Cosa non si fa per andare in TV
di Vincenzo Giaquinto
Prima un illustre esponente della stampa lombarda, oggi una sedicente settentrionale di origini “inferiori”, ci hanno dato l’idea di quale possa essere la cifra culturale dell’italico giornalismo contemporaneo. Devo dire che da meridionale, o inferiore, come oggi divulga la più autorevole dottrina giornalistica, ho vissuto per anni nell’errore su quale fosse il significato del termine “morale”. Sentendo quanto oggi certa stampa divulga e sentendo di appartenere ad un popolo “moralmente inferiore” il mio pensiero è stato attraversato dal dubbio di aver vissuto e di vivere in modo moralmente non corretto.da quanto mi è parso di sentire la moralità o immoralità di un popolo dipenderebbe dalla sua maggiore o minore capacità economica. Sempre cercando un esempio pratico per cercare di comprendere il concetto, ho pensato a quanto si è verificato in certe regioni dell’Italia “superiore”, non fosse altro che un’applicazione del concetto moralità.
Perciò, sempre attraversato dal dubbio – purtroppo compagno di vita di un popolo inferiore – sono arrivato alla determinazione che un popolo per essere “superiore” non si deve curare della vita di un anziano ospite di un residenza dove c’è il rischio di un contagio letale, purché un parente paghi la retta. Ecco perché è da considerare comportamento non morale quello di quegli agricoltori “inferiori” – ometto di indicare la regione per non metterli in imbarazzo – hanno inviato ai loro connazionali “superiori” delle derrate alimentari senza chiederne il prezzo. Ecco perché sono giunto alla conclusione che un popolo è moralmente inferiore perché non persegue il profitto. A questo punto, però, si apre un altro dubbio: quali saranno i principi insegnati nelle scuole di un popolo “superiore”?
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