Edgar Morin. Una certa idea della Russia
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La necessità di rigenerare l’Europa è il messaggio che in occasione dei suoi cento anni, pochi mesi fa, Edgar Morin volle lanciare su Robinson. Il filosofo e sociologo francese torna sulla copertina del nostro supplemento, in edicola oggi con Repubblica, per analizzare la crisi geopolitica causata dall’attacco russo all’Ucraina. Il suo sguardo si volge all’indietro, alla storia dell’impero russo prima e dell’Unione Sovietica poi, fino all’autocrazia putiniana. Poi si immerge nello scacchiere attuale, suggerendo che proprio nella consapevolezza di un destino europeo condiviso può risiedere la possibilità della pace. Perché ogni giorno di questa guerra, avverte Morin, è un giorno in cui trascuriamo le altre minacce al Pianeta: la catastrofe ecologica e la debolezza delle democrazie.
Nelle pagine seguenti, come sempre, troverete la cronaca del processo per la strage del Bataclan firmata da Emmanuel Carrère, le recensioni delle novità in libreria e lo spazio dedicato a un autore da riscoprire: Rosella Postorino scrive di Maria Bellonci, nel cui salotto nacque il Premio Strega.
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Shmuel Dresner, The Ghost Town (1982)
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Lo scrittore tedesco Ingo Schulze è tra i protagonisti di Taobuk, la rassegna di Taormina alla quale dedichiamo l’apertura delle pagine Festival. Schulze, intervistato da Raffaella De Santis, presenterà in Sicilia il suo ultimo romanzo La rettitudine degli assassini. A Forlì, invece, si celebra Caterina Sforza, nobildonna anticonformista e pioniera del sapere: scrive per noi il suo ritratto Eleonora Mazzoni, direttrice artistica della rassegna a lei dedicata. Parte infine il Festival della Bellezza in diverse località venete: tra gli appuntamenti l’omaggio di Simone Cristicchi a Franco Battiato, scomparso un anno fa, come lo stesso Cristicchi racconta nell’intervista firmata da Annarita Briganti. Poi, come sempre, le segnalazioni degli eventi culturali della settimana in tutta Italia.
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David LaChapelle, Our Lady of the Flowers (2019, Hawaii)
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“Le sue opere, pure se le abbiamo già osservate, amate e odiate sulle riviste di mezzo mondo, dal vivo mantengono l’effetto da prima volta. Merito, chissà, del loro sorprendente e ipercolorato surrealismo portato ai limiti di ciò che, almeno nell’arte, è concesso”. Così scrive Maurizio Fiorino della retrospettiva al Mudec di Milano, dedicata al fotografo superstar David LaChapelle. Da Maui, l’isola delle Hawaii dove vive, lo stesso LaChapelle commenta il desiderio di spiritualità che emerge dalla mostra I Believe in Miracles: “L’universo sta andando a pezzi e il compito di tutti è cercare di rimetterli insieme, liberandoci dal materialismo e dall’ansia”. Nelle pagine dell’Arte anche l’intervista di Olga Gambari a Giorgio Griffa, maestro della pittura ora celebrato al Centre Pompidou di Parigi.
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Libri per ragazze e ragazzi
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Una tavola di Sophie Fatus per I 10 segreti della felicità di Alberto Pellai (ed. La Coccinella)
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Il gioco, per i bambini, è una faccenda maledettamente seria: è la tesi che Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta, sviluppa in un articolo scritto per le nostre pagine dedicate a ragazze e ragazzi. L’occasione è l’uscita di un suo libro interattivo, pubblicato da La Coccinella, in cui, attraverso finestrelle di dialogo e momenti ludici, prova a insegnare ai più piccini autostima, serenità e condivisione. Spostandoci su una fascia d’età più alta, questa settimana Ilaria Zaffino ci segnala lo sbarco in Italia di Soul Riders, fantasy ecologico al femminile tratto da un celebre videogioco. Spiegandoci anche perché il “matrimonio” tra i due mondi, quello della narrativa e quello dei videogame, spesso risulta felice.
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Da sinistra: Dominique Sanda in Gruppo di famiglia in un interno (1974) di Luchino Visconti e in un’immagine recente
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Da vent’anni vive in Uruguay. Ora Dominque Sanda, protagonista di film mitici, da Novecento di Bertolucci a Il giardino dei Finzi-Contini di De Sica, torna in un film italiano: Il paradiso del pavone di Laura Bispuri, in sala dal 14 giugno. Ad Arianna Finos, che l’ha intervistata, l’attrice francese, oggi 71enne, spiega il suo ruolo in questa commedia di famiglia tra segreti e bugie, e ricorda attori e registi di una carriera straordinaria. Dicendo: “Pensare a loro mi dà felicità. Mi hanno reso quel che sono oggi, con il loro lavoro e la loro amicizia”.
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L’illustrazione di Jacopo Camagni rappresenta il “multiverso” Marvel che sfila per il Pride
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Dei supereroi di solito si racconta il coraggio. Di recente, anche il coming out. Per decenni gli indomiti vendicatori col mantello e la maschera hanno temuto di essere gay. E, fuor di metafora, gli autori di quei fumetti, a cui era vietato parlare di altri modi di amare. Più o meno fino agli anni Novanta. Oggi è un’altra storia, anche gli eroi sono diventati queer: alcuni storici, come l’Uomo Ghiaccio o Harley Quinn e Wonder Woman, altri più nuovi, come la coppia di Hulkling e Wiccan, o i figli di Superman e di Wolverine. Mentre sono in uscita due volumi dedicati al Pride di casa Marvel e Dc, ripercorriamo la storia di questo cambio di rotta con Marco Lupoi, direttore editoriale di Panini Comics. L’intervista è di Gabriele Di Donfrancesco.
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Luca Serianni in un disegno di Riccardo Mannelli
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Per Straparlando, Antonio Gnoli intervista Luca Serianni, tra i maggiori studiosi della lingua italiana e della sua storia. Un amore nato in una giovinezza solitaria, accanto a un padre ansioso che l’ha schermato dalla vita. Da adulto l’accademia e la didattica sono stati vissuti come missione identitaria e come realizzazione di una passione. Una passione che è un invito a vedere l’italiano come una famiglia in cui trovare rifugio.
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Una tavola realizzata per noi dal fumettista Giulio Macaione
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Su Robinson di questa settimana Giorgio Dell’Arti intervista Giulio Macaione, che con il suo Scirocco ha vinto il torneo letterario dedicato ai graphic novel italiani. Scelto dai nostri giudici lettori tra oltre duecento concorrenti, Macaione è autore di una storia in parte autobiografica, che gli è servita a elaborare il lutto per una persona molto cara. E qui Macaione confessa: “Disegno da quando ero bambino. Sono felice, non chiedo altro alla vita”.
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“Una lunga fila di camion, presidiati ai quattro angoli da guardie giurate senza espressione e armate di mitra, procedeva con lentezza. Dentro ai camion, ammassati l’uno sull’altro, erano accovacciati dei piccoli uomini dalla pelle gialla con vecchie uniformi verdognole”. In 1984 di George Orwell lo spettacolo dei prigionieri di una guerra senza fine, di cui la gente sa poco e si interessa ancor meno, è diventato ormai banale e noioso. “All’inizio c’era stato qualche buu e un paio di fischi, ma provenivano dai membri del partito sparso tra la folla, ed erano scemati presto. A prevalere, invece, era un sentimento di semplice curiosità. Gli stranieri, venissero dall’Eurasia o dall’Estasia, erano come animali esotici. Li si vedeva solo ed esclusivamente nelle vesti di prigionieri, e anche da prigionieri non si riusciva a dar loro che un’occhiata fugace”. Nel romanzo distopico, l’eco di quella guerra lontana e ormai eterna serve soprattutto a rinforzare un potere molto vicino, quello del Grande Fratello. Nella realtà in cui viviamo, forse, chissà.
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