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Rave di Marco Travaglio Il Fatto Quotidiano

L’umorismo giuridico, inaugurato da B. e proseguito da Salvini e Cartabia, fa un altro salto di qualità con l’articolo 434-bis del Codice penale per punire i rave illegali. E solo quelli, precisa risentito il ministro Piantedosi al Corriere: chi dice il contrario è “offensivo”. Purtroppo s’è scordato di scriverlo nel 434-bis, che punisce col carcere da 1 a 6 anni “l’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica… commessa da un numero di persone superiore a 50”. Quindi vale anche per occupazioni di scuole e università, proteste in piazza, picchetti in fabbrica, falò in spiaggia, feste di compleanno, laurea o nozze, schitarrate in strada, apericena sul marciapiede, pellegrinaggi in santuari, gite delle pentole con picnic nei prati, ma pure assembramenti di tifosi azzurri senza mascherina autorizzati da Draghi in piena pandemia. Forse il ministro pensa che un articolo del Codice possa essere corretto da un articolo di giornale. Ma i legislatori meloniani sono piuttosto digiuni di Codice penale, sennò saprebbero che ciò che punisce il 434-bis è già punito dal 633 (“Chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto”), ma con pene da 1 a 3 anni e solo a querela della parte offesa. L’idea di punire un reato due volte perché, con una sola, si continua a commetterlo, impone che il governo, per coerenza, ri-vieti anche omicidi, rapine, furti, scippi ecc. con altri “bis” numerati a cazzo.
Si dirà che qui l’invasione è aggravata dal pericolo che “può derivare” per l’ordine, l’incolumità o la salute pubblici. Sì, ma chi lo stabilisce in anticipo: un poliziotto veggente? E come si concilia il reato-oracolo con l’art. 17 della Costituzione sul diritto “di riunirsi pacificamente”, “anche in luogo aperto al pubblico” e “senza preavviso”, salvo “comprovati motivi di sicurezza o incolumità pubblica” (comprovati, non presunti o vaticinati)? Si dirà che qui bisogna essere almeno in 51. Giusto, infatti immaginiamo l’organizzatore che invita solo 49 ravisti e raccomanda a tutti di non portare amici: come quando non vuoi ritrovarti in 13 a cena perché porta sfiga. La comica finale sono Meloni e Tajani che si vantano di avere sventato le intercettazioni. E non sanno che sono consentite per i reati sopra i 5 anni di pena, e qui sono 6 per gli organizzatori (ma non per i partecipanti). Quindi gli organizzatori di rave sono intercettabili. Ma il sottosegretario Sisto vuole scendere a 4 anni, così nessuno sarà intercettato. E come farà la polizia a distinguere gli organizzatori dai semplici partecipanti? Invierà sul posto solo agenti di scuola lombrosiana e li sgamerà dalle facce.
Marco Travaglio

Rave di Filippo Facci Libero

Ubriacature di massa, riti dionisiaci in qualche bosco o in zone trascurate della periferia, uomini e donne di ogni ceto sociale che si ammucchiano in una sola folla orgiastica ebbra di alcol. Un sol corpo deforme che danza come rimbecillito e ipnotizzato da orge di suoni e luci che bruciano la notte sino all’alba, con le ritmiche ossessive e frastornanti in un raduno che riporta tutto a una primitività stordente, che spogli ciascuno della singola personalità, che liberi da ciò che rende civilizzati. Ma non è un rave party, questo: è una qualsiasi Festa dei Folli del Basso Medioevo, per esempio a Notre Dame, 6 gennaio 1482. Da allora è cambiato poco, e – mi dicono – è cambiato poco anche rispetto ai due rave a cui mi affacciai timidamente venticinque anni fa. La regola è la stessa: l’illegalità. Che non è il formalismo delle regolette sui permessini o sui decibel. È un requisito essenziale e primario, qualcosa senza il quale un rave party diventa un party qualsiasi. Il rave party è illegale oppure non è: è illegale l’occupazione, la devastazione, gli stati d’ebbrezza, le sostanze, l’illusione di affermare un disordine rispetto all’ordine costituito. Un mondo senza regole che non deve, però, preoccuparsi delle regole – anche nuove – architettate dal mondo di fuori: ma solo della misura in cui verranno applicate. Diremmo noi adulti: in Italia non c’è il problema del Legislativo, ma dell’Esecutivo e del Giudiziario.
Filippo Facci

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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