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Per ogni donna e non solo/ L’abbandono dei minori e degli incapaci

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Salutiamo tutti i lettori di Belvederenews e i lettori della rubrica “Per ogni donna e …non solo!”, curata dalla criminologa Speranza Anzia Cardillo e diretta dal prof. P. Vitale. Con questo nuovo affrontiamo un argomento molto delicato che riguarda non solo la materia penale, ma in particolare i minori. La norma di cui parliamo, infatti, è l’art. 591 del codice penale che punisce chiunque abbandoni un minore di anni quattordici o un incapace. Relativamente a questa delicatissima materia abbiamo chiesto di intervenire e di dare un prezioso contributo alla dottoressa Monica Aquino, all’avvocato Lucia di Bello e all’avvocato Giulio Amandola. Introduzione della dottoressa Cardillo.
-Al mondo ogni giorno migliaia di bambini e adolescenti rimangono vittima di infortunio e moltissimi muoiono a causa di questi incidenti. Per tanti minori non sono applicate adeguate misure preventive, con le quali potrebbero essere salvati almeno più di 1000 bambini al giorno. Gli incidenti possono essere di diversi tipi, ustioni, cadute, incidenti stradali, e in gran parte potrebbero essere evitati se fossero adottate misure adeguate o se ci fosse maggiore vigilanza da parte dei genitori.
Spesso i minori anche molto al di sotto dei 14 anni vengono lasciati in casa o in strada da soli e questo comporta dei rischi il più delle volte non considerati dal genitore. Nei Paesi sottosviluppati l’abitudine di lasciare i figli da soli per andare a lavoro è molto più diffusa ma ciò non significa che nel mondo civilizzato ciò non avvenga. Anzi, spesso i minori vengono lasciati da soli anche per motivi che non sono di lavoro. Davanti ad incidenti avvenuti in circostanze simili c’è la tendenza, abbastanza diffusa, a considerarli semplici fatalità o come qualcosa che “doveva accadere” o che “poteva accadere comunque” anche in presenza di adulti…ma nn è così! Non bisogna dimenticare, infatti, che esiste nella realtà, un rapporto tra azioni, oppure omissioni, ed il verificarsi di un evento. Ciò che può apparire scontato viene spesso dimenticato, forse proprio da chi dovrebbe assumersi delle responsabilità che non vengono prese sul serio. Non bisogna, poi, dimenticare che è molto importante anche il soccorso, dopo i primi attimi in cui l’incidente accade, che può davvero salvare la vita alla vittima di un infortunio. Aiuto che verrebbe, ovviamente, a mancare se il minore si dovesse trovare completamente da solo. La ratio della norma è da ricercare proprio nella tutela del bene fondamentale della vita e nell’assicurare, quanto più possibile, l’incolumità del minore, ma a mio parere ci sono anche altre ragioni per le quali un minore non andrebbe lasciato per troppo tempo da solo . Oltre a questi rischi che il minore può correre stando da solo, ce ne sono, infatti, anche altri di tipo diverso, come quello di cadere nella rete di qualche malintenzionato, o di essere preda di un senso di angoscia o solitudine. Per non parlare poi del fatto che in assenza di un adulto ogni ragazzo potrebbe anche sentirsi più libero di fare cose che altrimenti non farebbe. Questo perché non tutti i minori possono avere la capacità di comprendere in pieno ciò che è giusto o sbagliato compiere, o magari possono trovarsi davanti a situazioni nuove nelle quali occorrerebbe il supporto di una persona adulta

Intervento della dottoressa, assistente sociale, ed autrice Monica Aquino.
“Chiunque abbandona una persona minore degli anni quattordici, ovvero una persona incapace, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia, o per altra causa, di provvedere a se stessa, e della quale abbia la custodia o debba avere cura, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni”

Alla stessa pena soggiace chi abbandona all’estero un cittadino italiano minore degli anni diciotto, a lui affidato nel territorio dello Stato per ragioni di lavoro.

La pena è della reclusione da uno a sei anni se dal fatto deriva una lesione personale, ed è da tre a otto anni se ne deriva la morte.

Le pene sono aumentate se il fatto è commesso dal genitore , dal figlio, dal tutore o dal coniuge ovvero dall’adottante o dall’adottato”

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Il fatto che una legge disponga o rafforzi le tutele previste per i giovani minorenni, come in questo caso fa il succitato art 591, nel caso dei minori infra quattordicenni, è sicuramente cosa buona e giusta.

Una legge che lascia addirittura sorpresi per il pathos che suscita in chi legge, data la scrupolosa e dettagliata descrizione di tutti i soggetti obbligati e coinvolti.

La norma in esame, se da un lato tutela sicuramente il valore etico-sociale della sicurezza della persona fisica contro determinate situazioni di pericolo, ponendo una tutela in vista della protezione del bene della vita e dell’incolumità fisica deisoggetti deboli, oltre a garantire per essi un obbligo umano eassistenziale, dall’altro genera, però, dubbi e perplessità, in relazione all’interpretazione di alcuni elementi in essa contenuti e più precisamente in relazione al significato di”incapacità” diprovvedere a se stessi.

Nel caso di persone incapaci di provvedere a se stessi per malattia di mente, di corpo o per vecchiaia, o per altra causa, nulla quaestio.

Ma cosa dire nel caso dei minori infra quattordicenni e sull’individuazione della connessa capacità o incapacità di provvedere a se stessi? Senza considerare che molto spesso questo articolo viene utilizzato dai coniugi separati per addossare le colpe di mancata custodia e cura al genitore affidatario.

Sulla definizione di capacità o incapacità giuridica, essendo tale punto di natura squisitamente giuridica, non mi soffermerò. Ritengo, invece, essenziale, doveroso e necessario aprire una riflessione sul divieto di abbandono, così’come citato nella legge,che offre un interessante spunto per aprire un ragionamento sull’obbligo di cura:

“ Chiunque abbandona una persona di anni quattordici….dellaquale abbia la custodia o debba avere cura…..”recita, infatti, la legge.

L’abbandono di cui parla la legge non è collegato al concetto di “cura” in modo casuale, ma implicitamente esprime un significato più ampio, che non è la semplice traduzione in obbligo di custodia.

Il concetto di “cura” rimanda al concetto di accudimento che il caregiver è chiamato ad assolvere nelle fasi della crescita del minore e che si realizza attraverso un “sistema” di azioni ben preciso: attenzioni, sostegno, vicinanza, comprensione, ascolto, empatia, protezione, affetto che determinano ed influenzano il normale sviluppo psicofisico nel bambino.

Il concetto di “cura” così come espresso nella legge in esame, disseppellisce, certamente, il principio della “ madre sufficientemente buona” di cui parlava Winnicott, uno degli studiosi più autorevoli delle teorie sulle tendenze antisociali nei giovani, secondo cui ogni individuo esiste solo in quanto facente parte di una relazione, vive e si sviluppa grazie al soddisfacimento del bisogno primario di attaccamento ( D.Winnicott; Sviluppo affettivo e ambiente, Armando editore 2013) ; detto concetto di cura timidamente enunciato dalla legge, infatti, contrasterebbe con il comportamento eccessivamente permissivo dei genitori che implicitamente autorizzano i ragazzi ad una permanenza troppo lunga e solitaria fuori dalle mura domestiche e dalla sorveglianza familiare, ovvero ad una permanenza, seppur tra le mura domestiche, comunque solitaria.

Stante questo presupposto, possiamo certamente affermare che il concetto di “cura”non passa attraverso la metamorfosi dei genitori moderni, a cui stiamo assistendo da alcuni decenni, e che li vede trasformarsi in veri e propri delegati sindacali dei propri figli.

Il ragazzino prende un brutto voto a scuola State pur certi che noi genitori andremo a battagliare con i professori per rivendicare un voto più “equo”che possa consentire al nostro giovane rampollo infra quattordicenne, seppur tutelato dalla legge,di non sfigurare nella nostra amata società narcisistica.

Il concetto di “ cura” non passa neppure per il continuo esborso di denaro per l’acquisto di esosi beni di locomozione in formato mini-car , proporzionati alla loro mini-età, o per l’ingaggio di feste megagalattiche simil matrimonio per un semplice compleanno, egli esempi potrebbero essere enumerati a iosa.

La legge, dunque, a ben guardare, tuona come un monito ai genitori, di non lasciarsi travolgere dalla velocità impostaci dalla post modernità che ci espone al rischio di far disperdere la voce dei nostri figli al nostro udito.

Tuona come un incoraggiamento a migliorare il ruolo di caregivers e di sostegno per i ragazzi infra quattordicenni ancora troppo fragili ed immaturi per essere “ abbandonati” senza sostegno in una società che troppo spesso tende a cannibalizzare i suoi stessi figli .

Intervento dell’avvocato civilista e cassazionista Giulio Amandola, nonché presidente dell’Osservatorio Giuridico Italiano. Il reato di abbandono di minore di 14 anni in casa da solo: art. 591 del Codice Penale

L’art. 591 del Codice Penale si pronunzia evidenziando come configuri reato il lasciare a casa da solo un minore di 14 anni; ed infatti, analizzando il relativo testo normativo del suindicato articolo, si legge come “chiunque abbandona una persona minore degli anni quattordici, ovvero una persona incapace, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia, o per altra causa, di provvedere a se stessa, e della quale abbia la custodia o debba avere cura, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.
Alla stessa pena soggiace chi abbandona all’estero un cittadino italiano minore degli anni diciotto, a lui affidato nel territorio dello Stato per ragioni di lavoro.
La pena è della reclusione da uno a sei anni se dal fatto deriva una lesione personale [582], ed è da tre a otto anni se ne deriva la morte.
Le pene sono aumentate se il fatto è commesso dal genitore [540], dal figlio, dal tutore [346] o dal coniuge, ovvero dall’adottante o dall’adottato [291]”.
Pertanto, la legge punisce con il carcere (da sei mesi a cinque anni) chiunque abbandona un minore degli anni quattordici del quale abbia la custodia o debba avere cura.
Se il minore abbandonato si fa male la pena va da uno a sei anni, se muore da tre a otto anni; le pene, poi, sono aumentate se il fatto è commesso dal genitore, anche adottante.
Per la legge penale, quindi, solo il minore che ha compiuto 14 anni può starsene tranquillamente a casa da solo anche per intere giornate, senza che i genitori corrano alcun rischio.
Se, invece, il minore ha 13 anni, o è più giovane, i genitori rischiano sino a sei anni e mezzo di carcere. È chiaro che il giudice prenderà in considerazione l’età del minore e il periodo di tempo in cui quest’ultimo è stato lasciato solo.
Infatti, la pena non sarà la stessa nel caso in cui venga abbandonato in un appartamento un bambino di 8 mesi, magari per diverse ore, da quello in cui, invece, venga lasciato solo in casa un ragazzino di 13 anni, ad esempio, per 15 minuti.
Il reato si configura anche se lasciamo in casa da solo il minore di sera o di notte, mentre già dorme, per un’ora o magari per pochi minuti, ad esempio per andare a prendere il cellulare che abbiamo dimenticato in auto oppure dal vicino; la situazione non cambia peraltro anche se il minore appare in grado di badare a se stesso.
Come tutti noi sappiamo, infatti, la legge non ammette eccezioni e, quindi, se veniamo “scoperti”, potremmo comunque essere processati per abbandono di minori col rischio di subire una condanna anche pesante.
Non conta, inoltre, che il minore abbia a disposizione strumenti per contattare i genitori o il servizio di emergenza, magari tramite uno smartphone, oppure che il luogo in cui viene lasciato sia sicuro (ad esempio sono state ben chiuse le finestre, la porta di casa o dell’officina, tolta la corrente ai fornelli e così via).
Non c’è nulla da fare, lasciare figli minorenni a casa da soli è un reato, anche se abbiamo adottato tutte le cautele necessarie per evitare che corrano dei rischi e possano farsi male; inutile dire che questa regola vale anche fuori dalle mura domestiche.
In sintesi, la norma impone il divieto di abbandono di determinati soggetti, i cosiddetti soggetti deboli, che versano in particolari condizioni, da parte di chi è gravato dall’obbligo di garanzia, assistenza o cura verso gli stessi.
La giurisprudenza in casi analoghi si è espressa più volte, condannando padri e madri, di aver riposto eccessiva fiducia nella maturità dei figli minorenni, lasciandoli da soli per andare al lavoro o per fare la spesa.
Difatti, la Cassazione ha sostenuto che: “rilevando ai fini della sussistenza dell’elemento soggettivo del delitto d’abbandono di persone minori esclusivamente la volontà dell’abbandono, la configurabilità del reato non è esclusa dalla convinzione del genitore che il figlio infraquattordicenne sia in grado di badare a se stesso o dalla circostanza che quest’ultimo sia affidato a soggetto non idoneo, come un coetaneo o un anziano privo del controllo di ordinarie situazioni di pericolo per l’incolumità propria e altrui” (Cass. Sentenza n. 9276/2009).
Va al contempo evidenziato come l’abbandono di minore o incapace sia un reato c.d. “di pericolo”, in quanto la legge sanziona non l’effettivo danno causato al minore ma la semplice possibilità che questo danno possa realizzarsi.
In altri termini, viene punita la semplice condotta che metta a repentaglio la vita o l’incolumità del soggetto debole, a prescindere dal fatto che il minore o l’incapace abbiano effettivamente riportato una lesione.
La Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto integrare il reato di abbandono la condotta di due madri che avevano lasciato a casa da soli per un’ora i quattro figli di età compresa tra i 2 ed i 7 anni.
Accertato che l’abitazione era posta al terzo piano dello stabile, con libero accesso ad un balcone aperto, e che in cucina era presente una candela accesa, i Giudici hanno affermato che i bambini erano stati esposti ad una situazione di pericolo concreto (Cass. Pen., Sentenza n. 19327/2013).
Conseguentemente, la giurisprudenza ha escluso che potesse configurarsi il reato di abbandono di minore quando tale pericolo poteva essere escluso.
La legge tutela le persone più fragili prevedendo non solo adeguate forme di sostegno ma anche pene severe per chi dovrebbe occuparsi di loro; tra i soggetti deboli rientrano anche i minorenni, sui quali i genitori dovrebbero sempre vigilare attentamente.
Intervento dell’avvocato è psicologa e autrice Lucia di Bello. Considerazioni sull’articolo 591 codice penale.
L’articolo 591 del codice penale stabilisce che “Chiunque abbandona una persona minore degli anni quattordici, ovvero una persona incapace, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia, o per altra causa, di provvedere a sé stessa, e della quale abbia la custodia o debba avere cura, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni”. La norma impone, pertanto, il divieto di abbandonare determinati soggetti (i cd. soggetti deboli) che versano in particolari condizioni da parte di chi è
gravato dall’obbligo di garanzia, assistenza o cura verso gli stessi.
La giurisprudenza, in casi relativi all’abbandono di minori di 14 anni, si è espressa più volte condannando padri e madri di aver riposto eccessiva fiducia nella maturità dei loro figli lasciandoli da soli per andare al lavoro o a fare la spesa. Nello specifico, la Cassazione ha stabilito che “(…) la configurabilità del reato non è esclusa dalla convinzione del genitore che il figlio infraquattordicenne sia in grado di badare a sé stesso”.
Esistono, comunque, dei casi in cui l’atteggiamento dei giudici è meno intransigente. In determinate situazioni, infatti, è possibile lasciare solo il bambino per pochi minuti: si pensi alla madre che deve scendere per buttare la spazzatura o per pagare le quote condominiali. I minuti possono protrarsi a seconda di due elementi che vanno comunque considerati:
1. il grado di maturità del minore, che lo renda in grado di chiedere aiuto e reagire in modo
tempestivo a situazioni impreviste ove ne sorga la necessità, senza farsi prendere dal panico; 2. lo specifico ambiente in cui questi viene lasciato solo: si pensi, ad esempio, al fatto che l’abitazione sia dotata o meno di un impianto elettrico a norma o che sia collocata in un condominio piuttosto che in un luogo isolato (un fattore rilevante è rappresentato dal fatto
che il minore possa contare, in caso di necessità, sul riferimento di un vicino).
Secondo l’esperienza di molti genitori, infatti, ci sono bambini che già all’età di 10 anni sono in grado di attendere mamma e papà a casa in assenza di adulti o di andare a scuola a piedi o con il bus da soli. In linea generale, però, occorre sempre fare attenzione e valutare ogni singolo caso. Esistono molti fattori da considerare, poiché mentre alcuni ragazzini sembrano già indipendenti e responsabili, altri
potrebbero avere timore di stare da soli. È anche necessario fare in modo che il bambino abbia sempre una figura di riferimento della famiglia che potrà contattare in caso di emergenza, oltre che varie persone (parenti, amici, vicini di casa) a cui potersi rivolgere.

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