Eleonora (non) ha voce è il primo testo teatrale di Lucia Callisto
L’opera nasce dall’esigenza di ridare voce al mondo del teatro, alla sua funzione pedagogica, ma anche di denuncia di problematiche attuali, e ciò avviene attraverso la figura di colei che è stata considerata l’essenza stessa del teatro mondiale, la divina Eleonora Duse.
È un testo nato durante il periodo del lockdown, cioè nel periodo in cui il teatro si è trovato a subire un duro colpo per l’allontanamento forzato e ineludibile del suo pubblico affezionato. Ed ecco che, nel buio della pandemia, si è prospettata una nuova strada da percorrere: scrivere un testo teatrale dando voce a tanti personaggi. Il mondo segreto del dietro le quinte, con le sue dinamiche di rapporti complessi, nell’opera di Lucia Callisto si presenta senza pudori, con un perfetto senso dell’umorismo, con l’autenticità delle cadenze dialettali, ma anche con atmosfere surreali, sospese nel tempo.
Il ritmo dell’opera suggerisce una messa in scena piena di fantasia, unita al dinamismo dei cambi, che non possono non catturare uno spettatore che ama il teatro, che aspetta di tornare a gustarlo liberamente. Nell’opera si muovono dei personaggi apparentemente stereotipati, eppure consapevoli dell’idea che di sé trasmettono agli altri. Un vulcano prossimo all’eruzione, come un terribile monito, si erge minaccioso sulla scena e, con i suoi anelli di fumo, sembra voler suggerire che è arrivato il tempo per ognuno di lanciare, ora e più forte che mai, il proprio grido d’aiuto. Per qualcuno, purtroppo, questa si rivelerà l’ultima occasione per poterlo fare. In un clima di crescente inquietudine, gli attori Gennaro, Amalia e Imma calano le proprie maschere, svelando insicurezze nascoste e dolori da sempre taciuti.
“GENNARO: So’ rimasto sulo, nun tengo cchiù a nisciuno. No, tengo a Lia, si me vole. Se sta facenne juorn. Devo lasciare tutto questo, tutta ‘a vita mia, ‘a raggia d’o vulcano arriva pure ccà fra poco, e mò veramente non teniamo più tempo. Me ne voglio ì vestuto da Pulicinella (si mette la maschera). C’aspettavamo che ‘a fine veneva da’ montagna e invece è arrivata dalla vita di ogni giorno…’A vita nun perdona! È peggio do vulcano! Da ‘a ciorta, da ‘o destino nun te può salvà! Menomale che ce sta ‘o teatro!”.
“AMALIA: Stai al tuo posto! Qual è dunque il mio posto? Questo mi chiedo e ancora cerco… È ancora il posto a cui da secoli sono condannata? Quello che hanno deciso i miei padri per me? Dove vogliono che rimanga inchiodata per sempre? Ho ali forti ma ancora inesperte e quando cerco di volteggiare tra le nuvole più alte, cado rovinosamente come Icaro. Icaro… Suo padre Dedalo… Figure maschili a cui le mie labbra sono avezze, alle loro imprese, magnifiche, potenti, secolari… Ed io? Io sempre giù, e guai anche solo guardare in alto! Stai al tuo posto!”.
“IMMA: Non dovresti essere donna! Se fossi un uomo, già sarebbe un vantaggio! Ma secondo te, le donne che si atteggiano, che si panoveggiano e che ancheggiano così (fa i movimenti) in modo discinto, che so’? Pensano di essere libere, ma in realtà so’ quelle che più si adeguano al sistema di pensiero dominante, che è quello vostro, quello maschile, ovviamente. Se questa è libertà! Me pare più l’accettazione di una schiavitù!”.
L’AUTRICE
Lucia Callisto è nata a Benevento nel 1969. Ha frequentato l’università a Firenze, laureandosi in Lingua e Letteratura russa. Insegna in una scuola primaria di Prato, città in cui vive con suo marito e i suoi due figli, Alessandro e Claudia. La sua passione più grande è il teatro. Da più di vent’anni fa parte del Centro di Teatro Internazionale, una compagnia teatrale di Firenze, guidata dalla regista Olga Melnik. Le varie esperienze in teatro l’hanno spinta ad allestire molti spettacoli per i bambini delle sue classi, cimentandosi nella scrittura o nel riadattamento dei copioni.
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