Per ogni donna e non solo/ Storie di abusi, “da vittime a carnefici”
Aversa-Salve a tutti i lettori di Belvederenews e della rubrica “Per ogni donna …e non solo” ai quali diamo anche oggi il benvenuto con un nuovo ed interessante argomento di criminologia. La rubrica, diretta dal professor Pasquale Vitale è curata dall’avvocato Giulio Amandola, cassazionista e presidente dell’Osservatorio Giuridico Italiano e dalla dottoressa e criminologo Speranza Cardillo. Per affrontare l’argomento di oggi, che riguarda il passaggio “da vittima a carnefice”, abbiamo chiesto l’intervento dell’avvocato e dottoressa in psicologia, Lucia di Bello. L’avvocato di Bello è anche autrice di pubblicazioni giuridiche, di opere monografiche e collettanee per riviste e case editrici di rilievo nazionale, Relatrice in convegni su temi giuridici e sociali.
Introduzione della dottoressa Speranza Cardillo.
“Osservando i casi che si verificano nella realtà e dando importanza alla storia personale di un soggetto che commette reato, si può notare come il percorso di vita di ogni individuo condizioni le sue azioni future. Spesso, infatti, un bambino o un adolescente che subiscono abusi o violenze possono, a loro volta, diventare da adulti violenti o commettere, a loro volta abusi. Lo stesso si può notare per il reato di stalking. Non di rado accade che la vittima possa a sua volta commettere lo stesso reato in futuro, ovviamente nei confronti di altre persone, di cui è stato vittima. Questo accade, probabilmente, perché nessuno è più come prima quando viene abusato a livello psicologico o fisico e, pertanto, dopo certi episodi ci sarebbe sempre bisogno di un supporto psicologico per ricevere le cure appropriate. C’è inoltre un altro punto da considerare e mi riferisco alla duplice funzione della giustizia che, punendo il reato non solo assegna al reo la pena che merita, ma esercita anche la funzione di riscattare la vittima dagli abusi subiti. A tal proposito, e quindi per approfondire l’argomento, abbiamo chiesto l’intervento dell’avvocato Lucia di Bello.
Intervento dell’avvocato Lucia di Bello.
“I segni dei traumi originati da maltrattamenti, abbandono o abusi generano una ferita psicologica aperta caratterizzata da risentimento, rabbia e vulnerabilità. Gli effetti di tali esperienze e l’incapacità di sanarle portano spesso a proiettare questo profondo disagio negli altri, a volte persino attraverso comportamenti disadattivi.
I soggetti caratterizzati da narcisismo reattivo, ad esempio, usano il loro dolore come arma. La loro identità di vittima e il peso della ferita psicologica aperta, li trasforma spesso, e quasi inconsapevolmente in carnefici mascherati.
Si tratta di persone che non riescono a controllare l’impulso della vendetta e proiettano la propria rabbia sugli altri in svariati modi. Il concetto di “vittima” in sé, è spesso molto discusso. In primis va specificato che non tutti affrontano i traumi allo stesso modo, c’è chi, grazie alle proprie risorse psicologiche o al sostegno ricevuto, affronta un evento drammatico superando in poco tempo l’identità di vittima. Altri, invece, impiegano tutta una vita a superare quelle ferite che, quasi sempre, si portano dietro degli strascichi uno dei quali è il disturbo post-traumatico da stress. Secondo uno studio condotto qualche anno fa, il motivo per cui una persona esposta ad eventi traumatici reagisce in maniera violenta risiede nel fatto che l’esposizione a eventi negativi nei primi 15 anni di vita lascia un segno evidente nel tessuto emotivo e psicologico dell’individuo. Ad esempio i bambini cresciuti senza un genitore, oppure trascurati, che hanno subìto abusi o sono cresciuti in un ambiente con problemi di alcolismo rivelano la comparsa di comportamenti aggressivi e antisociali da adulti, una maggiore propensione all’abuso di droghe, nonché una chiara difficoltà nello stabilire relazioni sociali ed emotive forti e significative.
Ci sono persone talmente intrappolate nella loro vulnerabilità, nella loro rabbia repressa, nella paura che toglie il respiro e nel peso dei ricordi che, quasi senza accorgersene, sviluppano una sorta di “cecità emotiva”. Smettono di vedere e percepire realtà emotive al di fuori delle proprie. Questa mancanza di empatia deriva dalla ferita stessa, dal trauma che genera dei cambiamenti nel cervello e che in qualche modo finisce per modificare la personalità. La parte più complicata di tutto ciò è che a un certo punto chi si sente vittima può diventare carnefice. Lo fa l’adolescente maltrattato o abbandonato che evidenzia comportamenti violenti a scuola; chi in alcune situazioni si sente talmente vulnerabile e indifeso da reagire in modo eccessivo per difendersi; chi nell’infanzia è stato testimone o vittima di comportamenti aggressivi.
Clicca qui per l’intervento del Dott. Giulio Amandola
L’articolo Per ogni donna e non solo/ Storie di abusi, “da vittime a carnefici” proviene da BelvedereNews.
(Fonte: BelvedereNews – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)