I gemelli Bedser: i campioni di cricket che si allenavano a Caserta e Roma durante la guerra
Durante il secondo conflitto mondiale, ad un mese dal famoso Sbarco di Salerno in Campania, Napoli e Caserta furono completamente occupate dall’ingente massa di militari angloamericani arrivati in Italia per “liberarci dal giogo nazifascista”. Come già raccontato in altri miei articoli e testi (I Caduti di Pietra, La Guerra Dimenticata, Storie da Pubblicista), il vento della modernità e della globalizzazione iniziò quindi a soffiare prepotentemente nel nostro Paese proprio dal 1° ottobre del ’43, dal giorno in cui gli Alleati entrarono in una Napoli già liberatasi dall’ira nazista grazie alla ribellione dei suoi esasperati cittadini. In quel momento tutti i nostri maggiori beni culturali, come pure i più quotati palazzi storici, furono occupati e trasformati dagli angloamericani e, come sarebbe poi avvenuto anche a Roma pochi mesi dopo, nelle infrastrutture commerciali, come ad esempio gli impoveriti magazzini UPIM, comparirono merci di tradizione e costume anglosassone. Napoli fu convertita presto, nonostante le ampie distruzioni e le epidemie in corso, tra l’altro strategicamente favorite dai tedeschi prima della ritirata, in una grande retrovia sia di supporto che di svago, mentre Caserta, l’11 novembre del 1943, grazie alla requisizione della Reggia borbonica, diventava ufficialmente il grande quartier generale da cui controllare l’andamento del conflitto in Europa fino alla sconfitta del III Reich.
Però le trasformazioni sociali e politiche, dettate dalla presenza dei militari alleati nel nostro Paese, non si limitarono solo agli ambienti dei vari palazzi storici occupati, ma, come accaduto alla Reggia di Caserta, inclusero anche parti importanti dei bei parchi monumentali campani dove presero vita tante iniziative, anche a carattere sportivo, che oggi completano un affascinate e poco raccontato quadro storico del nostro Centro-Sud. Proprio nelle pertinenze verdi del palazzo vanvitelliano, mentre il fronte restava attivo sull’asse Cassino-Roma, si esercitarono a lungo i gemelli Alec ed Eric Bedser, campioni inglesi di cricket, uno sport che, interrotto proprio a causa dei bombardamenti nazisti sul territorio britannico, fu trasferito sostanzialmente all’estero, negli altri Dominions di Sua Maestà e perfino nei territori occupati come l’Italia. In particolare la Reggia di Caserta, secondo i maggiori giornali sportivi dell’epoca, era, insieme al campo di Roma, ricavato nello stadio di calcio, e a quello di Napoli, ricavato nell’Ippodromo di Agnano, uno dei migliori impianti di cricket in assoluto, tanto che Alec Bedser, definito «…uno dei migliori cricketers inglesi del ventesimo secolo…», dimostrò proprio nel parco borbonico, nel ’45, il suo oramai crescente valore tecnico. Potremmo dire che alla Reggia di Caserta, in pieno periodo bellico, Alec preparò il suo rientro da campione, la sua corsa definitiva verso il successo internazionale, decretato prima come recordman di Test Cricket per ben nove anni, il campionato mondiale di questo sport, e poi, ritiratosi dal gioco attivo, addirittura come primo selezionatore della nazionale inglese. Un professionista sostanzialmente battezzato e lanciato durante la guerra a Caserta, approfittando della disponibilità di una grandiosa struttura italiana. A conferma di ciò, infatti, si ricorda che proprio nel 1947, potremmo dire un attimo dopo la fine del conflitto, il più noto e bravo componente dell’inseparabile coppia gemella ottenne il titolo di Cricketer dell’anno, quello che per il calcio sarebbe l’odierno e tanto agognato Pallone d’Oro.
Ma chi erano davvero questi due gemelli britannici che passarono una piccola ma fondamentale parte della propria esistenza in Italia, tra Caserta, Napoli e Roma? Nati il 4 luglio del 1918 a Reading, cittadina inglese del Berkshire, una contea ad ovest di Londra, dove il padre lavorava con la Royal Air Force, presto si trasferirono definitivamente a Woking, poco più a sud, nella contea di Surrey, territorio che plagiò profondamente il futuro dei due giovani perché coinvolti nelle attività sportive di cricket e calcio. Giovani e di grande prestanza fisica, due giganti buoni, si distinsero sempre per un vero e proprio comportamento simbiotico, tanto da scrivere e vestire allo stesso modo, oltre che condividere quasi ossessivamente buona parte delle scelte professionali sportive e poi imprenditoriali. Finiti in guerra, fecero scelte precise per evitare di essere separati, fino a ritrovarsi in Italia nel ’43 con i reparti britannici di stanza in Campania e, in particolar modo a Caserta, dopo aver precedentemente preso parte alle operazioni in Francia e alla famosissima ritirata, o disfatta, di Dunkerque nel giugno del 1940.
Avviati alla carriera proprio nell’importante team del Surrey, furono protagonisti di alcuni incontri sportivi tra “nazionali militari” tra il 1943 ed il 1945, dopo essersi allenati alacremente a Caserta e perfino a Roma, dove si andava allestendo una federazione di questo particolare sport anglosassone dopo la sua liberazione. Dimostrata la propria grandezza, Alec ed Eric furono praticamente stelle britanniche osannate in tutto il Commonwealth, tanto da giocare per diverse stagioni in Australia e in Sudafrica prima di ritirarsi definitivamente nei primi anni ’60.
Certo, a noi italiani il cricket può sembrare una disciplina strana e quasi secondaria, ma la sua valenza, anche e soprattutto storica, è dovuta al fatto che tale sport di squadra, praticato con mazza, palla e guantoni, giocato fra due squadre di undici cricketers ciascuno, è diffuso in mezzo mondo e mette insieme una comunità composta da oltre un miliardo di supporters! Non è cosa di poco conto, quindi, che un pezzo fondamentale della storia di tale gioco, che oltre all’Inghilterra, dov’è nato, è diffusissimo in India, Bangladesh, Pakistan, Sri Lanka, Australia, Nuova Zelanda e Sudafrica, sia passato per l’Italia. Un’altra curiosità che ci racconta di aspetti meno cruenti e più umani del conflitto che sconvolse il mondo tra il 1939 ed il 1945, cambiando per sempre anche il nostrano modo di vivere e ampliando perfino gli storici orizzonti sportivi interni tutti tesi al più classico degli sport: il tanto amato calcio!
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