Capua, Al Ricciardi gli spettatori dialogano con il protagonista di “Ti mangio il cuore”
Serata di festa ieri al Riccardi, dove gli attori protagonisti dei film del momento tornano ad essere ospitati e intervistati da Francesco Massarelli.
Ieri sera è stata la volta di Francesco Patanè, giovane e promettente attore, protagonista del film “Ti mangio il cuore” di Pippo Mezzapesa, presentato nella sezione Orizzonti, all’interno della 79° Mostra del Cinema di Venezia. Si tratta di un film che fa riferimento, attraverso una storia d’amore (quella tra Andrea, erede dei Malatesta e Marilena, bellissima moglie del boss dei Camporeale) alle lotte di mafia per il controllo del Gargano. Mentre risuonano canzoni del momento come Dragostea Din Tei o El Talisman si commettono una serie di omicidi motivati da alcune consuetudini di vita, regolate da codici ancestrali, che paiano richiamare quelli che determinano il destino dei protagonisti delle tragedie greche. A custodire tali codici sono proprio le donne come la bravissima e intensa Lidia Vitale (la mamma del protagonista) e la sorprendente Elodie (nel film Marilena Camporale, che però a un certo punto matura la scelta di cambiare vita). Dominano le scene con animali e macerie, che rimandando alla primordialità e talvolta alla ferocia cfu certi regolamenti di conti. Altre scene, come quella in cui uno dei personaggi è costretto a magiare il letame prima di essere ucciso in quanto delatore, sembrano citare il Pasolini di “Salò o le 120 giornate di Sodoma”, film nel quale il potere coercitivo -inteso in questo caso in un senso più generale- degrada l’uomo al livello della bestie e costringe di conseguenza ad azioni ripugnati. Bravissimi gli attori di questo film che fa luce su aspetti della malavita foggiana poco conosciuti. Lascia davvero piacevolmente colpiti la capacità di Elodie, al suo primo film, di rendere la tristezza, la cupezza, la determinazione e la sensualità necessarie per rendere a pieno il ruolo della moglie di un boss che si abbandona alla passione amorosa (tra l’altro la colonna sonora del film è “proiettili”,una sua canzone). Non è da meno il giovane e bravo attore genovese Francesco Patanè, che è riuscito rendere perfettamente una vera e propria metamorfosi: da giovane sensibile e innamorato si trasforma in uomo aggressivo e feroce vendicatore dei torti subiti dalla sua famiglia. Questo repentino cambiamento parte dallo sguardo (che si fa tagliente e pieno di odio) e si conclude nei modi e nei gesti (che si fanno rapidi e brutali). È come se l’omicidio del marito della donna da lui amata lo avesse svuotato e allontanato da sogni, progetti e desiderio di riscatto. Oramai appartiene più al mondo ancestrale della sua famiglia (come dimostra la scena in cui lui -che oramai è un boss-decide di dormire dopo la morte del fratello accanto alla madre, lasciando la moglie perplessa). In ogni caso, sono stati bravissimi tutti gli attori comprimari, da Francesco di Leva, Lidia Vitale, Tommaso Ragno, fino a Michele Placido. Il bianco e nero di D’Attanasio, poi, ridimensionando l’effetto splatter, ha contribuito a non concentrare l’attenzione sugli aspetti più efferati delle esecuzioni.
Al termine della proiezione, Massaralli ha intervistato Patanè. Gli ha inizialmente chiesto come fosse arrivato a far parte del cast. Patanè ha risposto dicendo di aver sostenuto un primo provino in dialetto foggiano (nonostante sia genovese), un secondo a Roma e un terzo con Elodie a Milano. Alla domanda sul motivo per cui sia stato scelto il dialetto foggiano, Patanè ha risposto che il foggiano ha aperto le strade alla concretezza legata alla terra e al mondo rurale raccontato nel film. Massarelli ha poi elogiato la capacità di Patanè di restituire l’atmosfera di universo mafioso lontano dalla civiltà e di trasformarsi da innocente innamorato a brutale assassino. L’attore ha sottolineato proprio come per lui non sia stato semplice passare dal bambino che aveva paura dell’anello del padre e dei santini (con le foto delle persone uccise) ad esecutore di sentenze emesse da inaccettabili codici di vita. Il film gli è costato una certa fatica al punto che ha raccontato di aver detto al regista di “non aver fatto il militare, ma ti mangio il cuore”, anche perché ogni scena ha richiesto di esprimere emozioni forti. A questo riguardo-ha raccontato l’attore- Lidia Vitale ha affermato di essersi sentita un “jukebox emotivo”
L’attenzione di Massarelli è poi passata al ruolo svolto dalle donne nel film. Patanè ha confermato che si tratta di un film matriarcale, difatti le donne dominano l’amore e la morte. L’uomo è il burattino della donna amata e della madre (Lidia e Elodie). Il film- come ha confermato Patanè a Massarelli- è stato girato a Foggia, Ascoli satriano a Peschici (quella non turistica) e a Vieste (prima di arrivare nella città) in otto mesi. Fondamentale è stato il ruolo delle maestranze. Chi si è occupato dei costumi ha ripensato-ad esempio-il film in bianco e nero, facendo indossare agli attori abiti con colori sgargianti.
In conclusione, il Direttore artistico del Ricciardi ha chiesto a Patanè di raccontare i suoi esordi.Il giovane attore ha riferito di aver intrapreso la sua carriera a 7 anni, di essersi poi formato al teatro stabile di Genova per tre anni, per approdare poi Roma per il cinema. Nel raccontare gli episodi che lo hanno portato a girare i suoi primi due film importi (il primo “Il cattivo poeta” per la regia di Jodice) ha ricordato il consiglio di uno dei suoi maestr che spesso gli ripeteva “Si specifico e non speciale”. Solo in questo modo si risulta davvero convincenti!
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