S.Maria C.Vetere-Napoli. Violenze sui detenuti: storia che si ripete almeno da sette anni?
Due tesi a confronto nel processo, accusa e difesa:
da una parte gli agenti della polizia penitenziaria che respingono le accuse di violenza, dall’altra parte quattro ex detenuti e la moglie di un quinto che circa sette anni fa denunciarono i presunti pestaggi in carcere.
Tra coloro che hanno raccontato le torture di “cella zero” c’è Pietro Ioia, attuale garante dei detenuti di Napoli ed ex detenuto.
Nei racconti di chi ha denunciato, “cella zero” è descritta come un luogo di torture, di umiliazioni e violenza.
Oggi, a Poggioreale, quella stanza di punizioni non c’è più, ma nella ricostruzione al vaglio dei giudici che scava nel passato del carcere cittadino “cella zero” sarebbe una stanza spoglia, spesso imbrattata di sangue, al piano terra, non numerata, arredata con un letto ancorato con le viti al pavimento e lenzuola di carta.
Lì si finiva rinchiusi per punizione o con un banale pretesto. “Verso le 22 e 30 ero fermo accanto alle sbarre della cella quando un assistente della polizia penitenziaria, addetto alla sorveglianza del piano, si avvicinò a me e in dialetto napoletano disse: “Tu hai detto che voglio fare il guappo”.
Fu il pretesto per condurre il detenuto “in una saletta senza arredi”. “Mi fecero spogliare, mi fecero togliere anche gli indumenti intimi – si legge nel racconto agli atti del processo – e in tre iniziarono a picchiarmi, a insultarmi e a farmi eseguire flessioni sulle gambe”.
Diversamente da quanto sta accadendo in questi giorni nell’ambito dell’inchiesta sui pestaggi nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, le accuse relative ai fatti di “cella zero” non sono sostenute anche da filmati delle telecamere del circuito di videosorveglianza per cui il confronto tra accusa e difesa si fonda principalmente sulle testimonianze.
L’indagine, nata dalla denuncia dell’allora garante regionale dei detenuti Adriana Tocco e di “Carcere Possibile”, onlus della Camera penale di Napoli impegnata per la tutela dei diritti dei reclusi, fu lunga e complicata.
I pm conclusero la fase preliminare chiedendo il rinvio a giudizio per i dodici agenti e l’archiviazione per altri otto.
Cinque gli episodi di presunti pestaggi al cuore delle accuse.
Nel processo i capi di imputazione spaziano, a vario titolo, dall’abuso di potere nei confronti di persone detenute a maltrattamenti.
Una violenza con cui si sarebbero regolati i rapporti tra detenuti e guardie carcerarie, sguardi o parole di troppo.
Una violenza che mostra il lato più critico e fallimentare dell’istituzione carcere.
Direttore Responsabile – (Alessandro Bergonzoni – La Repubblica – Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)