OGGI A CASSINO LE RICHIESTE DEI PM PER IL PROCESSO MOLLICONE
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IL PROCESSO MOLLICONE ( Corriere della Sera di domenica 3 luglio )
Indagini «lacunose» e «inconsistenti», mosse da una «incompatibilità ambientale» tale da rendere necessaria la collocazione altrove del suo autore. Prima ancora del giudizio penale nel processo che lo vede imputato per il concorso nell’omicidio di Serena Mollicone, il maresciallo Franco Mottola, ex comandante della stazione dei carabinieri di Arce, venne giudicato in modo assai negativo sul piano professionale dai colleghi per come condusse le indagini su quel delitto, tanto da evitare l’onta di un trasferimento d’ufficio solo grazie a una furba mossa d’anticipo sui suoi superiori
La circostanza è stata rievocata venerdì nell’aula di corte d’Assise di Cassino dal pm Beatrice Siravo. Secondo la procura, l’omicidio della 18enne avvenne proprio nella caserma diretta da Mottola per mano di suo figlio Marco. Il maresciallo in prima persona contribuì poi a far morire la ragazza, imbavagliandola quando era tramortita anziché aiutarla, e ne portò il corpo in un bosco assieme alla moglie Anna Maria. Ebbene, se solo dopo 21 anni si è arrivati a concretizzare l’accusa contro la famiglia Mottola, il motivo risiederebbe proprio nei depistaggi messi in piedi dallo stesso maresciallo, definito dal pm «una anomalia su scala mondiale di un assassino che indaga su se stesso con ampia mano per depistare le indagini».
L’elenco è lungo, in gran parte già emerso nelle indagini e a dibattimento, ed è stato ripercorso nella requisitoria durata sei ore e non ancora conclusa. Secondo la procura, subito dopo aver sbattuto la testa di Serena contro una porta dell’appartamento che i Mottola avevano in uso, Marco fu fatto uscire di casa per farsi vedere in giro ed avere un alibi. Il padre Franco tornò invece in sede ma sostenne di essere uscito subito dopo poggiando su un ordine di servizio pieno di incongruenze e imprecisioni, dunque sostanzialmente falso.
Il maresciallo raccolse poi le testimonianze della barista Simonetta Bianchi e del carrozziere Carmine Belli (poi processato e assolto per il delitto) che davano chiare indicazioni sulla presenza di Serena in auto con Marco Mottola quella mattina ma solo dopo 25 giorni le registrò agli atti e nel frattempo ne alterò il contenuto (anziché una Autobianchi Y10 bianca diramò la segnalazione per una Lancia Y rossa). Nascondendo quell’avvistamento, inoltre, il maresciallo Mottola riuscì, secondo l’accusa, a tenere ad Arce le indagini anche se per territorio sarebbero state nella competenza della caserma di Isola Liri. Anche la collocazione del corpo di Serena nel bosco di Anitrella non fu una scelta casuale ma mossa dall’idea di allontanare l’attenzione da quel passaggio del figlio al bar con la vittima. Mai dimostrate ma citate anche nell’informativa del Comando provinciale dei carabinieri su cui si regge l’accusa ci sono poi gli episodi del ritrovamento del telefono di Serena a distanza di giorni in casa del padre, gli interventi sul registro delle sue chiamate e i numeri in rubrica o quello della nota con l’appuntamento dal dentista dove Serena era stata quella mattina ritrovato nella carrozzeria di Belli. Molto altro dice l’informativa dei carabinieri sul clima di coperture e depistaggi che caratterizzavano la gestione della caserma e le prime indagini condotte dal maresciallo Mottola: «Risalta maggiormente il comportamento del padre Franco nei confronti del figlio Marco», scrivono i militari del Nucleo investigativo, definendolo «un crescendo di coperture». In un episodio non collegato con l’omicidio, ad esempio, Mottola non registra una segnalazione per droga del figlio, incappato in un controllo dei suoi sottoposti. La stessa droga (hashish) che il 20enne consumava e addirittura custodiva abitualmente in caserma.
Quando l’indagine sul delitto viene presa in gestione dal comando provinciale emerge per la prima volta il possibile coinvolgimento del comandante della stazione di Arce. Il rapporto stilato sul suo operato, letto in aula dal pm, parla di «inconsistente apporto informativo alle indagini», accertamenti «piuttosto lacunosi», per i quali «la ammissione di superficialità è una spiegazione insoddisfacente». «Mottola sapeva che il figlio frequentava pusher e consumava droga — è scritto ancora nella relazione — e questo fa sussistere una incompatibilità ambientale che rende necessari provvedimenti disciplinari (il suo trasferimento, ndr)». Il comando provinciale ascrive al maresciallo Mottola la responsabilità diretta di questi «errori». Il comandante, secondo il pm Siravo, fu informato del provvedimento in arrivo e riuscì a precederlo e prevenirlo presentando lui una domanda di trasferimento che fu presto accettata
( LE RAGIONI DELLA DIFESA DALLA BOCCA DEL CRIMINOLOGO LAVORINO )
GIALLO DI ARCE – OMICIDIO SERENA MOLLICONE: PREGASI DI NON SPUTARE ADDOSSSO ALLA CIVILTÀ GIURIDICA ED ALLA SACRALITÀ DEL PROCESSO
Noto con profondo rammarico che arrivano pressioni di tutti i tipi per influire sul libero convincimento dei Giudici della Corte d’Assise, per svilire la sacralità del processo e per “buttarla in caciara”: addirittura arriveranno comitati per fare comprendere (???!!!) che i Mottola sono colpevoli, addirittura sono stati sparati titoli col titolo “Marco Mottola è l’assassino” mentre la sentenza non è ancora stata emessa, addirittura le IENE preannunciano per la sera del 10 o 11 luglio uno “speciale” (sic!!!) su Arce: così si condizionano e si imbrogliano l’opinione pubblica e le coscienze: così l’opinione pubblica diviene colpevolista…! Purtroppo siamo alla frutta del buon senso e dell’etica, attenzione “Il sonno della Ragione genera mostri”!.
Noto che moltissimi soggetti disinformati e/o in malafede e/o faziosi sparano accuse a vanvera contro gli imputati Franco, Marco ed Annamaria Mottola, Francesco Suprano e Vincenzo Quatrale, nonostante i cinque si siano sempre professati innocenti e nel processo tutto sia stato chiarito: questi “moltissimi” seguaci della Colonna infame di manzoniana memoria e dell’Inquisizione torturatrice propalano dichiarazioni in tal senso, fregandosene della Costituzione, del principio di presunzione d’innocenza e delle risultanze processuali. Ora, per ridurre il livello del mio scritto, dico che sembra di stare in una taverna, in una bettola, in un bar, dove si sparano sentenze senza nulla sapere. E qui mi sovviene la frase di Umberto Eco: “I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli». Il problema, nel caso di Arce, è che gli imbecilli parlano perché sobillati da faziosi, da pennivendoli, da soggetti che hanno scommesso immagine, carriera e futuro sulla colpevolezza dei cinque imputati e/o che accusano gli imputati per “fare piacere agli amici degli amici” o per motivi di spicciola convenienza.
Noto che tutti sono contro i Mottola, ad esempio, il Comune di Arce, l’Arma benemerita, Associazioni varie, giornalisti disinformati, giornalisti che hanno convenienza mediatica-velinara ad allinearsi alla linea dell’accusa, e qualcuno lo fa anche per altri interessi… anche per accattivarsi le grazie fisiche o di attenzione di qualche “preda”. Parola d’ordine e valore assoluto prevalente: I Mottola sono colpevoli. Mia domaqnda: ma chi lo dice? Risposta: è solo un’ipotesi sponsorittata da moltissimi per motivi d’interesse, psicologici, d’immagine e di carriera!
Ho la certezza che sia stato strumentalizzato il dolore dei famigliari di Serena Mollicone, prima spinti contro Carmine Belli, ora contro i Mottola… e poi, contro chi?
Ho dichiarato diverse volte che sono IMMERITATAMENTE esaltati come “influencers” territoriali, nonché “opinionisti” e “commentatori” tre soggetti che, secondo me, dovrebbero stare zitti per motivi di dignità e di opportunità : 1) la figlia di Santino Tuzi che invece di scagliarsi contro chi ha insultato, minacciato, deriso e vilipeso il padre… sceglie scenari impossibili, come se volesse diventare “Ilaria Cucchi Due”; 2) Antonio Mollicone che da grande accusatore contro Carmine Belli è diventato il grande accusatore dei cinque imputati e il fan sfegatato dei CTPM quali la prof.ssa Cattaneo, l’ing. Sala, i tre militi dell’Arma Casamassima, Saltamacchia e Della Guardia, ecc. ecc, dimenticando le precedenti scivolate di altri CTPM; 3) Carmine Belli, che dice tutto e contrario di tutto, insinuando, facendo il detective, il criminologo e l’opinionista, scivolando e inciampando su falsi ricordi e su altro, così diventando il “testimone della Corona”. I TRE “FANNO NOTIZIA”… E TANTO E’!
Ma non è finita. In questo processo sono arrivati tutti i “cercatori di vana gloria” e i “cacciatori col carniere vuoto”, e così costoro guadagnare la fettina di gloria e/o il piattino di lenticchie per il futuro, ad esempio: A) investigatori e consulenti dei Pm che altro non hanno fatto che allinearsi ai “desiderata” procurali, e sono stati ben pagati con i soldi dello Stato (!?); consulenti e investigatori del PM che, innamorati dell’intuizione, del sospetto e dell’illazione, sono venuti a ripetere a memoria la lezioncina contro i cinque imputati che ha fatto prendere loro la sufficienza; B) consulenti delle parti civili che sono venuti ad ammorbarci e dilettarci con amenità varie: chi con tesi sballate dimostrando così di essere impreparato sul fascicolo processuale e sulle udienze, al massimo recitando qualche lezioncina di un anno fa con l’intento di confutare noi della Difesa dei Mottola e/o di pubblicare qualche corbelleria su Facebook; chi con le Reti Bayesiano male applicate e basate su presupposti parziali e sballati; ed ancora, il prof. Ernesto D’Aloya ancor non sapeva che 20 anni fa aveva preso una cantonata terribile ritenendo che il video dell’ispezione cadaverica di Serena da lui analizzato fosse del 4 giugno 2001 e non del 3 giugno, con tutte le conseguenze immaginabili, prima fra tutte l’orario della morte spostato almeno di 24 ore (!?)… questa è l’Italia giudiziaria-investigativa che si vorrebbe?
E si continua a non finire: abbiamo assistito, sempre alla faccia della presunzione d’innocenza, ad attacchi indiscriminati da parte di trasmissioni e programmi televisivi quali LE IENE (di cui tre soggetti tentarono di intrappolarmi tramite un imbroglio del tipo “copia/Incolla”), a tesi colpevoliste propalate da trasmissioni tipo CHI L’HA VISTO?, QUARTO GRADO ecc. ecc, e ad attacchi di giornali e di altri mezzi di comunicazione i cui autori si industriano a farsi il “piacere di colleganza e di reciprocità”.
ABBIAMO ASSISTITO A UNA REQUISITORIA DEL PM CHE DIMOSTRA DISCONOSCENZA DELLE REGOLE BASILARI DELL’INVESTIGAZIONE CRIMINALE E DELLA LOGICA INVESTIGATIVA.
ATTENZIONE: LA PORTA DELLA CASERMA DI ARCE NON È L’ARMA DEL DELITTO O MEZZO LESIVO; SERENA NON È STATA UCCISA IN CASERMA CC DI ARCE PERCHÈ È ENTRATA NELLA STESSA; L’IMPIANTO ACCUSATORIO CONTRO I CINQUE IMPUTATI FA ACQUA DA TUTTE LE PARTI.
PER FINIRE: ATTENDIAMOCI ATTACCHI DA TUTTI, DA TUTTE LE PARTI E CONTRO LA VERITÀ!
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)
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