Automobilismo. Formula Uno: i re della ‘guida di traverso’
Non tutti i piloti sono uguali nel mondo della Formula Uno:
alcuni hanno caratteristiche di guida molto molto particolari.
Di certo fra i grandi pionieri della guida di traverso, vi era un italiano, il cd “mantovano volante”, che alla guida delle proprie autovetture faceva faville e scintille, Tazio Nuvolari pilota amato/odiato dal drake della Ferrari che lo assoldò comunque all’ interno della sua scuderia.
Tazio Giorgio Nuvolari nasce a Castel d’Ario in provincia di Mantova, il 16 novembre 1892, quarto figlio di Arturo Nuvolari, agricoltore benestante, e di Elisa Zorzi, di origine trentina. Ragazzo vivacissimo e poco incline allo studio, Tazio è attratto dal dinamismo delle discipline sportive. Il padre è un ciclista, con più di un’affermazione all’attivo; lo zio Giuseppe Nuvolari è addirittura un asso: più volte campione italiano, si cimenta con successo anche all’estero nella velocità su pista e nelle primissime gare di mezzofondo dietro motori. Il piccolo Tazio proverà per lo zio Giuseppe molto affetto e un’ammirazione sconfinata, destinata a suscitare un fortissimo impulso di emulazione.
Nel 1923, all’età di trentun anni, Tazio inizia a correre con assiduità. Fra marzo e novembre prende la partenza 28 volte, 24 in moto e 4 in auto. Non è più un gentleman driver, bensì un pilota professionista. In moto è la rivelazione dell’anno. In auto alterna piazzamenti e abbandoni ma non manca di farsi notare, se non con la Diatto, certo con l’agile Chiribiri Tipo Monza.
L’attività motociclistica, predomina anche nel 1924: 19 risultati, contro 5 in auto. Questi ultimi sono tuttavia ottimi: c’è la sua prima vittoria assoluta (Circuito Golfo del Tigullio, 13 aprile) e altre quattro di classe. In Liguria corre con una Bianchi Tipo 18 (4 cilindri, due litri di cilindrata, distribuzione bialbero); nelle altre gare, ancora con la Chiribiri Tipo Monza.
Tazio è alla guida di questa vettura quando per la prima volta si batte contro un avversario destinato a un grande avvenire, anche se non come pilota: il modenese Enzo Ferrari il quale dichiara – “Il mio primo incontro con Nuvolari“, scriverà nelle sue memorie, “risale al 1924. Fu davanti alla Basilica di Sant’Apollinare in Classe, sulla strada ravennate, dove avevano sistemato i box per il secondo Circuito del Savio. Alla partenza, ricordo, non avevo dato troppo credito a quel magrolino, ma durante la corsa mi avvidi che era l’unico concorrente in grado di minacciare la mia marcia. Io ero sull’Alfa 3 litri, lui su una Chiribiri. E in quest’ordine tagliammo il traguardo. La medesima classifica si ripeté poche settimane dopo al Circuito del Polesine…“.
Nel 1925 Tazio Nuvolari corre soltanto in moto, ma con un intermezzo automobilistico tutt’altro che insignificante. Il giorno 1 settembre, invitato dall’ Alfa Romeo, prende parte a una sessione di prove a Monza, alla guida della famosa P2, la monoposto progettata da Vittorio Jano che fin dal suo apparire, nel 1924, ha dominato la scena internazionale. L’Alfa cerca un pilota con cui sostituire Antonio Ascari che poco più di un mese prima è deceduto in un incidente durante il G.P. di Francia, a Montlhéry. Per nulla intimidito Tazio Nuvolari percorre cinque giri a medie sempre più elevate, rivelandosi più veloce di Campari e Marinoni e avvicinando il record stabilito da Ascari l’anno prima. Al sesto giro incappa in una rovinosa uscita di pista. “Le gomme erano quasi a zero“, spiegherà Tazio, “e a un certo punto mi si disinnestò la marcia“. La macchina è danneggiata, il pilota è seriamente ferito, ma dodici giorni più tardi, ancora dolorante, torna a Monza, si fa imbottire di feltro e bendare con una fasciatura rigida, si fa mettere in sella alla fida Bianchi 350 e vince il G.P. delle Nazioni.
La sua popolarità è ormai molto vasta. Lo chiamano “il campionissimo” delle due ruote.
Ma nel suo cuore vi sono anche le quattro ruote: ci riprova, implacabile, nel 1927, anno in cui con una Bianchi Tipo 20 disputa la prima edizione della Mille Miglia arrivando decimo.
Poi acquista anche una Bugatti 35 e vince il G.P. Reale di Roma e il Circuito del Garda.
È nell’inverno tra il 1927 e il 1928 che Tazio decide di puntare con piena determinazione sull’automobile. Fonda a Mantova la Scuderia Nuvolari, compra quattro Bugatti grand prix e ne rivende due, una ad Achille Varzi (suo amico, ma anche già fiero rivale in corsa, sulle due ruote) e una a Cesare Pastore. L’11 marzo 1928 ? nove giorni dopo la nascita del suo secondo figlio, Alberto ? Tazio vince il G.P. di Tripoli: è questo il suo primo grande successo internazionale. Vince anche sul Circuito del Pozzo, a Verona, battendo il grande Pietro Bordino. Questi malauguratamente perde la vita pochi giorni dopo, in un incidente di allenamento in vista del Circuito di Alessandria, la sua città. Nuvolari va ad Alessandria e disputa la corsa, che è stata intitolata a Bordino, del quale onora la memoria nel migliore dei modi, vincendo.
In quello stesso 1930 Tazio Nuvolari entra a far parte della neonata Scuderia FERRARI e le regala la prima vittoria, nella Trieste-Opicina, con l’Alfa Romeo la P2. Si afferma anche in altre due importanti corse in salita (Cuneo-Colle della Maddalena e Vittorio Veneto-Cansiglio, sempre con la P2), poi torna sulla 1750 GS e va a vincere il Tourist Trophy sul circuito di Ards, Irlanda del Nord.
Dà l’addio alla moto, non senza cogliere gli ultimi quattro successi fra cui, per la seconda volta, l’”assoluto” nel prediletto Circuito del Lario, con la Bianchi 350 davanti anche a tutte le 500.
La prodigiosa carriera di Nuvolari si chiude nel 1950 con le ultime due gare, il Giro di Sicilia/Targa Florio (il percorso è lungo 1.080 km), in cui abbandona poco dopo il via per la rottura del cambio, e la corsa in salita Palermo-Monte Pellegrino, che lo vede primo di classe e quinto assoluto. È il 10 aprile. La vettura è una Cisitalia 204 Spyder Sport elaborata da Abarth. Tazio ha chiuso ma non annuncerà mai il proprio ritiro.
Passano poco più di tre anni e quello che Ferdinand Porsche, aveva definito “il più grande pilota del passato, del presente e dell’avvenire“, se ne va, in silenzio, alle sei del mattino del giorno 11 agosto 1953.
Altro pilota da menzionare per il suo stile di guida è sicuramente Gilles Villeneuve, Gilles Villeneuve è nato il 18 gennaio 1950 a Chambly, vicino Montreal, in Canada, ed è morto l’8 maggio 1982 a Lovanio, in Belgio.
Nasce intorno alle 6 del mattino nell’ospedale di Saint Jean Sur Richeleieu vicino a Chambly, una cittadina del Québec dove si erano trasferiti i genitori, Seville e Georgette, dopo il loro matrimonio nel 1974. Tre anni dopo nasce il fratello Jacques. Alle elementari, che frequenta dal 1955, non brilla per lo studio ma per la tenacia con la quale affronta ogni sfida che gli si pari davanti. Da piccolissimo, impara ad andare in bicicletta senza rotelle, dando da subito prova del suo coraggio. Quando ha solo otto anni, nel 1958, la famiglia si trasferisce da Chambly alla cittadina di Bertherville, che si trova a 70 chilometri da Montreal, in una fattoria. Quando ha nove anni, suo padre acquista un nuovo furgone Volkswagen. Durante un viaggio di ritorno verso casa, in una giornata particolarmente tranquilla, Seville permette a Gilles di guidare. Due anni dopo il padre gli fa guidare lo stesso furgone nel cortile della fattoria. Riesce persino a costruire un mezzo molto particolare con pezzi di una falciatrice, e a rimettere a nuovo una vecchissima Mga per poterla guidare nelle stradine abbandonate. Qualche anno prima di prendere la patente Gilles prende di nascosto la Pontiac del padre e, in una folle corsa, va a sbattere e la distrugge senza farsi un graffio. Nel 1966, a sedici anni, finisce la scuola e prende la patente. Mentre va a trovare una fidanzatina dell’epoca, ha un altro incidente dal quale esce con 80 punti alla testa. Acquista una Skoda e colleziona una serie infinita di multe per eccesso di velocità, oltre a diventare un esperto di guida tra i coni nei parcheggi dei supermercati.
Grazie a un appuntamento al buio, conosce Joanna Barthe, una ragazza franco-canadese come Gilles, ma che aveva vissuto per un periodo nel Connecticut. Sempre più appassionato di motori e di corsa, Gilles inizia a frequentare l’ambiente delle gare di accelerazione, che però ritiene monotone. Comincia così il suo interesse per l’ambiente delle gare europee di Formula 1, delle macchine potenti e delle velocità altissime. Intanto lavora prima nel piccolo negozio di abbigliamento dei genitori, e poi con un suo zio per trasportare la ghiaia con il camion. Nello stesso periodo in Québec nasce e si diffonde la moda delle motoslitte, utili per spostarsi in luoghi dove la temperatura scende d’inverno sotto i 30 gradi e la neve supera il metro e mezzo. Ma soprattutto nasce la moda delle corse con le motoslitte, alle quali Gilles partecipa con entusiasmo e vince.
Diventa esperto e molto bravo nel tenere in piedi un mezzo che supera i 140 chilometri orari sul ghiaccio, e quando compie diciotto anni, nel 1968, un amico di famiglia gli regala una motoslitta Skiroule elaborata per correre, con la quale vince, tra il 1969 e il ’70, molte gare. Tanto da essere assunto come pilota-meccanico nel team della ditta. Il 17 ottobre del 1970 Gilles sposa Joanna, incinta di qualche mese. A causa di contrasti, lascia la Skiroule e passa alla Motoski, che gli permette di gareggiare negli Stati Uniti e gli dà uno stipendio con il quale mantenere la famiglia. Nei primi mesi del 1971 diventa campione del Québec e campione del mondo per la categoria 440 cc. nello stato di New York.
Qualche tempo dopo nasce Jacques, il 9 aprile del 1971. Per poter partecipare alle gare e avere un tetto sotto il quale dormire, Gilles rimette a posto un vecchio scuolabus giallo. Diventa nuovamente campione del Québec nel 1971-72 con le motoslitte Alouette, vincendo dieci gare su quattordici. Ormai è un nome famoso nell’ambiente, gli organizzatori lo richiedono ovunque, e così, la stagione successiva, Gilles allargò i suoi orizzonti. Macinò molti chilometri a bordo del suo pulmino per raggiungere i luoghi in cui si tenevano le gare fuori dal Québec e si laureò alla fine dell’inverno campione canadese di motoslitte.
Il 26 luglio del 1973 nasce la seconda figlia, Melanie.
Il passaggio alle automobili avviene per caso. Con la famiglia cresciuta, ha bisogno di più soldi e quindi di più gare. Ma quando non c’è neve, non si corre con la motoslitta. Un tecnico francese gli suggerisce di iscriversi alla scuola di guida di Jim Russel a Mont Tremblant per ottenere la licenza. Che si procura senza nessuna difficoltà, perché molto a suo agio alla guida di una vettura da corsa. Dopo quest’esperienza, grazie all’aiuto di un amico, partecipa alla Formula Ford, e si aggiudica il titolo vincendo sette gare su dieci. Continua a vincere, e brevetta anche un sistema ammortizzatore per motoslitta Alouette detto “Villeneuve”. In questo periodo ha problemi di debiti, ma testardamente decide di continuare a partecipare alle gare anche fuori dal Canada. Grazie all’interessamento e all’aiuto di Kris Harrison, proprietario di un negozio di accessori per auto, Gilles partecipa alla Formula Atlantic. La ditta gli fornisce due telai e alcuni motori, ma anche il pilota deve partecipare con una grande cifra, circa 55mila dollari. Deciso come al solito, vende la casa e trasferisce tutta la famiglia su una roulotte. Durante la prima gara, sul circuito di Westwood vicino Vancouver, Gilles si piazza al terzo posto su venti concorrenti. Da quella gara in poi, però, non vince nulla, e va sempre peggio. Durante una gara, in un incidente si rompe la gamba sinistra. Dopo un periodo forzato di riposo, tante sconfitte e tanti debiti riprende le gare sulle motoslitte.
Nel 1975 corre di nuovo con la Ecurie Canada di Kris Harrison, e trova i soldi grazie alla Skiroule, per la quale corre a patto che le sponsorizzi le gare automobilistiche. Lentamente, risale la china, fino alla grande vittoria riportata sotto la pioggia a Gimli. Sulla neve, un trionfo totale: trentadue vittorie su trentasei gare.
Cominciano ad arrivare le offerte da vari team, che risolvono almeno il problema economico. Gilles compra un motorhome, così la famiglia può seguirlo confortevolmente. In cerca di una squadra che lo voglia come primo pilota, firma il contratto con la Ecurie per la Formula Atlantic nel 1976, dove lavora l’inglese Ray Wardell, un tecnico molto esperto che in precedenza aveva collaborato con Niki Lauda e Ronnie Peterson. In quell’anno lascia definitivamente le corse in motoslitta. Grazie all’aiuto di Wardell, Villeneuve prende sempre maggiore confidenza con la vettura e con i circuiti. Ad aprile arriva la prima corsa sul circuito di Road Atlanta e vince. Si ripete a Laguna Seca, in California, e nella seconda gara californiana sul circuito di Ontario.
La sua fama è talmente diffusa da raggiungere le orecchie di Ron Dennis, che lo invita a pilotare una March di Formula 2 in un circuito francese. Si qualifica decimo, ma durante la gara è costretto a ritirarsi per problemi al motore. Nonostante i successi nella Formula Atlantic, la scuderia Ecurie Canada ha però grossi problemi di denaro. Fortunatamente, l’americano John Lane decide di puntare su Gilles, affascinato dal suo carattere, e i due diventano molto amici sebbene con caratteri molto diversi. Con i soldi dell’amico, Gilles e la sua scuderia riescono a partecipare alla gara successiva, ma nonostante l’ottima prova del pilota, la Skiroule dichiara fallimento, interrompendo così l’attività. In un mese dalla gara di Halifax, Gilles riesce a convincere un imprenditore, Gaston Parent, che rimane conquistato dall’onesta, dalla timidezza e dalla fermezza di quel piccolo pilota franco-canadese. L’uomo fornisce i 5 mila dollari necessari e Gilles torna in pista con una vettura bianca con su il giglio del Québec. GIlles vince e Parent decide di sponsorizzare tutto il campionato. A metà settembre Villeneuve diventa campione di Formula Atlantic.
Tutto questo sarebbe passato però in secondo piano a paragone della corsa fuori campionato di Trois-Rivières: qui le sue gesta gli avrebbero meritato i titoli di cronaca di tutta la stampa automobilistica mondiale. Al “Grand Prix” Molson, il più importante appuntamento automobilistico di tutto il Québec, cui partecipano anche grandi nomi della Formula, ci sono infatti James Hunt, Alan Jones, Vittorio Brambilla, Patrick Tambay e Patrick Depallier. A Gilles viene chiesto di fare da compagno di scuderia di Hunt con una March. Senza problemi, con una vettura che conosce, Gilles parte in pole e vince la gara quasi in solitaria, davanti a tutti, tra la gioia degli organizzatori e del pubblico.
La stampa specializzata europea diede molta enfasi all’episodio di Trois-Rivières, anche grazie al racconto che ne fanno i piloti presenti, manifestando un certo stupore nei confronti di uno “sconosciuto” che si era permesso di castigare così duramente piloti più blasonati ed esperti di lui.
In molti cominciarono a mostrare interesse per il fenomeno franco-canadese: i responsabili di Brabham, Wolf e McLaren in quel periodo si stavano guardando intorno per la stagione successiva e Gilles fu preso in grossa considerazione dopo le parole di elogio da parte di Hunt, che disse al responsabile Marlboro, sponsor principale del team McLaren: “Io sono stato appena sconfitto da questo Villeneuve. È davvero straordinario, faresti bene ad ingaggiarlo”.
Dopo un incontro con il patron della scuderia Mc-Laren, Teddy Mayer, Gilles ha finalmente un ingaggio con la squadra per il 1977 per cinque gare in Formula 1 e altre in Formula 2. Inizia in Sud Africa con la Formula Atlantic, ma si ritira. Ci riprova, ma non ha più al suo fianco Ray Wardell. E qui incontra un altro giovane promettente finlandese, Keke Rosberg, con il quale duella lungo tutta la pista, per poi finire secondo con il giro più veloce. Nelle gare successive il duello tra i due si ripropone, e il pubblico impazzisce per la spettacolarità delle loro guide. Nonostante la rivalità sulla pista, i Gilles e Keke diventano presto amici. E il finlandese vince la Formula Atlantic solo perché il franco-canadese passa alla Formula 1 per il Gran Premio d’Inghilterra. Prima, però, il suo manager gli propone di correre la Canadian-American Challenge Cup Series, massimo esempio di corse di velocità nel Nord America. Con una Dallara Chevrolet WD1 ed il team a sua completa disposizione, Gilles si qualifica quarto ma, in gara, è costretto al ritiro per problemi ai freni. Riprova, ma finisce solo un circuito, quello di Elkhart Lake, dove parte in pole position, ma arriva al terzo posto.
Intanto arriva l’agognato battesimo in Formula 1 nel luglio 1977 a Silverstone. Gilles arriva e familiarizza con il circuito, sbandando ad ogni curva per capire i limiti della vettura. Visto l’alto numero di debuttanti per quella gara, gli organizzatori decidono di farli correre in una pre-qualifica: solo i primi cinque si possono unire ai piloti professionisti. Gilles si classifica primo, davanti a Tambay. Durante le prove ufficiali Villeneuve sembrava sempre sul punto di combinare un disastro, ma la padronanza nel controllo del mezzo era tale che i testa-coda erano sempre meno frequenti anche se la sua monoposto era molto spesso in controsterzo; fu così che, attratta dallo stile di guida del pilota canadese, era sempre più la gente che si fermava ad osservare quel nuovo fenomeno dei circuiti. Al termine delle prove il team di Villeneuve rimase senza parole nel vedere che il suo pilota si era qualificato in nona posizione a soli 43 centesimi dalla pole position di James Hunt con la McLaren ufficiale e comunque davanti a vetture come la Tyrrell di Ronnie Peterson, la Ferrari di Carlos Reutemann e l’altra McLaren ufficiale di Jochen Mass.
In gara Villeneuve si mette in settima posizione, ma per un problema di ebollizione dell’acqua si ferma ai box, e prima che i meccanici capiscano il guasto, perde due giri. Alla fine, si classifica undicesimo, ma fa segnare il quinto miglior tempo. Per i giornalisti è favoloso, e vince il trofeo “Pilota del giorno”.
Tornato in Canada, partecipa alla Formula Atlantic, ma Teddy Mayer gli comunica che non avrebbe fatto valere la sua opzione in McLaren per il successivo 1978 e che si poteva ritenere libero di accettare qualsiasi proposta gli fosse arrivata. Sconfortato, Gilles torna a Berthierville, dove riceve però la telefonata che cambia la sua vita. Rispose Joanna con espressione sconcertata, si voltò verso Gilles e gli disse: “È per te. Da lontano. È qualcuno che parla inglese con un accento straniero, credo.” Gil afferrò il ricevitore e sentì una voce che diceva: “Un momento per favore, è la Ferrari.” Al telefono si presentò una persona che diceva di essere un collaboratore e di parlare per conto di Enzo Ferrari il quale gli aveva chiesto di contattarlo espressamente per chiedergli se fosse interessato a correre per loro.
Gilles non credeva a quello che sentiva, pensava che fosse uno scherzo di qualcuno, ma dovette crederci quando la proposta successiva fu quella di prenotare immediatamente un volo aereo per Milano per poter incontrare il “Drake” in persona. Gilles fugò ogni dubbio residuo quando, il giorno dopo, una seconda telefonata gli chiese la conferma sull’ora di arrivo a Milano.
Lunedì 29 agosto, Villeneuve era in viaggio verso l’Italia e poi Modena. Il primo incontro fra il Commendatore ed il pilota canadese durò circa un’ora; Gilles non era affatto intimorito dalla venerabile presenza seduta dietro ad una scrivania circondata da trofei e fotografie di vetture e piloti della leggendaria Ferrari. Spiegò che era legato alla McLaren da una opzione che lo vincolava legalmente per il 1978 e per rendersi disponibile avrebbe dovuto ottenere un atto liberatorio dalla scuderia inglese. Ferrari, che era espertissimo e scaltro in questo campo, assicurò Gilles che non ci sarebbero stati problemi. L’incontro terminò cordialmente con l’intento di tenersi in contatto. Villeneuve lasciò Maranello con il rammarico di non aver potuto concludere subito, non si capacitava del fatto che la scelta fosse capitata su di lui, quando in giro si facevano i nomi di piloti ben più esperti per sostituire Niki Lauda alla Ferrari, dopo che i rapporti del pilota austriaco con la dirigenza si erano ormai irreparabilmente incrinati.
Ottenuta la liberatoria dalla McLaren, e firmato il contratto a Maranello il 21 settembre, la mattina seguente Villeneuve era a Fiorano. Gilles salì sulla vettura, partì e finì in testa-coda in un prato di erba alta. L’alettone anteriore falciò l’erba, ma lui non si scompose: rimise la macchina in pista e ricominciò a girare fortissimo, con la macchina piena d’erba, come se niente fosse successo. Ferrari sorrideva…
Nella successiva conferenza stampa venne annunciato che Villeneuve avrebbe debuttato fin da subito nel Gran Premio canadese a Mosport ed immediatamente dopo avrebbe partecipato anche a quello del Giappone. Gilles Villeneuve era così il settantunesimo pilota ingaggiato dalla Ferrari e probabilmente era anche il meno esperto di tutti i settanta che lo avevano preceduto. Al momento la decisione di prenderlo era sembrata strana, ma in realtà rientrava perfettamente nel modo di fare di Enzo Ferrari, quella leggenda vivente che aveva creato la più prestigiosa scuderia nella storia dell’automobilismo sportivo. Gilles una volta disse: “Ferrari si dedica alle macchine da corsa come nessun altro uomo al mondo”. Enzo Ferrari e Gilles Villeneuve erano due spiriti affini.
La prima gara con la Rossa Gilles la disputa in Canada, e arriva dodicesimo. Al Gran Premio del Giappone, durante un sorpasso, urta la vettura di Peterson e vola fuori pista, uccidendo due persone e ferendone dieci. La Ferrari, nonostante le critiche, lo conferma per la stagione successiva a fianco di Carlos Reutemann. Ha altri incidenti, e si prende il soprannome di “Aviatore” per il suo modo di guidare. A Montréal vince il suo primo GP nell’ultimo appuntamento della stagione, di fronte al pubblico di casa in delirio l’8 ottobre del 1978. Gilles, com’era nel suo stile, non solo vince, ma da spettacolo, intraversando continuamente la sua T3 ad oltre 260 chilometri orari. A proposito di quella gara lo stesso Villeneuve ebbe poi a dire: “questo è stato il giorno più felice della mia vita”.
Archiviata così la stagione ’78, la Scuderia Ferrari schierava ai nastri di partenza del nuovo anno quella che l’ingegner Mauro Forghieri ebbe a definire “la coppia di piloti più forti che abbia mai avuto.” Scheckter e Villeneuve, infatti, formarono un binomio inscindibile, tanto in pista che fuori, legati da una profonda amicizia e da un rispetto reciproco che permetteranno alla Ferrari di aggiudicarsi, al termine di quell’annata memorabile, sia il titolo piloti che quello costruttori. Al termine della stagione, lo score personale di Villeneuve farà infatti registrare ben tre vittorie: Kyalami, Long Beach e Watkins Glen, più la Corsa dei Campioni a Brands Hatch, non valida per l’assegnazione di punti nel mondiale piloti. Al di là dei risultati però, a far scoppiare definitivamente quella che verrà chiamata la “Febbre Villeneuve”, saranno alcune prestazioni incredibili, come l’epico duello di Digione nel Gp di Francia con la Renault del francese Renè Arnoux, pietra miliare assoluta dell’automobilismo moderno, o il giro su tre ruote nel GP d’Olanda, dove Gilles non si arrende all’evidenza dei fatti di una foratura che lo avrebbe privato di una possibile vittoria.
A Monza però è Scheckter a vincere la gara e il campionato mondiale, con Gilles in seconda posizione che, negli ultimi venti giri del GP d’Italia quando è ancora pienamente in lotta per il titolo, si accoda invece lealmente al compagno di squadra permettendogli di conquistare il titolo iridato. Titolo che per Gilles pare solo una questione rimandata a breve termine, mentre la sua popolarità è ai massimi livelli, al punto che nel Circus della Formula 1 è ormai senza dubbio il pilota più ricercato e desiderato in assoluto, da team e sponsor.
La stagione successiva, quella del 1980, si rivelerà per la Ferrari un vero e proprio disastro, con la T5 che di stare in strada proprio non ne voleva sapere, al pari di Scheckter che infatti, di lì a poco, annuncerà il suo definitivo ritiro dalle competizioni. Villeneuve però non ci sta e si batte comunque come un leone, accrescendo ulteriormente la sua fama di pilota indomito ed eroico. Alcuni incidenti clamorosi, come quello di Imola, lo vedono miracolosamente illeso.
Con il 1981 arriva un nuovo compagno di squadra, Didier Pironi, e una nuova vettura, la 126 CK a motore turbo. Gilles vince a Montecarlo, superando di forza Alan Jones, con tutto il pubblico in visibilio, e concede il bis nel successivo GP in Spagna, a Jarama, da molti considerata come la vittoria più bella e più tattica dell’Aviatore, un autentico capolavoro. Il resto della stagione si presenta difficile, con molti ritiri e poche soddisfazioni. Ma ormai la sua popolarità è alle stelle, il pubblico lo ama per lo spirito combattente e le sue folli imprese. Eccolo allora partecipare ad una gara di offshore sulle rive del lago di Como contro altri piloti di Formula 1, in una domenica di settembre del 1981, e dove vince alla grande. Poi il 21 novembre dello stesso anno, presso l’aeroporto militare d’Istrana (Treviso), è il protagonista di una singolare sfida contro un caccia F104 del 51° stormo dell’esercito italiano davanti a centomila spettatori accorsi all’invito dello Stato Maggiore dell’Aeronautica. Una giornata incredibile che vede la Ferrari di Villeneuve, priva degli alettoni per poter realizzare una maggiore velocità, duellare e battere l’aereo durante la gara di accelerazione sul chilometro da fermo.
Il “Time” gli dedica la copertina del n. 35, in edicola il 31 di agosto 1981, prima di lui nella storia, tale onore era toccato solo ad un altro grande pilota: Jim Clark. Il 23 ottobre 1981, nella tradizionale conferenza stampa di Maranello, Enzo Ferrari disse di lui: “Vorrei sapere chi, fra quelli che lavorano nella Formula 1, che disegnano macchine, che corrono o che scrivono, non commette mai un errore. Può darsi che abbia commesso delle ingenuità: ma quando un pilota, a Monte-Carlo, fa parlare della Ferrari come di una macchina da mondiale e riesce ad arrivare sulla copertina del Time, sette milioni e mezzo di copie, allora vuol dire che qualcosa rappresenta. Villeneuve mi sta bene così com’è, con le sue esuberanze e gli incomprensibili rischi che corre. Lui soddisfa il pubblico, è come un attore, logicamente va alla ricerca dell’applauso, in fondo si recita per questo.”
L’anno successivo, il 1982, sembra essere quello della rimonta, l’anno magico. La macchina è competitiva, e Gilles si piazza bene a Long Beach, poi squalificato per doppio alettone posteriore. Arriva il Gran Premio di Imola, 25 aprile 1982. Le Ferrari dominano la gara, alla quale non partecipano le vetture inglesi. Il risultato di quella corsa, l’ultima per Villeneuve, si sarebbe rivelato l’innesco di una situazione esplosiva culminata poi nei fatti di Zolder quindici giorni più tardi. Nel mezzo ci fu una situazione non chiarita, un moto d’orgoglio, ma soprattutto una stampa italiana che alimentò il fuoco della vendetta e del rancore nell’animo offeso del pilota canadese.
Gli ordini di scuderia erano chiari: chi si fosse trovato in testa dopo il probabile ritiro delle due Renault, sarebbe stato il vincitore designato e quando questo accadde proprio Gilles era al comando, davanti al suo compagno di squadra Didier Pironi. Dai box Ferrari venne immediatamente esposto il cartello con la scritta “Slow” e le posizioni, per quanto stabilito, erano “congelate” in quello stesso istante, in modo da garantire il successo sicuro alla Ferrari sulla pista di casa. È pur vero che Gilles commise subito dopo un piccolo errore alla curva della Rivazza e che Pironi non poté fare a meno di superarlo, ma per correttezza, spirito d’amicizia e lealtà, dopo che venne nuovamente superato da Villeneuve, il francese avrebbe dovuto rinunciare alla battaglia, permettendo così a Gilles di occupare quel primo gradino del podio che gli spettava per diritto acquisito, e per quella stessa cavalleria dimostrata al team tre anni prima, a Monza, quando permise al compagno Jody Scheckter di conquistare il campionato del mondo senza troppe incertezze e preoccupazioni. Il francese però non ci sta e sopravanza Villeneuve a due giri dal termine, fingendo di non aver visto il segnale. Per Gilles è uno sgarbo insopportabile, l’amico di tante avventure lo aveva infatti tradito nel modo più subdolo, e per giunta proprio di fronte al suo pubblico.
La vittoria di Pironi viene accolta con un boato di disappunto dai 180.000 tifosi presenti sul circuito del Santerno. Tutti sapevano che quella doveva essere la gara di Gilles perché negli anni precedenti si era guadagnato quel diritto, il diritto di essere rispettato da una squadra a cui egli aveva dato tanto in termini di notorietà, risultati e perché no, di leggenda. In quei giorni, la tensione in seno al Team si tagliava con il coltello. Marco Piccinini, braccio destro del Drake, cerca in tutti i modi di mettere pace tra i due piloti ma Gilles non ne vuole sapere: “a Zolder sarà guerra aperta”, dichiara ad un amico alla vigilia del GP del Belgio. I fatti narrano di un uomo ferito profondamente nell’intimo da un amico e da una squadra che invece credeva leali. La parte meno conosciuta nella vita del “canadese volante” sono proprio quei lunghi giorni che intercorrono tra la gara di Imola e quella successiva in Belgio, dove Gilles non riesce a dar pace al suo senso di sconforto, arrivando all’appuntamento di Zolder ancora visibilmente scosso e amareggiato.
Circuito di Zolder, Gran Premio del Belgio. Correva il giorno 8 maggio 1982. Mancano pochi minuti al termine delle qualifiche del sabato e Villeneuve occupa l’ottavo posto in griglia mentre Pironi ha il sesto tempo. Villeneuve decide di scendere nuovamente in pista per battere il tempo del rivale. Dopo il primo giro a velocità ridotta per mandare in temperatura gli pneumatici, Gilles si lancia nel suo giro veloce. Dopo le prime curve, il responso cronometrico non è eccezionale, Gilles cerca allora di spingere ulteriormente nell’ultima parte del giro. Sono le 13.52: Villeneuve affronta la chicane alle spalle dei box e successivamente la discesa che immette alla curva Terlamenbocht, la curva del bosco. Improvvisamente si trova davanti nel suo giro di rientro la più lenta March di Jochen Mass, il quale lo vede arrivare e si sposta subito a destra, pensando che il canadese lo superi a sinistra, ma Villeneuve invece esegue la manovra opposta, forse per affrontare la curva all’interno lungo la traiettoria più veloce. La collisione è inevitabile: la Ferrari urta a 260 km/h con la ruota anteriore sinistra quella posteriore destra della March, si impenna e si capotta per circa 200 metri. Il corpo di Gilles è sbalzato fuori dall’abitacolo senza il casco e sbatte contro uno dei paletti della rete di protezione.
I primi soccorsi vengono portati proprio da Mass e dagli altri piloti che stanno terminando le prove. Immediatamente, tutti capiscono la gravità dell’incidente, tanto che René Arnoux torna ai box in lacrime. Dall’ospedale della vicina Lovanio arriva il responso: fratture alle vertebre cervicali, lesioni irreversibili. Ciononostante il pilota canadese fu tenuto in vita tramite macchinari cuore-polmone, anche perché Marco Piccinini, braccio destro di Enzo Ferrari, rifiutò di credere che tutto fosse perduto, chiedendo al dottor Watkins di chiamare “il miglior neurologo del mondo”. Il medico inglese telefonò allora al dottor Gilles Bertrand, suo caro amico, che gli confermò l’infausta prognosi. Tale responso fu dato anche alla moglie di Villeneuve, Joanna, che alle 21:12 diede l’autorizzazione a staccare le macchine che tenevano in vita il marito. Il corpo di Villeneuve fu riportato in Canada il giorno successivo con un Boeing 707 messo a disposizione dal governo canadese. Nei successivi due giorni la salma fu esposta in una camera ardente allestita nel municipio di Berthierville. Il 12 maggio si svolsero le esequie, sempre a Berthierville, davanti a migliaia di persone, tra cui erano presenti anche Jody Scheckter e Jackie Stewart, oltre a numerose autorità del governo canadese; tra i piloti in attività, solo Jacques Laffite si presentò. Nemmeno Enzo Ferrari riuscì a partecipare. Al termine della cerimonia la salma venne trasportata al cimitero dell’est a Montreal e, rispettando le ultime volontà del pilota, fu cremata.
I trionfi in F1
8 ottobre 1978 – Gran Premio del Canada – Circuito di Montréal
Si corre a Montréal, sull’isola di Nôtre-Dame. Un tracciato nuovissimo, ricavato su strade cittadine. Jarier, un fulmine con la Lotus, va subito in testa. Al 5° giro Andretti e Watson entrano in collisione. Per il secondo posto si danno battaglia Jones, Scheckter e Villeneuve. Il ferrarista supera Jones al 19° giro, dopo un pò supera anche Scheckter che ha problemi ai freni. Dopo quaranta giri il margine di Jarier comincia a diminuire per una perdita d’olio nell’impianto frenante. Al 49° giro, tra il boato dei settantamila presenti, Villeneuve passa al comando.
Mancano ventuno tornate alla fine: la Ferrari numero 12 sembra non avere problemi. In realtà negli ultimi giri Gilles sente dei rumori strani che lo preoccupano non poco, ma la macchina tiene ed il canadese vince il suo primo Gran Premio. “Finalmente ho rotto il ghiaccio – dice – questa vittoria ci voleva dopo tante delusioni da un anno a questa parte. Questo è il giorno più felice della mia vita”. Secondo è Scheckter, prossimo ferrarista. Terzo Reutemann, già ex ferrarista.
3 marzo 1979 – Gran Premio del Sudafrica – Circuito di Kyalami
La Renault turbo di Jabouille conquista la prima pole position. Dopo il via, nel secondo giro all’ingresso della curva Crowthorne, Jabouille, Scheckter e Villeneuve sono quasi fianco a fianco alla staccata. Il giro dopo la gara viene sospesa per la pioggia e si riprende dopo mezz’ora. Le due nuove Ferrari T4, al debutto, scattano in testa. Scheckter ha le gomme da asciutto, Villeneuve le rain. L’asfalto è bagnato e Gilles prende subito il comando, ma poco dopo la pista comincia ad asciugarsi e Scheckter, con le sue slick, gira meglio di tutti gli altri. A questo punto il canadese deve fermarsi ai box per montare a sua volta le gomme da asciutto. Rientra in pista in seconda posizione subito dietro al compagno Scheckter il quale, per tentare di tenerlo a bada, spiattella una gomma in una brusca frenata. Anche lui deve fermarsi ai box e Gilles riprende il comando. La corsa non ha più storia, Villeneuve rallenta negli ultimi giri, ma taglia il traguardo vittorioso con quattro secondi di margine. È una doppietta fantastica dinanzi alle tribune piene di tifosi ferraristi.
8 aprile 1979 – Gran Premio degli Stati Uniti Ovest – Circuito di Long Beach
Villeneuve ottiene la pole position ed è anche il più veloce nelle prove libere del mattino. La sua T4 monta gomme tenere, scelta non condivisa dal suo compagno Scheckter. Dopo il giro di ricognizione, Gilles arriva sulla linea di partenza: non vede né bandiere né commissari e, credendo di dover fare ancora un altro giro, continua adagio trascinandosi dietro almeno metà dello schieramento. Lo scherzetto gli costa una multa di tremila dollari. Al via, il solito Villeneuve scatta in testa, mentre dalla quarta fila rinviene molto bene Jarier sulla Tyrrell. Scheckter lotta con il francese e riesce a passarlo solo al ventisettesimo giro. Ora le Ferrari sono prima e seconda. Quando la bandiera a scacchi si abbassa, Gilles ha trenta secondi su Jody con problemi alle gomme di mescola troppo dura. Alle spalle dei due ferraristi lottano Andretti, Depailler e Jarier, ma è Jones su Williams che riesce ad aggiudicarsi la terza piazza. Il commento del canadese sulla sua gara è sintetico: “Non ho avuto alcun problema”.
7 ottobre 1979 – Gran Premio degli Stati Uniti Est – Circuito di Watkins Glen
A cinque minuti dalla fine delle prove, Piquet strappa a Villeneuve la seconda posizione sulla griglia di partenza. La mattina della gara i meccanici sostituiscono il motore sulla vettura di Gilles. Il via è dato sotto l’acqua battente e per trentuno giri la Ferrari numero 12 conduce seguita dalla Williams di Jones. Poi la pioggia cessa ed i piloti si fermano per passare dalle gomme rain alle slick. I meccanici Ferrari impiegano diciassette secondi, quelli della Williams trentuno. Quando riparte, Jones ha la ruota posteriore destra non stretta e difatti, poco dopo la perde. Siamo al 36° giro e la corsa non ha più storia: Villeneuve vince facilmente. “Mi dispiace per Jones – dice Gilles – ma oggi non ci sarebbe stato niente da fare perché la mia macchina andava troppo bene”. Villeneuve conquista così il titolo di vice-campione del mondo, la stagione della Ferrari è stata perfetta.
31 maggio 1981 – Gran Premio di Monaco – Circuito di Monte-Carlo
L’appuntamento a Monaco è molto particolare. Gil si impegna come sempre al massimo e segna il secondo tempo, a settantotto centesimi da Piquet. Il brasiliano della Brabham rimane in testa per cinquantadue giri ma al 53° picchia alla curva del “Tabaccaio”. Un attimo e Jones passa in testa, ma l’australiano ha problemi di alimentazione e si ferma ai box sperando di risolvere tutto con un pò di benzina in più. Quando riparte ha ancora un certo vantaggio, sette secondi. Ce la farà? Non ce la fa! A sette giri dalla fine, Villeneuve è a sei secondi, dopo un altro giro il distacco si riduce a cinque secondi. A cinque giri dal traguardo finale, Villeneuve supera la Williams di Jones all’ingresso della “Ste. Dévote”, scatenando l’entusiasmo di tutto il pubblico presente, ma anche dei milioni di sportivi che si trovano davanti al televisore. Non ci sono più problemi fino alla fine per la Ferrari, vincitrice proprio sul circuito meno favorevole ai motori turbo. È la prima vittoria in Europa di Gil che taglia il traguardo particolarmente provato, tra le lacrime di gioia dei suoi meccanici. Erano 601 giorni che la Ferrari non vinceva un Gran Premio.
21 giugno 1981 – Gran Premio di Spagna – Circuito di Jarama
Il capolavoro di Gilles Villeneuve: in testa per sessantasei giri non commette alcun errore, sebbene pressato da Laffite, arcinoto come il “mastino”, seguito a ruota da Reutemann, Watson e, alla fine, anche De Angelis. Jones, in testa, esce di strada nelle prime battute di gara commettendo un errore di guida. L’australiano rientra, ma Villeneuve, partito dalla quarta fila, prende il comando seguito dalle altre vetture. Gilles ha il motore più potente ma la vettura poco maneggevole. Non c’è verso di passare la Ferrari, molto veloce in rettilineo ma non altrettanto in curva, dove le carenze del telaio la costringono a procedere lentamente. Si forma così un serpentone di cinque vetture! Tutti credono che sia solo questione di qualche giro e che, prima o poi, la Talbot Ligier di Laffitte che lo segue a ruota, lo passerà. Il pilota francese tenta infatti più volte di superarlo, ma Gilles lo tiene sempre dietro fino al trguardo. Il duello ha toni entusiasmanti, di alta guida. Dopo la gara un Villeneuve stremato commenta: “È stata molto, molto dura”.
Il Villeneuve pensiero….
“Datemi qualsiasi cosa a motore e io ve lo porterò al limite”.
“Se cerchi il limite, intanto devi passarlo”.
“In Formula 1 quelli col casco si dividono in due categorie: ci sono i piloti e quelli che semplicemente guidano le macchine da corsa”.
“Io corro per vincere, si capisce. Ma prima ancora che per vincere, corro per correre. Il più forte possibile”.
“Non puoi staccare il piede dall’acceleratore mentre stai correndo veloce. L’unica speranza è che l’altro pilota ti stia guardando nello specchietto retrovisore”.
“Non rallento mai, tranne quando sono in testa. Non mi è mai capitato di uscire da una macchina e dire: avrei potuto provare a fare di più”.
“Se mi vogliono sono così, di certo non posso cambiare: perché io, di sentire dei cavalli che mi spingono la schiena, ne ho bisogno come dell’aria che respiro”.
“Se qualcuno mi avesse chiesto tre desideri, il mio primo sarebbe stato quello di correre in auto, il secondo di arrivare in Formula 1 ed il terzo di guidare per la Ferrari”.
“Se è vero che la vita di un essere umano è come un film, io ho avuto il privilegio di essere la comparsa, lo sceneggiatore, l’attore protagonista ed il regista del mio modo di vivere”.
Enzo Ferrari lo ha ricordato così: “Gilles con la sua generosità, con il suo ardimento, con la sua capacità distruttiva che aveva nel pilotare le macchine macinando semiassi, cambi di velocità, frizioni, freni, ci insegnava cosa bisognava fare affinché un pilota potesse difendersi in un momento imprevedibile, in uno stato di necessità. È stato un campione di combattività ed ha regalato tanta notorietà alla Ferrari. Il destino ci ha privato di un grande campione, un campione al quale ho voluto molto bene. Il mio passato è pieno di dolore e di tristi ricordi: mio padre, mia madre, mio fratello e mio figlio. Ora quando mi guardo indietro, vedo tutti quelli che ho amato. E tra loro vi è anche questo grande uomo, Gilles Villeneuve”.