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De Luca minaccia di chiudere e metterci ai domiciliari. Il prof Di Majo: “Avrebbe in ogni caso le mani legate”

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Le inconsistenti misure anti Covid adottate negli ultimi mesi dal Governo; l’aumento dei contagi in Italia, che hanno riportato alla luce, come la polvere sotto il tappeto, un sistema sanitario datato, fragile, la cui importanza strategica è da anni sottovalutata dalla politica, e al prossimo collasso; problematiche ben più evidenti in Campania, dove l’importanza della Sanità riappare e sparisce subito dopo l’ultimo giorno delle campagne elettorali; le paure di un nuovo lockdown e di conseguenza di una ulteriore scure sulla economia già di per se debole, malata e inascoltata già da prima della pandemia, stanno purtroppo creando malanimi nella popolazione.
Il bollettino dei contagi di ieri della Unità di Crisi della Regione Campania, con 2.280 persone positive (100 con sintomi – 2.180 asintomatici) su 15.801 tamponi processati, ha costretto ieri il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, probabilmente anche in modo indelicato, nell’ultimo dei suoi talk show, ad annunciare l’intenzione di chiedere al Governo un nuovo lockdown generale, scatenando così il malanimo generale, iniziato ieri a Napoli con manifestazioni di protesta, ma terminato in scontri provocati da un certo numero di persone che sicuramente non appartenevano a chi avrebbe voluto manifestare semplicemente e pacatamente per i propri diritti.
“In relazione all’emergenza sociale in cui rischia di sprofondare la Campania, mi sembra evidente che la classe politica si sia fatta trovare ancora una volta impreparata: dopo 8 mesi di emergenza conclamata, 3 di lockdown, lo Stato e le Regioni non sono stati capaci di modulare la domanda sanitaria rispetto alla deficitaria offerta ospedaliera. – ha detto l’avvocato casertano Luca Di Majo, professore di Diritto Regionale presso l’Università della Campania Luigi Vanvitelli, a cui abbiamo chiesto un parere sull’attuale vicenda e alle tensioni sociali che si stanno creando – Niente è più giustificabile alla luce della drammatica situazione economica e sociale, salvo la ferma condanna di tutti gli episodi di violenza.
Napoli è tuttavia il prologo a quanto potrebbe accadere in Italia, in Europa e nel mondo – aggiunge il prof. Di Majo – La gente è povera. La gente ha fame. La gente è disperata. Davanti a rappresentanti politici incapaci di gestire l’ordinario (e figuriamoci lo straordinario), è necessario non solo difendere i nostri diritti, ma anche pretendere scelte ragionevoli e bilanciate tra la tutela sacrosanta della Salute e il Diritto al Lavoro. Il diritto al lavoro è il passaporto per l’esercizio dei diritti costituzionalmente garantiti e non può soccombere rispetto ad uno Stato che ci rinchiude tra le mura di casa solo perché incapace di erogare i servizi essenziali ai cittadini.”
Ma c’è anche un lato normativo a cui bisogna far riferimento, ed è sempre il prof. Luca Di Majo a spiegarcelo.
“L’art. 1, comma 1, lettera a) del DPCM 18 ottobre 2020 ha introdotto il comma 2-bis all’art. 1 del DPCM 13 ottobre 2020 che consente ai Sindaci e ai Presidenti delle Regioni (ancorché non espressamente indicati, ma lo si ricava per via interpretativo-residuale) a disporre, esclusivamente dopo le 21 e limitatamente a strade e piazze dei centri urbani, la chiusura delle predette aree solo nei casi in cui possa presentarsi il pericolo di assembramenti.
In pratica, la disposizione introdotta il 18 ottobre legittima un intervento restrittivo delle autorità istituzionali ma, allo stesso tempo, pone limiti stringenti volti a garantire quanto più possibile l’uniformità applicativa delle misure di contenimento su tutto il territorio nazionale.
Per tale ragione, il Presidente della Regione Campania può spingersi oltre applicando il blocco totale della mobilità come ha lasciato intendere nel consueto monologo del venerdì pomeriggio. Lo spauracchio del cosiddetto lockdown più volte invocato (e auspicato) da De Luca è uno scenario non verificabile alla luce della legislazione dell’emergenza.
È vero che l’art. 32 della legge n. 833/78 riconosce un potere di ordinanza ai Presidenti della Regione con efficacia estesa rispettivamente alla regione o a parte del suo territorio comprendente più comuni e al territorio comunale, ma non può essere esercitato in virtù di quanto disposto dal decreto legge n. 19 del 25 marzo 2020 che comprime temporalmente l’efficacia delle stesse ordinanze contingibili e urgenti regionali. Significa che le ordinanze dei Presidenti delle Regioni che possono disporre misure più restrittive sono valide fino a quando il Governo non emana un DPCM che, allo stato, c’è già e che legittima, sì, interventi più restrittivi ma entro i limiti tracciati dal richiamato comma 2-bis.
Per assurdo, in questo caotico intreccio normativo, il Sindaco (di Caserta, nel nostro caso) potrebbe porre in essere anche provvedimenti incoerenti e antinomici rispetto ad un improbabile lockdown disposto dal proprio Presidente della Regione, ancorché nel rispetto e nei limiti indicati dallo stesso DPCM del 18 ottobre 2020. Potrebbe farlo alla luce dell’art. 50, comma 5, TUEL in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale. È vero che la stessa disposizione riconosce allo Stato o alle regioni, in virtù della dimensione dell’emergenza e dell’eventuale interessamento di più ambiti territoriali regionali, un potere di ordinanza analogo.
Tuttavia, è proprio la territorialità e il livello di contagio dell’area casertana rispetto a quella napoletana che impedirebbe al Presidente della Regione un intervento generale e generalizzato, ferma restando un eventuale e prossimo intervento normativo del Governo alla luce del carattere dimensionale richiamato dallo stesso art. 50, comma 5 TUEL. Poiché la dimensione della pandemia è (sovra)nazionale, Il Presidente della Regione Campania avrebbe in ogni caso le mani legate.”
 
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