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Il linguaggio e le sue origini illustrate anche con esempi da un noto morfopsicologo

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Il morfopsicologo professor Bartolomeo Valentino ci illustra le origini del linguaggio.

Perché nasce il linguaggio?

La risposta è molto semplice. L’uomo non può vivere da solo, ma è destinato a vivere in un gruppo per la sua sopravvivenza e, quindi, a riconoscere un “capo-branco”, come ha dimostrato ampiamente il neurofisiologo americano P.D. MacLean nella sua teoria del “Cervello uno e trino”.

Da qui l’esigenza assoluta di comunicare, prima con i gesti e, successivamente, anche con la parola.

Prima di addentrarci in un discorso di tipo anatomo-funzionale, vogliamo dare alcune definizioni di termini che ricorreranno con frequenza.

1- Segno

Si intende una entità che rappresenta un’altra entità.

2- Comunicazione

È lo scambio di informazioni tra due soggetti, uno definito emittente, ovvero colui che fornisce un segnale; l’altro detto ricevente che svolge il ruolo di interpretazione di quel segnale. Ancora, più precisamente, si può definire lo scambio di informazioni tra due sistemi. Naturalmente i segnali in una comunicazione hanno bisogno di più canali di trasmissione degli stessi, ossia degli organi dei sensi, in particolare dei canali olfattivo, tattile, visivo, vocale.

3- Codice di Comunicazione

I segni fanno parte di un codice comunicativo.

Perchè possa avvenire una comunicazione l’emittente ed il ricevente devono essere a conoscenza dei codici di comunicazione.

4- Linguaggio

Va definito come un codice comunicativo specifico con doppia struttura di articolazione.

5- Lingua

È l’estrinsecazione del linguaggio.

Molti animali per comunicare ricorrono a segnali più o meno complessi.

Segnaliamo due esempi molto noti. Il primo esempio è dato dalla “danza delle api”. È un codice presente nella biologia delle api attraverso il quale si scambiano notizie utili alla loro sopravvivenza.

Per esempio, serve a definire la distanza e l’orientamento delle fonti del cibo. Infatti, la distanza della fonte del cibo è in relazione alla frequenza della danza, mentre la direzione dall’asse della danza rispetto al sole. Il secondo esempio, altrettanto noto, è dato dal richiamo delle verver monkeys (sono scimmie).

Il segnale a cui ricorrono con maggiore frequenza è quello per indicare un pericolo, come l’avvicinarsi di un predatore per cui possono fuggire sugli alberi.

Quale è una differenza fondamentale tra il linguaggio dell’uomo ed i segnali a cui ricorrono gli animali?

I segnali degli animali sono in riferimento a ciò che è presente nell’ambiente.

Tornando al caso delle api, esse danzano al ritorno da un posto dove hanno trovato cibo.

L’uomo, invece, con il suo linguaggio è in grado di comunicare situazioni avvenute già, che stanno avvenendo o che avverranno nel futuro.

Queste prerogative, ovviamente, rientrano nelle specifiche funzioni neocorticali che mancano nell’animale.

Non è la complessità della grammatica o la possibilità di imparare un ampio sistema che vieta agli animali di accedere ad un vero linguaggio, ma il fatto che, nell’uomo, il linguaggio è simbolico.

Si suol dire che la funzione principale del linguaggio è di comunicare ciò che non è ”qui, né ora”.

Per esempio, un cane può riuscire a farsi capire che ha fame o sete o di uscire andando a prendere il guinzaglio, porgendolo al padrone, ma non potrà mai riferirci se era ieri o domani che avrebbe voluto compiere quelle azioni.

(di Bartolomeo Valentino – Già Professore di Anatomia II Università di Napoli-Morfopsicologo – Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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