Il Covid19 abbatte la produzione industriale italiana al -5,4%
A questo punto, lo possiamo dire: la ” pandemia” e’ stata non solo sanitaria, ma anche economica. Abbiamo assistito impotenti al crollo di produzione e del Pil, alla libera discesa dell’export , al forte impatto su consumi e investimenti.
È stata determinante la Bce per tenere lo spread sotto i massimi e preservare il basso costo del credito, in una Eurozona in forte recessione.
L‘Italia non puo’ fare altro che limitare la caduta e programmare la ripresa dopo che il violento crollo dell’economia ha preso il posto della lunga stagnazione.
I mercati sono in parziale recupero e si prendono decisioni coraggiose sul petrolio, ma l’economia mondiale arretra: gli scambi sono in crisi, l’epidemia è anche negli USA, mentre la Cina è in stabilizzazione.
Con la chiusura (parziale) dell’attività economica per decreto dal 22 marzo (prolungata al 3 maggio, con poche eccezioni), i dati sui primi due mesi del 2020 non aiutano a capire la situazione attuale.
A marzo il PMI (Purchasing Managers’ Index) ha registrato un tonfo nell’industria (40,3), che era già in difficoltà, e un tracollo nei servizi (17,4), che erano in debole espansione. In tale situazione, è opportuno utilizzare le risorse europee disponibili, per la tenuta del sistema e la ripartenza.
Nel 1° trimestre la produzione industriale è in calo del 5,4% e contribuisce per 1,5 punti alla caduta del Pil (-3,5%, stime CSC di fine marzo). Il crollo della domanda, per l’obbligo di restare a casa, si è sommato al blocco del 60% delle imprese manifatturiere. Lo scenario CSC (-6,5% nel 2° trimestre) ipotizza una graduale riapertura dell’attività. Per ora, si registrano problemi di fornitura che frenano anche le imprese aperte, e si accumulano scorte perché la domanda cala più dell’atteso.
A marzo, i dati su consumi e investimenti sono tutti molto negativi: la fiducia di famiglie e imprese (rilevata prima del blocco del 22) ha registrato un profondo calo, specie nei servizi; gli ordini interni dei produttori di beni di consumo e di investimento sono diminuiti entrambi di oltre 9 punti; le immatricolazioni di auto hanno registrato un crollo dell’85%, a poco più di 20mila vetture, minimo nelle serie storiche mensili, spiegato soprattutto dalla chiusura delle concessionarie da oltre un mese.
È già evidente nei dati di export l’impatto della crisi da epidemia sulle vendite italiane in Cina (-16,8% tendenziale nel primo bimestre del 2020). A marzo, secondo il PMI, gli ordini manifatturieri esteri sono caduti al ritmo più rapido dal 2009 (indice a 36,0).
In aprile il rendimento del BTP decennale è all’1,62% medio. A fronte di tassi negativi in Germania (-0,38%), lo spread dell’Italia è a 201 punti in media: sotto il picco di marzo (281), ma con improvvisi rialzi (234 il 15 aprile). Gli acquisti emergenziali Bce di titoli (51 miliardi in 2 settimane tra fine marzo e metà aprile) sono cruciali per contenere i divari tra i tassi nell’Area.
In Italia un tasso sovrano limitato è cruciale per tenere basso il costo del credito, che era ai minimi a febbraio (1,3% per le imprese). Nel 1° trimestre 2020, però, è proseguito il lento peggioramento delle condizioni di offerta del credito, segnalato dall’indagine Banca d’Italia.
Le misure anti-Covid19 sono state adottate da vari Paesi tra fine marzo e inizio aprile. Ciò ha inibito la spesa “non essenziale” delle famiglie. Inoltre, molte attività produttive restano sospese. Perciò la recessione si acuirà nel 2° trimestre, portando nel 2020 a un forte calo del PIL.
Si stanno facendo grandi sforzi per salvaguardare l’occupazione, con risorse nazionali e in futuro europee (Sure) per espandere l’integrazione al reddito a fronte di riduzioni temporanee del lavoro.
Le Borse dei paesi avanzati in aprile hanno recuperato solo in parte, rispetto ai minimi di metà marzo: -41% e poi +18% in Italia. L’euro si è assestato in aprile a 1,09 sul dollaro, sui livelli di febbraio.
Sul commercio l’impatto del Coronavirus è pesante: gli ordini esteri del PMI manifatturiero globale sono in rapida caduta a marzo (43,3). Secondo le stime del FMI, fortemente ribassate di recente, il commercio subirà un calo dell’11% nel 2020 e il Pil mondiale del 3%.
La chiusura di attività produttive (e il calo della domanda mondiale) avrà un forte impatto sul Pil in almeno 2 trimestri, prefigurando una recessione. Sul mercato del lavoro si contano i danni: -700mila gli occupati a marzo; balzo della disoccupazione al 4,4% (per ora); richieste di sussidi di disoccupazione cresciute di 17 milioni. Le risorse schierate dalla politica economica sono ingenti: il Cares Act, un pacchetto da 2,3 trilioni di dollari (11% del PIL), è il più ampio della storia.
Dopo il crollo dell’attività a febbraio, la manifattura cinese mostra segni di recupero, con la produzione che risale gradualmente a seguito delle riaperture di imprese. Un ritorno alla normalità è segnalato dal PMI, risalito a 50,1 a marzo. Tuttavia, oltre all’incertezza sul definitivo controllo dell’epidemia nel Paese, sulle prospettive cinesi pesa la flessione della domanda estera.
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