‘Coccodrillo’: torna nelle librerie il libro capitalista di Dostoevskij: perché proprio adesso?
TORNA LA SATIRA DEL RUSSO
Una “birichinata letteraria” nella scia surreale di Gogol. Bersaglio sono i goffi intellettuali del tempo: idioti che si credono economisti e statisti (da circo).
Una mattina a Pietroburgo, Ivan Matveic, funzionario progressista e vanaglorioso, si reca insieme alla moglie a vedere un coccodrillo esposto da un impresario tedesco insieme ad altre mirabilia. Curioso, si accosta all’animale e in un sol boccone viene inghiottito. In una scena che volge alla bagarre, si scopre non solo che il povero Ivan non è morto, ma che, novello Giona, nel ventre del mostro vuole restarci per elaborare una teoria che migliori le sorti dell’umanità, sfruttando, anche economicamente, la celebrità della sua eccezionale condizione.
Serena Vitale, che ha pregevolmente curato l’edizione, ci informa nella postfazione che nelle minute del Coccodrillo Dostoevskij annotava che filosofo in Russia è sinonimo di “imbecille”. Non sappiamo bene a quale tipo di filosofo facesse riferimento, se al teoretico o al morale – tutte categorie fuori corso storico nell’epoca della trionfante scienza positiva – ma senz’altro fa del suo protagonista un imbecille e un filosofo positivista, progenitore di Bouvard e Pecuchet, con cui una quindicina di anni più tardi Flaubert tratteggerà gli eponimi dello scientismo borghese.
All’epoca della redazione del Coccodrillo, il liberalismo e la cultura borghese, cioè le idee “nuove” che arrivavano da Occidente come il coccodrillo importato dall’imbonitore-capitalista tedesco del racconto, cominciarono a ingrossare le file dei russi occidentalisti fautori del progresso e del Capitale.
“Il principio economico prima di tutto”, urla infatti Ivan Matveic dal coccodrillo-Capitale, dalla pancia del quale si guarda bene dal voler uscire attraverso il pentimento come Giona dal Leviatano o Pinocchio dal pescecane; nel mostro capitale il bene e il male non esistono e i dubbi morali sono superati dal principio economico e dalla sua efficienza che tutto giustifica secondo ragione: ciò che ingrassa il Capitale è buono e giusto.
Quattro anni dopo la pubblicazione di questo racconto, con L’idiota, Dostoevskij intese ribaltare il punto di vista sull’idiozia. Nel nuovo capolavoro infatti è il principe Myskin, con la sua purezza d’animo e bontà di spirito, ad apparire un idiota ai tanti Ivan Matveic che dominano ormai la società.
(Di Luca Sebastiani – Fonti: Fato Quotidiano – Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)