivi + da 1 a 1 e 1/2 miliardi extra; i costruttori che sono in moto debbono uscire questi appartamenti; se qualcuno babbìa (fa il finto tonto, ndr) vi dico io quali sono stati i patti; non fate società con i costruttori che ho io, forse qualcuno babbìa e gliela debbo fare pagare, chi approfitta dei carcerati la paga perché è un infame”.
Infine Baiardo ha diffidato dal chiamarlo pentito (stanno, dice, fioccando le querele…). Evidentemente Baiardo considera in cuor suo feccia infame chi collabora con la giustizia. Un atteggiamento sciagurato e inquietante. Perché Matteo Messina Denaro, di cui si stava parlando, riporta alla mente l’orribile vicenda del piccolo Giuseppe Di Matteo, sequestrato, tenuto prigioniero e maltrattato per 779 giorni, alla fine strangolato e sciolto nell’acido, in quanto figlio di uno di quei pentiti così invisi a Baiardo: Santino Di Matteo, il primo pentito ad aver rivelato dinamica e protagonisti della strage di Capaci.
FONTE:
Chi è davvero Salvatore Baiardo? Tutti i dubbi sulla “profezia” di Matteo Messina Denaro malato
L’ex gelataio amico dei Graviano si attribuisce facoltà divinatorie. Ma sulla bontà di quello che racconta ci sono molti dubbi
Chi è davvero Salvatore Baiardo? E cosa vuole ottenere? Subito dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro ha cominciato a circolare l’intervento a “Non è l’Arena” dell’ex tuttofare dei fratelli Graviano condannato per calunnia, falso e favoreggiamento. Successivamente, in un altro intervento nella trasmissione di Giletti, Baiardo ha detto che l’ultimo dei Corleonesi sta per morire e che il conduttore di La7, facendolo parlare, «sta rischiando molto». Eppure sono molti i dubbi sulla bontà delle sue dichiarazioni. E soprattutto sul suo vero obiettivo. L’ex magistrato e senatore del Movimento 5 Stelle Roberto Scarpinato ha detto che è il portavoce della mafia: «Parla in tv e annuncia che Matteo Messina Denaro verrà arrestato. E nonostante questo lui resta dov’era. C’è qualcosa che non va».
Il lodo Graviano
Un altro ex giudice oggi sul Fatto Quotidiano è ancora più specifico. Giancarlo Caselli nota che Baiardo parla in maniera stranamente minimizzatrice dei delitti di Filippo e Giuseppe Graviano. La sua tesi per i due all’ergastolo per vari delitti di mafia è che siano «dei bravi ragazzi che da giovani magari hanno fatto delle fesserie. Ma poi volevano cambiare vita trasferendosi al Nord. Tanto è vero che nel 1994 sono stati arrestati a Milano». Ma questo, ricorda l’ex magistrato, contrasta con tutte le ricostruzioni sugli anni della guerra di Cosa Nostra allo Stato. Gaspare Spatuzza, già killer di Brancaccio e collaboratore di giustizia, ricorda di aver incontrato Graviano latitante nel bar Doney a Roma pochi giorni prima dell’attentato dello stadio Olimpico. All’epoca Graviano disse a Spatuzza che era necessario compiere l’attentato contro i carabinieri allo stadio perché si doveva dare “il colpo di grazia”. E “aveva un’aria gioiosa”. Perché disse «che avevamo ottenuto tutto quel che cercavamo grazie a delle persone serie che avevano portato avanti la cosa», per cui «c’eravamo messi il paese nelle mani».
La carriera di un gelataio
Nella sua ultima apparizione tv Baiardo ha anche raccontato di aver visto nel 1992 o nel 1993 una copia dell’agenda rossa di Paolo Borsellino. E ha detto di voler querelare chi lo ha chiamato “pentito“. Perché evidentemente considera diffamatoria l’etichetta. Anche se è stato grazie al pentitismo che lo Stato italiano ha colpito in più occasioni i capi della mafia. Ed è riuscito a conoscerne metodi, ramificazioni, affari e omicidi. Lirio Abbate su Repubblica aggiunge che Baiardo è anche cugino di Cesare Lupo, prestanome dei boss palermitani. Ed è sempre stato dalla parte dei fedelissimi di Totò Riina. Tanto che, per coprirli, ha reso ai giudici dichiarazioni false o reticenti. Mentre la sua attività in tv, secondo il giornalista d’inchiesta, sembra essere una partita da giocare in favore proprio dei Graviano. A dicembre Filippo ha visto respingersi la richiesta di lasciare il 41-bis.
Baiardo e Ciancimino
Mentre “Madre Natura” (lo pseudonimo che si è scelto Giuseppe) conosce da sempre il modo di dispensare silenzi e mezze verità. Di Baiardo ha detto in carcere che è soltanto un gelataio che però aveva investito i frutti di una grande vincita ad Omegna. Ma anche che il vizio del gioco lo stava rovinando e che per questo il suo matrimonio era in crisi. Tanto che lui stesso, amico premuroso, ha deciso ai tempi di trasferirsi vicino a lui per tenerlo d’occhio. Alla fine Abbate paragona Baiardo alla figura di Massimo Ciancimino. Il figlio dell’ex sindaco di Palermo raccontava mescolanze di cose vere e false ai magistrati. E alla fine è finito in carcere per calunnia. Ma Riina odiava Ciancimino: «Se io sono il capo della mafia, lui queste rivelazioni le sta facendo per soldi», diceva. I Graviano invece non avranno certo molto da ridire su quel che dice Baiardo di loro. Quei bravi ragazzi.
FONTE. OPEN
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)
Teleradio News ♥ Sempre un passo avanti, anche per te!