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AttualitàCaserta e Sannio

Successo al liceo Da Vinci per il caffè letterario su Pasolini e Caravaggio

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È stata una mattinata ricchissima di approfondimenti e di confronti all’insegna della cultura e dell’arte quella del 14 gennaio presso il Liceo Artistico “Leonardo Da Vinci” di Aversa. Il “Caffè letterario. Caravaggio & Pasolini” è iniziato con i saluti della dirigente dell’istinto Margherita Montalbano, dopo il quale c’è stato l’intervento della professoressa Rosalba Corvino. Entrambe hanno parlato di come sia nata l’idea del caffè letterario e in particolare la professoressa Corvino ha raccontato:
“Ero con la dirigente, quando mi stava manifestando il desiderio di organizzare un caffè letterario presso la nostra scuola, che anticipasse l’open day, anche per poter rafforzare i rapporti con le associazioni culturali del territorio con le quali già operiamo da tempo. In quel momento, mi ricordai che la sera prima avevo un po’ sbirciato su fb e letto un bel post del mio caro amico Pasquale Vitale appena tornato dalla visione del film su Caravaggio, a colpirmi è stato questo passaggio “In questo film un po’ noir, Caravaggio perseguitato ricorda un po’ il Pasolini che cercava il sacro nella sofferenza e nelle lacerazioni degli ultimi. Il primo metteva su tela i tanti Cristi in croce della sua epoca, il secondo li immortalerà su carta e su pellicola”
Così non ho esitato a suggerire un caffè letterario su Caravaggio & Pasolini, quello che poi ho scoperto essere un classico di Vittorio Sgarbi, e di lì è partita l’idea, il confronto con le colleghe e si è accesa la macchina della collaborazione tra noi docenti della commissione arte & cultura. Ci siamo subito attivati per il coinvolgimento di esperti esterni e dei dipartimenti di riferimento.
ll pittore Caravaggio e lo scrittore Pasolini sono accomunati da vicende esistenziali dalle forti convergenze. La forte affinità tra la fine di Pasolini e la fine di Caravaggio è stata sottolineata anche da Federico Zeri. Così seducente è la somiglianza della vicenda esistenziale e della tragica fine dei due, che in molti sono andati alla ricerca di analogie, evidenze e tratti comuni tra il pittore lombardo e l’intellettuale, poeta, romanziere e regista friulano. In ogni caso, Caravaggio è uno dei miei artisti preferiti, l’unico in grado di scaturire in me emotiva commozione, non nego di aver pianto difronte alla Flagellazione di Cristo di Caravaggio a Capodimonte, quando l’ho visto per la prima volta. E credo di non essere la sola a provare quel senso di coinvolgimento, quel brivido di emozione, quella forte curiosità, lo spiego con piacere e trovo anche grande interesse da parte degli studenti. E così per non rendere la cosa puramente estetica con le colleghe abbiamo pensato di scrivere un dialogo su Caravaggio che ne raccogliesse le principali curiosità, cogliendo in maniera leggera ed essenziale la poetica dell’artista che rivoluziona la pittura del ‘600. Di lui resta il fatto che è stato troppo spesso etichettato come pittore maledetto, assassino e sanguinario, ma va ricordato anche che fu un attento lettore dei vangeli, infatti l’artista è stato uno dei massimi interpreti del vero messaggio evangelico di povertà e di spiritualità”. La professoressa  Rosalba Corvino e le  docenti Daniela Damiano e Maria Zaccariello hanno avuto l’idea di scrivere un bel  “Dialogo su Caravaggio”, che è stato interpretato dalle alunne Roberta Masullo 5D, Mara Paolella 4C, Martina D’Ausilio, Filomena Palma 4C, Martina Divano 4C, Fabozzo Giovanna 4B. Successivamente si sono  susseguiti interventi molto interessanti che hanno catturato l’attenzione dei presenti, il primo è stato l’intervento dello storico dell’arte Ivano Iannielli, che ha parlato della formazione giovanile di  Caravaggio e  ha focalizzato l’attenzione sul realismo caravaggesco di cui non si parla molto, in quanto si preferisce porre l’attenzione sul ruolo che nei suoi dipinti ha avuto la luce. Nel Seicento la natura, in quanto imperfetta, era infatti considerata inferiore all’arte, di conseguenza il realismo non era apprezzato dagli artisti.  Originario della Lombardia, Caravaggio vive a Roma e a Napoli e assume come suoi modelli ragazzi di strada che Bacchi con cesti di frutta (unisce così arte e inferior natura). In questo senso Caravaggio mostra di non seguire le indicazioni della Chiesa e soprattutto di Gabriele Paleotti, che chiedeva agli artisti di utilizzare l’arte come mezzo per diffondere gli insegnamenti ecclesiastici (considerando che la maggior parte dei libri erano censurati, il popolo doveva imparare attraverso le immagini). Caravaggio era infatti lombardo e quando lui si forma circolavano infatti ancora in Lombardia le idee di Erasmo da Rotterdam Sebbene Erasmo fosse rimasto per tutta la vita cattolico, criticò gli eccessi presenti nella Chiesa cattolica del suo tempo, per proporre invece una philosophia Christi caratterizzata da una religiosità interiore. Napoli diede poi a Caravaggio fama internazionale”.

Durante il suo intervento la professoressa Antonia La Torre si è concentrata sul Decameron di Pasolini. Pasolini sceglie Napoli per la realizzazione del primo capitolo cinematografico dell’opera e  in questo senso  diviene caratterizzante il napoletano come lingua viva e primigenia. I dialoghi in quel film  sono fondamentali e Pasolini pur non essendo napoletano riesce a scriverli, lasciando però una certa libertà agli attori anche per favorire la presa diretta sulla realtà. La cosa interessante non è solo l’attenzione alla struttura sintattica della lingua, ma anche al lessico napoletano: l’ intreccio tra dialetto e parlato è infatti alla base di precise scelte linguistiche di Pasolini. L’interessante intervento, concentrato sulla analisi delle redazioni della sceneggiatura del Decameron con particolare attenzione all’uso del dialetto Napoletano come strumento di mimesi del reale, si è poi concentrato sulla figura dell’allievo di Giotto. Si sono poi esibiti gli allievi del liceo artistico. Il Dipartimento di Lettere ha curato infatti la realizzazione di una bellissima performance teatrale. Gli studenti che hanno partecipato al Laboratorio di Teatro, tenuto dalle professoresse Veronica Mele e Daniela Comella, hanno realizzato i Tableaux vivants di circa venti quadri di Caravaggio, accompagnati da un tappeto musicale di chitarra e dalla declamazione dei versi più intensi di Pier Paolo Pasolini, coniugando così arte, teatro, letteratura e musica (Da sottolineare la bravura nella recitazione dei versi, che ha lasciato piacevolmente stupito il pubblico). Subito dopo l’esibizione è intervenuto con un’ interessante relazione sul cinema figurativo il professor Pasquale Vitale. Dopo aver salutato la Dirigente Motalbano e gli altri relatori ha parlato del rapporto tra Pasolini e con Roberto Longhi, facendo riferimento a un corso di storia dell’arte su Masaccio e Masolino tenuto da Longhi nel 1941 e seguito da Pasolini. Dalle lezioni di Longhi, il professore ha ripreso alcuni confronti, per mostrare come Pasolini attraverso le lezioni del celeberrimo storico dell’arte abbia alimentato il suo interesse per Masaccio, che poi diviene uno dei punti di riferimento per film come Accattone. Il professore ha poi parlato, oltre che del corso di Longhi, delle altre motivazioni che hanno spinto Pasolini a dedicarsi al cinema e delle critiche mosse da Asor Rosa e da Manacorda, alle quali risponde Adelio Ferrario, che vede nel cinema di Pasolini un approfondimento e non una ripetizione di temi già trattati nelle opere in prosa. Difatti, il professore Vitale ha fatto notare come i film di Pasolini siano nati  durante periodi di crisi e in contemporanea con la stesura di alcune raccolte poetiche. Ad esempio, Accattone nasce durante la stesura della raccolta “La religione del mio tempo” in cui palese è il conflitto tra passione e ideologia. Proprio l’idea che l’ideologia marxista non potesse ricomporre le fratture della vite dei sottoproletari e non potesse riscattarli dal loro destino, nasce l’idea di girare un film in cui la vita del protagonista è senza riscatto, molto più di quella dei protagonisti di Ragazzi di vita e di una Una vita violenta. Per rappresentare l’esaltazione vitalistica di Accattone, Pasolini si rifà proprio ai personaggi di Massaccio. Il professore è poi passato a descrivere i rapporti tra Giorgio Morandi e Accattone,  il chiaro scuro di Caravaggio, il Cristo in scurto di Mantegna e Mamma Roma, il manierismo di Pontormo e Fiorentino e il film la Ricotta, per concludere con l’analisi di un’opera dell’artista contemporaneo Stefano Trappolini . Infine c’è stato l’intervento del professor Angelo Coccaro, che ha subito sottolineato come  “Caravaggio e Pasolini, entrambi dirompenti, scelgano  Roma come teatro principale dove mettere in scena il loro spettacolo. Il primo imbracciando la penna e la macchina da presa, il secondo il pennello.  Entrambi vengono frettolosamente considerati eretici, ma di eretico, sia  l’uno che l’altro, hanno poco, semmai, entrambi, interpretano la religione pauperustica, scegliendo il popolo, i “morti di fame”, che per la prima volte salgono sugli altari. Entrambi sono vittima della censura e di accuse di ogni tipo. Pasolini accusato di vilipendio alla religione verrà scagionato perché il fatto non sussiste. Caravaggio, costretto a fuggire da Roma per l’incidente che porta alla morte di Ranuccio Tomassoni (incidente, dunque omicidio colposo, e non preterintezionale come troppi vogliono sostenere) non riuscirà a discolparsi. Egli, come dopo di lui farà Pierpaolo, fotografa, non inventa. Semmai stabilisce il punto di vista, le luci, ma non va mai oltre alla realtà così come appare. La verità! È questa la parola d’ordine che Caravaggio (e poi Pasolini) portano nell’arte. È in ogni caso è a Napoli -la massima espressione della messa in scena-che Caravaggio sperimenta la possibilità di esprimersi, lontano  dall’oppressione della chiesa che impera a Roma.

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