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“Io, giornalista, pistola alla tempia come una spia” La testimonianza – Gli 007 alla ricerca continua di sabotatori DI ANDREA CARRUBBA 4 MARZO 2022

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“Io, giornalista, pistola alla tempia come una spia”

La testimonianza – Gli 007 alla ricerca continua di sabotatori

DI ANDREA CARRUBBA
4 MARZO 2022
Ukrainian soldiers check people’s identity cards as they flee their neighborhoods, on the outskirts of Kyiv, Ukraine, Wednesday, March 2. 2022. (AP Photo/Emilio Morenatti)

È una fredda mattina di marzo e c’è silenzio, tra i corridoi dell’hotel Civilization. La signora in servizio al quarto piano ha da poco portato le colazioni: due panini farciti, una bustina di tè e una piccola porzione di burro. Sono seduto sul letto e sto scrivendo al pc, quando il click della serratura elettronica attira la mia attenzione e mi chiedo come mai, invece di bussare, qualcuno stia aprendo la porta. Irrompono urlando, armi alla mano, due poliziotti: il primo indossa una mimetica e un passamontagna, tra le mani impugna una pistola. Il secondo è in divisa blu, indossa anche lui il passamontagna e stringe un kalashnikov. Mi tengono sotto tiro e mi ordinano di alzare le mani. Il primo, il più grosso dei due, mi urla di sdraiarmi sul pavimento con la faccia a terra. La receptionist, Olga, improvvisatasi traduttrice nonostante il suo inglese stentato, urla gli ordini con il piglio di un comandante e sia io che il collega Cristiano Tinazzi, con cui divido la stanza, finiamo in un attimo sul pavimento.

“Documenti! Mostrateci i vostri passaporti, ma fate tutto molto lentamente” ci urla l’uomo in mimetica. Apro il portafoglio ed estraggo il passaporto e la press card, vengo spinto e strattonato, sono molto tesi e mi tengono la pistola a pochi centimetri dalla faccia, il fucile puntato allo stomaco. Siamo scalzi e chiediamo di poterci mettere almeno le scarpe, ma non ci viene concesso. Usciamo così in fila indiana, strattonati, e inizio a realizzare come quello che sta accadendo sia reale e per un attimo temo che presto saremo incappucciati e portati chissà dove. Stefania Battistini, la collega del Tg1 è in piedi in corridoio con la faccia contro il muro, a pochi passi dalla nostra porta. Il poliziotto più grosso, quello in mimetica, mi trattiene per il braccio destro e mi strattona di continuo, mentre camminiamo sulla moquette grigia del corridoio. Veniamo condotti tutti nella stanza di Stefania, dove troviamo i due operatori della troupe Rai: uno è faccia a terra sul pavimento. Accanto a loro la videocamera sul cavalletto, il cavo strappato e uno dei loro telefonini che rimanda ancora il video di ritorno. “Stavo per afferrare la maniglia quando l’ho vista aprirsi e mi sono trovato davanti un uomo in mimetica. Mi hanno fatto voltare spintonandomi per alcuni metri, quindi mi hanno forzato a sdraiarmi faccia a terra. Mentre ero sul pavimento mi hanno superato e hanno raggiunto i miei colleghi, sempre urlando. Uno di loro mi è salito con un ginocchio sulla schiena per tenermi giù” racconta l’operatore Mauro Folio. “Ero alla videocamera e stavo parlando con la regia per fare le prove audio e ho sentito urlare, ma non avendo il campo visivo libero, non ho capito subito quello che stesse accadendo. Poi l’uomo in mimetica mi ha schiacciato a terra davanti all’armadio” aggiunge l’altro operatore Simone Traini. Gli interrogatori continuano e nella stanza 401 fino a quando arrivano alcuni ufficiali e i servizi segreti ucraini dell’Sbu. “Press card, press card” continuano a chiederci. Ci fotografano uno alla volta, vogliono vedere il nostro materiale. L’Ucraina è un Paese in guerra e sabotatori e spie vengono arrestati ogni giorno anche a Dnipro. Forse siamo stati scambiati anche noi per spie, pensiamo. O forse c’è stata qualche segnalazione. “Perché siete nel nostro Paese? Cosa volete da noi?” gli ufficiali intanto ci interrogano per più di un’ora e pian piano gli animi si distendono, le armi di abbassano. “Quello che è successo dimostra lo stato di ansia e angoscia in cui versa il Paese e ogni cosa viene vista come una minaccia. Ma una volta mostrati i documenti ed effettuati i controlli, ci hanno lasciato andare scusandosi” dice poi sollevata Stefania Battistini. Le sirene intanto continuano a suonare, la tensione è sempre più alta: a Dnipro la guerra si avvicina.

FONTE:

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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